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America latina

Eliminare la fame: i ministri

dell’agricoltura dibattono a Quito 

 

18 marzo 2010 - Pedro Rioseco www.granma.cu

 

I Ministri dell’Agricoltura dell’America Latina e i Caraibi dibattono a Quito come sradicare la fame e la miseria dalle loro nazioni prima del 2025,  durante la quarta riunione dei titolari del ramo nella regione.

 

L’appuntamento, intitolato "America Latina e Caraibi senza fame", risponde ad uno degli Obiettivi del Millennio tracciati dalle Nazioni Unite, per i quali si dibattono strategie comuni, considerando che la situazione è differente nei differenti paesi.

 

“Il 2025 sarà l’anno in cui queste nazioni non dovranno più avere povertà estrema ed aver sradicato la fame, ma questo obiettivo non è stato realizzato da tutti”, ha riconosciuto il ministro dell’ Agricoltura dell’ Ecuador, Ramón Espinel.

 

“Lo sforzo congiunto per realizzare tutto questo è molto importante, ma è anche indispensabile che ognuno dei paesi faccia uno sforzo per realizzare l’obiettivo”, ha precisato Espinel in una dichiarazione pubblicata dal quotidiano  “Ecuador immediato”.

 

“In Ecuador stiamo lavorando arduamente in questo senso, perchè è un mandato costituzionale per il popolo del nostro paese”, ha dichiarato.

 

L’Ufficio regionale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione (FAO) per l’America Latina ed i Caraibi, disimpegna la Segreteria Tecnica, con l’appoggio del Fondo Fiduciario della Spagna-FAO.

 

La Segreteria Tecnica vuole, in questa riunione, stabilire un meccanismo d’articolazione delle organizzazioni d’integrazione sub-regionali (MERCOSUR, CAN, CARICOM) per stabilire un programma di priorità e investimenti, con un ventaglio di progetti operativi per l’America Latina ed i Caraibi.

 

Il Programma d’Intervento Nutrizionale Integrale (INTI) in Ecuador amplierà le sue azioni in tute le province del paese durante il 2010.

 

La denutrizione in Ecuador è un indice che mostra le profonde disuguaglianze sociali esistenti e la povertà presente in maniera particolare tra la gente che vive in montagna.

 

America latina

La miseria cresce in America Latina

 

16 febbraio 2010 - www.granma.cu

 

Almeno 14 milioni di latinoamericani sono di nuovo poveri per effetto della crisi dicono le stime del Banco Mondiale – BM – riferite da  Felipe Jaramillo, direttore di questo organismo, in un’intervista pubblicata dalla stampa a La Paz.

 

"Il tema che ci preoccupa di più è la povertà: come Banco Mondiale controlliamo e calcoliamo gli indici di povertà. Eravamo compiaciuti nel vedere che per otto anni di seguito la povertà stava diminuendo in America Latina, ma la crisi ha interrotto questa tendenza positiva”, ha assicurato Jaramillo al quotidiano La Razón.

 

Il direttore regionale del BM ha detto che nel 2009 l’America Latina è ritornata ai livelli di miseria del 2007 e questo fa supporre che sono stati cancellati tutti i passi avanti fatti in due anni. Tra le altre cose per l’impossibilità di generare nuovi posti di lavoro ed in alcuni casi per l’aumento della disoccupazione come effetto della crisi.

 

Per Jaramillo, la disoccupazione è aumentata soprattutto nei paesi più colpiti dalla crisi economica, come il Messico o le regioni dell’America Centrale e molte delle isole dei Caraibi, mentre ha danneggiato meno i paesi che hanno potuto reagire meglio alla crisi, soprattutto in America del sud.

 

America latina

America Latina 2009:
crescita con incertezza

 

 23 gennaio 2010 - Ernesto Montero Acuña www.granma.cu

 

Con una contrazione dell’1,8% nel suo prodotto interno lordo - PIL - del 2009, l’America Latina ed i Caraibi affrontano l’incertezza dell’imprevedibile per sperare d’ottenere una possibile crescita del 4,1 % nel 2010.

