La settimana scorsa il Parlamento boliviano ha approvato una riforma delle pensioni. Nelle stesse ore anche il Governo spagnolo di José Luis Zapatero ha annunciato una medesima riforma, che in linea con i diktat dell’unione europea innalzerebbe l’età pensionabile da 65 a 67 anni. In Italia i governi di centro-destra e centro-sinistra si sono dati il cambio nel perseguire la medesima condotta. Ecco invece le misure che il Presidente Aymara Evo Morales, promulgherà a metà gennaio prossimo: i lavoratori boliviani potranno andare in pensione a 58 anni (dai 65 attuali) e le donne e i minatori a 56 anni.
Inoltre la previdenza, oggi in mano a fondi pensione privati gestiti dalla svizzera Zurich Financial Services e dalla spagnola BBVA, verrà riportata sotto il controllo pubblico nazionalizzando le casse dei fondi pensione. In più lo Stato finanzierà un fondo di solidarietà per la realizzazione di pensioni minime da destinare a lavoratori autonomi o “emersi” dal mercato del lavoro nero. Infine, le madri con più di tre figli potranno andare in pensione a 55 anni di età.
Conclusione: le forze della cosiddetta sinistra europea che si sono allineate alle destre sia nelle misure antipopolari che nel definire il Presidente boliviano “dittatore” e “narcotrafficante”, farebbero bene a nascondere in tutti i modi la realtà dei processi di trasformazione e di costruzione del socialismo in questo secolo, in corso in Bolivia e in molta parte dell’America latina, altrimenti c’è il rischio che anche da queste parti i lavoratori gli presentino il conto. E non faremo mancare il nostro contributo affinché ciò accada.