(Sintesi)
A fronte di una campagna mediatica internazionale che sistematicamente
denigra e deforma la realtà venezuelana, mentre quella locale promuove
solo una canea scandalistica, è difficile avere un quadro informativo
autentico circa il processo bolivariano. Facciamo, quindi, un rapido
sommario dei risultati ottenuti in questi 11 anni di potere bolivariano
(1998-2009).
Tale sommario nasce dai dati duri e obiettivi di varia fonte, alcuni
ufficiali (INE, Banca Centrale, Ministero di Pianificazione) e
soprattutto il resoconto annuale (2009) pubblicato dal “Center for
Economic and Policy Research” (CEPR) degli Stati Uniti. Una fonte
riconosciuta a livello internazionale e che nessuno può certo accusare
di essere di sinistra.
Crescita Economica
Il Venezuela mostra una crescita economica stabile e continua negli
ultimi 12 anni di governo rivoluzionario. La crescita ha avuto uno stop
solo durante il golpe e la serrata petrolifera (2002/2003).
Il paese mostra un’economia solida già da 20 trimestri consecutivi.
Secondo il CEPR, l’economia é cresciuta con una media di 4.3 punti
annuali negli ultimi 9.25 anni. Su base pro capite significa una
crescita totale pari a 18.2 punti, 1.9 l’anno. Si deve notare che questa
è una crescita immensa rispetto a prima (durante la cosiddetta IV
Repubblica), che risulta meno spettacolare soltanto se confrontata con
la media regionale.
La crescita non ha beneficiato soltanto il popolo ma anche il settore
privato. Quest’ultimo, infatti, negli ultimi anni è cresciuto
maggiormente del settore pubblico, in particolare quello finanziario e
quello assicurativo, che durante questa espansione hanno registrato una
crescita del 258.4% con una media del 26.1 l’anno. Il settore edile è
cresciuto del 159.4 %, quello delle comunicazioni del 151% e quello
manifatturiero del 98.1%.
Povertà e
disuguaglianza
In questo decennio il Venezuela mostra livelli storici di aggiustamento
tributario e di riserve internazionali, elementi che uniti alla politica
governativa hanno inciso come mai prima d’ora nelle politiche sociali,
nel ridurre il tasso di povertà e degli indici di disuguaglianza
sociale.
La percentuale di abitazioni povere è diminuita di più della metà (dal
54% al 26%) mente quelli di povertà estrema sono diminuiti del 72%,
arrivando a un 7% del totale delle abitazioni. Questo è un risultato
significativo sottolineato dal CEPR, che al proposito dice: “... tale
risultato consente al Venezuela di avere concretamente eliminato la
povertà estrema”.
Vale la pena di menzionare com’è cresciuto in termini reali il salario
minimo dei venezuelani; vi è stato un tasso di crescita costante dal
1999 (quando era all’incirca di 198 dollari), a fronte di una politica
diversa da quella raccomandata dal FMI. Oggi vige uno dei salari più
alti dell’America Latina: 446 dollari, una crescita salariale che
parallelamente ha implicato un incremento nella capacità di acquisto del
venezuelano e uno stimolo importante al consumo interno.
Quanto sopra ha sottinteso una sfida alle politiche di controllo
dell’inflazione.
Chávez nel 1998 si è posto a capo di un paese col 30% d’inflazione
(secondo la Banca Centrale il governo di Andrés Pérez aveva una
inflazione di circa 44.2%). Tale cifra è scesa al 12.3% negli anni
seguenti, ma la serrata petrolifera del 2003 ha comportato un nuovo
aumento, facendola arrivare al 38.7% nel febbraio di quell’anno. Ora si
è stabilizzata intorno al 24%.
Anche la spesa sociale è aumentata, passando dal 37% dalla spesa
generale nel 1998 al 59.5% nel 2007. Questa spesa sociale è possibile
grazie ai livelli storici di adeguamento tributario e all’uso della
rendita petrolifera per costruire una struttura statale parallela che
sostituisca quella tradizionale, cioè in grado di farsi carico della
sanità, dell’educazione e del sostentamento. Vale a dire ciò che oggi si
conosce attraverso le cosiddette “Missioni”, un programma di servizio
sociale che ha esteso la sua protezione duplicando la sua portata in
confronto a quello esistente nel 1998.
E’ così che la mortalità infantile è scesa da 21.4 bambini su mille nati
a 13.7.
Nel 1998, 4 milioni di venezuelani non avevano accesso all’acqua
potabile, oggi copre il 92% della popolazione.
Impiego
Un altro dei successi del governo bolivariano, in controtendenza
rispetto alla maggior parte dei paesi dell’area, è la diminuzione
dell’impiego informale e l’aumento di quello formale. In Venezuela, come
in quasi tutti i paesi dell’America latina, il lavoro nero era
altissimo. Quando il potere rivoluzionario assume il potere il lavoro
informale arriva al 42,8% della forza lavoro contro un 45.4% del lavoro
formale. Nel 2008, l’impiego informale si abbassa al 40.4%.
Difficilmente un altro paese del continente può dimostrare un risultato
del genere.
E’ degno di nota che in parallelo stia emergendo un nuovo modello
socioeconomico, al cui centro vi è l’impulso alla creazione di
cooperative. Da 877 cooperative esistenti nel 1998, si è passati a più
di 30 mila cooperative attive che danno lavoro a più di 2.7 milioni di
venezuelani, cioè a circa il14% della forza lavoro e implicano un
contributo del 8% alla crescita del PIL.
Conclusioni
Sono
molti i successi che dimostrano come si è lavorato in questi 12 anni di
governo bolivariano: i livelli storici mai raggiunti prima di riserve
finanziarie, il modello di commercio internazionale, il recupero delle
terre agricole, l’impulso al mercato interno, l’eliminazione della pesca
a strascico, ecc. Cui possiamo aggiungere i conseguenti successi
elettorali.
Non vogliano produrre la falsa idea che oggi non vi siano problemi e che
tutto sia perfetto, senza dubbio sfide ed errori, che sono tipici di
questo percorso e che sono enfatizzati costantemente dai media, terranno
impegnata la stampa. Qui abbiamo soltanto voluto informare sui dati
oggettivi che gettano le basi reali per le future discussioni sugli
errori.
Pubblicato in“Punto Final”,
Nº 708, 30/04/2010
* Pedro Santander fa parte della Pontificia Università Cattolica di
Valparaiso
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