La Commissione Economica per l’America Latina ed i Caraibi (CEPAL) lo sostiene nel suo Bilancio preliminare delle Economie dell’America Latina e dei Caraibi 2009, nel quale sottolinea che "l’attuale crisi provocherà profondi cambiamenti nello scenario internazionale" e genererà "un ambiente meno favorevole alla crescita" di quello tra gli anni 2003 e 2008.

Questi apprezzamento conduce a dubitare che l’aumento del 4,1% pronosticato per il 2010 sia possibile, ed inoltre, permette di pensare che le circostanze potranno oscurare il panorama.

Per questo la CEPAL considera urgente la necessità di ridefinire gli indici di specializzazione produttiva e commerciale nei paesi della regione, incentivando l’innovazione, l’incorporazione della conoscenza, la diversificazione dei prodotti e la ricerca di nuovi mercati di destinazione.

Ugualmente sottolinea l’importanza dell’alta partecipazione dei paesi asiatici - intendasi Cina e India principalmente - perchè sono le nazioni con lo sviluppo più esplosivo nel mondo e sono abitate insieme da più della terza parte della popolazione del mondo.

L’organizzazione raccomanda anche di ridefinire il ruolo dello Stato e dotarlo delle risorse e degli strumenti per prevenire e combattere la crisi, ma anche per promuovete uno sviluppo economico e sociale sostenibili.

Riassumendo, si tratterebbe d’applicare più politiche pubbliche e con maggiori benefici sociali, una cosa che un gruppo di paesi della regione ha privilegiato nell’ultimo decennio.

Anche se le trasformazioni non sono ancora della grandezza necessaria, hanno contribuito, assieme all’integrazione e ai convegni con le economie asiatiche, a ridurre gli effetti della crisi economica generata dal capitalismo sviluppato.

Dai cambiamenti politici e sociali della regione deriva il recupero apprezzato dalla CEPAL in America del sud ed in America Centrale, con una crescita media per quest’anno – 2010 - del 4.7 e del 3.0% rispettivamente e dell’1.8 nei Caraibi.

Il Brasile guida la lista dei paesi che cresceranno di più quest’anno con il 5.5% stimato; seguito dal Perù e dall’Uruguay con il 5% ognuno, la Bolivia, Cile, Panama con il 4.5%; Argentina e Suriname con il 4.0 %.

Si stima che il Messico, con una riduzione del 6.2% nel 2009, crescerà del 3.5% in questo 2010, come la Costa Rica e la Repubblica Dominicana, casi che dipendono molto dall’evoluzione della crisi negli Stati Uniti.

La CEPAL, organizzazione regionale appartenente al sistema delle Nazioni Unite, stima che l’uscita dalla crisi è più rapida grazie ad un insieme di politiche contro cicliche che permettono di affrontare efficacemente le turbolenze esterne in America Latina.

Tra le misure citate s’incontrano: la riduzione del tasso d’interesse, l’aumento della Banca Statale nella partecipazione creditizia, l’espansione della spesa pubblica e l’applicazione di programmi nell’area sociale, relazionate con sussidi al consumo ed iniziative d’appoggio alle famiglie povere.

La regione così ha chiuso il 2009 con una contrazione dell’1.8% nella sua crescita e questo si tradurrà in una caduta del 2.9% nel PIL prodotto interno lordo - pro capite.

Il calo dell’economia latinoamericana nel 2009 è stato inferiore alla contrazione del 2.2 pronosticato per tutto il mondo e del 3.6 che la CEPAL aveva assicurato che avrebbero sperimentato insieme i paesi sviluppati.

D’altra parte, la disoccupazione nella regione si è incrementate del 8.3% rispetto al 2008, associata anche al deterioramento nella qualità dei posti di lavoro.

Circa due milioni e mezzo di persone si sono sommate alla disoccupazione urbana, il cui totale si eleverà sino a circa 18.4 milioni di lavoratori, con predominio dei più giovani.

