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29 aprile 2010 - Héctor Miranda www.granma.cu (pl)
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Il lavoro dei medici cubani ad Haiti ha ricevuto fino ad oggi il riconoscimento degli uomini e delle donne più umili del popolo, e anche delle figure più importanti del paese e della comunità internazionale.
Un mese fa il Presidente René Preval ha ricevuto nei suoi uffici – quelli che non sono crollati – del Palazzo Nazionale, i Ministri della Sanità cubano e brasiliano, José Ramón Balaguer, e José Gomes, e ne ha approfittato per parlare del lavoro dei medici.
In un momento di dialogo con entrambi i Ministri e con la presenza di Prensa Latina, Preval ha assicurato che “per gli haitiani prima c’è Dio, e poi ci sono i medici cubani. E non lo dico io, che ne sono convinto, lo dicono gli uomini poveri delle comunità, i cittadini umili”.
Il Presidente ha ricordato una conversazione avuta un giorno con un uomo di uno dei paesini nei quali lavorano i professionisti cubani, ed è rimasto meravigliato dal rispetto che loro si sono guadagnati.
In quello stesso giorno, a Croix des Bouquets, il Ministro brasiliano ha assicurato che “quello che Cuba sta facendo qui con la salute è un esempio per il mondo intero, una dimostrazione eloquente di aiuto disinteressato”.
Per Marcel Young, Ambasciatore del Cile ad Haiti, “è encomiabile, vedere i dottori cubani al lavoro, perché lo fanno con una dedizione totale, con un altruismo ed una generosità senza limiti”.
Young, decano del corpo diplomatico qui accreditato, ha spiegato che nessuna fazione politica haitiana ha da ridire rispetto ai medici cubani: “discutono tra loro, si provocano, ma nessuno vuole che i medici cubani se ne vadano. Al contrario, ne hanno cura”.
Per il capo della Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la Stabilità ad Haiti (MINUSTAH), Edmond Mulet, il lavoro dei cooperanti cubani “straordinario”.
“Mi sono imbattuto in medici che lavoravano in condizioni davvero terribili, senza acqua, senza elettricità, con le sole attrezzature che avevano con loro, che trasportavano, perché le istallazioni sanitarie, mediche, ad Haiti sono molto precarie” ha raccontato.
“Io sono stato ad Haiti come capo della missione qualche anno fa, e da allora mi sono accorto in prima persona del lavoro tanto straordinario che realizzavano i medici cubani in tutto il paese, sparso in tutte le province, in tutti i dipartimenti, in tutte le regioni” ha segnalato l’inviato del Segretario Generale dell’ONU.
Tuttavia, nessuna frase è stata tanto eloquente come quella del bambino haitiano Keven Cemens, di appena 10 anni, al quale si è dovuta amputare una gamba.
Cemens è andato a cercare gli specialisti in protesi arrivati da Cuba, e, alla domanda si un giornalista ha risposto: “Sono venuto per una gamba per poter giocare a calcio”.
Il piccolo ha poi spiegato di aver da sempre sentito storie dei medici cubani e di essere andato alla ricerca di una gamba nuova, e di essere rimasto sorpreso al sapere che avrebbe dovuto cambiarla ogni sei mesi fino al raggiungimento della maturità fisica.
La collaborazione medica con Haiti cominciò alla fine del secolo passato, poco dopo il passaggio dell’uragano George, che lasciò 230 morti e distrusse l’80% delle coltivazioni del paese.
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