Il
18 giugno si è compiuto un anno dal colpo di Stato in Honduras.
Contrariamente alle intenzioni dei suoi promotori, il primo grande
avvenimento politico dell’era Obama in America Latina ha creato una
situazione di effervescenza e radicalizzazione politica e sociale
tra le masse del paese centro-americano, senza precedenti per
ampiezza e profondità. O forse sarebbe più preciso dire che questo è
stato lo sbocco grazie alla feconda strategia e tattica costruite
dal Fronte Nazionale di Resistenza Popolare (FNRP). Ciò ha favorito
una grande accumulazione politica e culturale di energia
trasformatrice a partire dalle singolari condizioni di indignazione
e ribellione sociale provocate dal brutale rovesciamento del
presidente costituzionale Manuel Zelaya, che era riuscito,
nonostante la propria origine oligarchica, ad essere amato e
apprezzato dal popolo in virtù di una sensibilità e un agire sociali
che lo differenziano palesemente dai governanti precedenti. Un vasto
e cosciente settore del popolo e la gioventù respingono l’attuale
ordine oligarchico e dipendente dall’imperialismo, di cui Porfirio
Lobo non è altro che un impiegato, come dimostra un anno di
combattiva resistenza.
E’ successo che l’attuale governo abbia dato continuità alle linee
principali di quello di Micheletti: lo smantellamento delle
conquiste sociali e del lavoro, il conseguente impoverimento della
grande maggioranza degli honduregni, l’uso dell’esercito e della
polizia per reprimere le proteste popolari e cacciare i contadini
dalle loro terre, la chiusura delle radio alternative e comunitarie
e molte altre violazioni dei diritti umani denunciate da organismi
nazionali e internazionali. Secondo le valutazioni di queste
organizzazioni, sotto Lobo si sono registrati almeno 760 casi di
aggressioni per ragioni politiche, tra cui assassini di oppositori,
di sindacalisti e di nove giornalisti. Del resto, l’attuale governo
non ha fatto nulla per avviare inchieste, molto meno per dare
riparazione alle vittime delle mille violazioni dei diritti umani,
tra cui decine di assassini di membri della resistenza perpetrati
dal momento del golpe. Al contrario, ha riciclato molti militari
golpisti in importanti incarichi dell’amministrazione pubblica. Ciò
non dovrebbe sorprendere nessuno poiché Lobo è stato imposto nella
poltrona presidenziale mediante un processo elettorale truccato e
fraudolento, organizzato e diretto dagli autori stessi del colpo di
Stato, al quale non ha partecipato il 60% degli elettori, che ha
raccolto l’appello all’astensionismo del FNRP.
Nel frattempo, gli Stati Uniti conducono una sfrenata campagna per
il riconoscimento di Lobo di fronte all’opposizione di tutti i
governi che fanno parte dell’Alleanza Bolivariana dei Popoli della
Nostra America e della maggior parte di quelli dell’America del Sud,
compresi Brasile e Argentina. Così, un mese fa la segretaria di
Stato Hillary Clinton ha chiesto ai membri dell’OSA (Organizzazione
degli Stati Americani, ndt), senza successo, di dare il benvenuto al
ritorno dell’Honduras nella comunità internazionale. E al colmo, a
un anno esatto dal golpe, Obama ha ricevuto in pompa ufficiale alla
Casa Bianca le credenziali dell’ambasciatore di Tegucigalpa con
queste parole: “Ammiro l’impegno del presidente Lobo a promuovere la
riconciliazione nazionale, la prosperità e la sicurezza di tutti gli
honduregni e tutto ciò che ha fatto fino a questo momento dimostra
che ci si sta avviando alla realizzazione di questi obiettivi. Gli
Stati Uniti appoggiano…l’immediata, piena reintegrazione
dell’Honduras nella comunità internazionale e faremo tutto il
necessario…perché ciò si realizzi”.
Se prestassimo fede alle sue dichiarazioni di appoggio a Zelaya
quale unico presidente, rilasciate nelle settimane che hanno seguito
il golpe, potremmo dedurne che Obama non abbia avuto a che vedere
con la sua gestazione, ma ciò su cui non esiste dubbio è che egli
abbia fatto completamente suo il golpe, fin dal momento dell’astuta
mediazione di Arias (presidente della Costarica, ndt) orchestrata
dalla signora Clinton, e che abbia agito di conseguenza. Il minimo
che si deve esigere dall’attuale governo honduregno quale base da
prendere in considerazione per il suo riconoscimento internazionale
è il ritorno senza condizioni del presidente Manuel Zelaya e degli
oltre 200 esiliati politici, una delle principali richieste del FNRP.
Il ritorno di Zelaya rappresenterebbe una grande vittoria politica.
Ma il FNRP ha lasciato chiaramente intendere che, con o senza la sua
presenza, non recederà dalla sua richiesta della convocazione di
un’Assemblea Costituente con l’obiettivo di rifondare il paese. Né
più né meno.