Per tentare d’arrestarlo, la CEPAL e l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, OIT, hanno convocato a stimolare la creazione di lavori decenti, incamminati a rafforzare l’inclusione sociale e a far realizzare passi avanti verso il compimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

Dal suo ultimo Vertice, la OIT sostiene che il recupero del lavoro necessita di quattro - cinque anni più della crescita economica, per cui si calcola che l’attuale situazione si prolungherà per almeno altri otto – nove anni, per tornare solamente al livello precedente la crisi.

Le previsioni delle Nazioni Unite stimano che 60 milioni di persone perderanno il proprio lavoro sino a totalizzare 240 milioni, e sull’America Latina graviterà il fatto che negli Stati Uniti, Europa e Giappone, secondo l’Organizzazione di Cooperazione e di Sviluppo Economico, la disoccupazione nel 2010 sarà del 10%.

In tutti i casi questo danno graverà soprattutto sui quattro gruppi più vulnerabili della popolazione: i giovani, gli immigranti, i lavoratori temporanei e le donne, di gran peso in America Latina.

Solo con 45 milioni di nuove incorporazioni di giovani al mercato del lavoro ogni anno nel mondo, sarebbe necessario creare almeno 300 milioni di posti di lavoro per il 2015, quando si compiranno gli Obiettivi del Millennio.

Questa è la realtà globale in cui s’inserisce l’America Latina, con paesi come il Messico, altri dell’America Centrale e dei Caraibi, che soffriranno le peggiori conseguenze.

Si progettano tassi positivi di media per l’America del sud, ma si deve stare a vedere se il recupero regionale " sarà sostenuto nel tempo".

Nonostante ciò la CEPAL prevede per il 2010 che le migliori aspettative di crescita e di rialzo dei prezzi di alcuni prodotti di base della regione, potranno permettere un aumento delle entrate pubbliche e nel saldo fiscale.

Inoltre l’incremento renderà possibile un aumento del tasso di occupazione probabilmente un miglioramento della qualità del lavoro, per cui la disoccupazione potrebbe diminuire sino a circa l’8% in questo 2010, anche se sempre superiore al periodo di pre-crisi.

Si stima anche che l’attuale crisi darà luogo e profondi cambiamenti nello scenario internazionale che genereranno un ambiente meno favorevole alla crescita che la regione in questione ha affrontato tra il 2003 e il 2008.

L’Organizzazione considera nel suo riassunto presentato il 10 dicembre che la contrazione regionale è stata superiore - nel 2009 - al previsto di modo che la quantità di poveri è aumentata a 189 milioni, nove milioni più che nel 2008, e l’indigenza è cresciuta da 68 a 71 milioni.

Presentando il Bilancio del 2009, la Segretaria esecutiva della CEPAL , Alicia Bárcena, ha segnalato che in ogni caso si deve usare molta cautela con i segni di recupero.

L’avvertenza è valida perchè questi significano solo risultati meno negativi, anche se una maggior integrazione latinoamericana potrà migliorarli.

(L’autore è specializzato in temi globali e integrazione latinoamericana).

 

America latina

America Latina: più di 18

milioni di disoccupati 

 

15 gennaio 2010 - www.granma.cu

 

La crisi economica mondiale ha reso disoccupate 2200000 persone durante il 2009 en America Latina e nei Caraibi, portando a 18,1 milioni il numero dei disoccupati nella regione,  come rivela il panorama del lavoro diffuso dall’ Ufficio Regionale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, OIT.

 

“È un boccone amaro per le economie latino-americane e dei Caraibi e il recupero sarà lento quest’anno”, ha dichiarato in una conferenza stampa Jean Maninat, direttore regionale della OIT, riportato da AFP.

 

Per causa della crisi il tasso di disoccupazione è aumentato dal 7,5% a 8,4%, e questo incremento ha bruciato un ciclo positivo che aveva permesso di ridurre la disoccupazione urbana dal 11,4% al 2002 a 7,5% nel 2008, ha assicurato  Maninat.

 

I giovani sono i più danneggiati, al punto che la disoccupazione di questo settore della popolazione, l’anno scorso è stato tre volte più alto di quello degli adulti.