Dopo 47 anni l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA, OEA in
spagnolo) ha cancellato all’unanimità e senza condizioni la risoluzione
imposta dagli Stati Uniti che escludeva Cuba dalle strutture comunitarie
continentali. E’ successo nel vertice in Honduras e nelle dichiarazioni di
tutti i governanti è la riparazione ad una ingiustizia storica perpetrata
dall’OSA contro Cuba e la sanzione che la politica latinoamericana non è
più dettata dalla corruzione, i ricatti, le minacce del cosiddetto
“Consenso di Washington”.
Il presidente hondureño Manuel Zelaya, nel discorso nella località di San
Pedro Sula, col quale con parole inaudite è stata seppellita la
risoluzione del 1962 che escludeva Cuba, in presenza di una Hillary
Clinton che poteva solo fare buon viso, si è rivolto direttamente a Fidel
Castro citando la storica arringa difensiva di questo del 1953: “lo dico
al comandante Fidel Castro, oggi lei è stato assolto dalla storia”.
Da Cuba si incassa l’indubbio successo politico (l’esclusione dalla OSA
era con l’embargo economico la sanzione pratica dell’ostracismo
statunitense) ma si dichiara che l’isola non ha alcuna intenzione di
tornare in un’organizzazione della quale continua ad auspicare lo
scioglimento in favore di strutture integrazioniste solo latinoamericane
come l’ALBA. Lo stesso Fidel Castro ha scritto: “Cuba non ha mai chiesto
di tornare né tornerà in una organizzazione con una storia tenebrosa e
succube. Però riconosce il valore politico, simbolico e l’orgoglio ribelle
che muove questa decisione voluta dai governi popolari dell’America
latina”.
Nonostante il fatto che Cuba non sia intenzionata a tornare nell’OSA, la
battaglia per arrivare alla risoluzione è durata 36 ore. Il governo degli
Stati Uniti, nonostante tutto continuava a pensare di essere in condizione
di imporre condizioni che vincolassero Cuba. Non è più quel tempo e infine
hanno dovuto cedere di fronte alla fermezza del continente e per il
Ministro degli esteri argentino Jorge Tajana “è la fine di un anacronismo
e un’ingiustizia storica”.
Il vertice in Honduras, forse ancor più che per la questione cubana,
sancisce un fatto storico. Infatti l’OSA, e non è detto che potrà
sopravvivere a questo cambiamento, per la prima volta nella sua storia
smette di essere espressione del predominio “imperiale” statunitense sul
continente americano e si converte in un organismo multilaterale. In quasi
120 anni di storia, passando dall’Unione delle Repubbliche Americane
all’attuale OSA nata nel 1948, gli stati aderenti erano sempre stati
chiamati a ratificare le decisioni prese dagli Stati Uniti che da soli si
prendevano il diritto di “autodeterminare” il destino dei popoli della
regione nel pieno rispetto della dottrina Monroe.
Oggi i popoli sembrano finalmente in grado di autodeterminarsi da soli e
quello che appare un retaggio del passato è proprio l’OSA,
un’organizzazione fermissima contro Cuba e supina contro il terrorismo di
Stato, le dittature, il fondomonetarismo, la corruzione e completamente
indifferente a povertà e ingiustizia. Ma il tempo passa e la storia avanza
e l’OSA si è rivelata pienamente superata nelle ultime crisi che hanno
coinvolto l’America latina, quella tra Colombia ed Ecuador, dopo lo
sconfinamento in territorio ecuadoriano dell’esercito di Bogotà e quella
boliviana, quando solo il concerto latinoamericano riuscì a fermare
l’eversione secessionista finanziata da Washington. In entrambi i casi
l’OSA è stata completamente fuori gioco e la soluzione a problemi
regionali latinoamericani è venuta da consessi solo latinoamericani con
gli Stati Uniti fuori dalla porta. Oggi l’OSA serve ancora per sanzionare
le sue aberrazioni e riconoscere le proprie colpe storiche, come è
successo in Honduras. Ma, al contrario che per Cuba, la storia non
l’assolverà.