IL TRADUTTORE SI SCUSA PER GLI ERRORI |
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Gli artigli del blocco minacciano l’investimento estero a Cuba |
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13 ottobre 2010 - Elson Concepción Pérez www.granma.cubaweb.cu |
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L'investimento straniero costituisce, nel mondo globalizzato di oggi,
un’interconnessione sempre più attraente, che vincola paesi, mercati ed
economie.
A causa dell’extra-territoriale legge Helms-Burton, le imprese statunitensi,
con tecnologie avanzate per l’esplorazione degli idrocarburi in acque
profonde, non possono investire a Cuba.
A Cuba gli investimenti esteri sono un complemento agli sforzi nazionali di
sviluppo e la loro ammissione si fa solo in base ai progetti di interesse
nazionale con un importante impatto economico e sociale.
Ma anche il blocco imposto al nostro paese limita e in molti casi, veta
qualsiasi tipo di partecipazione di compagnie di investimenti esteri
sull’Isola.
Per le imprese statunitensi, tale opzione è totalmente vietata, così pure
per le entità che formano parte del patrimonio di paesi terzi, ma che
utilizzano un qualsiasi componente statunitense nel proprio processo
produttivo.
Tale assurda applicazione del blocco impedisce di ottenere tecnologie di
punta di proprietà delle imprese statunitensi, e vieta anche l’accesso a
tale nazione per l’importazione di beni e le esportazioni delle Imprese
miste con capitale estero con sede a Cuba.
Non sono neppure consentiti i finanziamenti provenienti da banche
statunitensi per lo sviluppo di progetti con investimenti esteri diretti
sull’Isola.
Durante i quasi 50 anni di blocco e in modo crescente negli ultimi tempi,
l’applicazione delle sanzioni e delle pressioni alle imprese estere ostacola
lo stabilimento di attività congiunte con Cuba e dimostra il carattere
extra-territoriale della coercitiva misura yankee.
Nelle nazioni dell’America Latina e dei Caraibi, eccetto Cuba, i flussi di
entrata degli investimenti esteri diretti sono aumentati nel 2008 del 13%
fino a raggiungere 144 miliardi di dollari, pur trovandosi sotto gli effetti
della crisi mondiale.
In quest’ordine, c’è stato un incremento di un 29% nell’America del Sud e
una diminuzione del 6% in America Centrale e nei Caraibi, regione
direttamente danneggiata per la decelerazione dell’economia degli Stati
Uniti.
Se il blocco non esistesse, la stima di flussi di investimenti statunitensi
che avremmo potuto ricevere tra il 2000 ed il 2008 sarebbe stata di circa
2251 milioni di dollari.
Nel settore del petrolio, imprese statunitensi con tecnologie avanzate per
l’esplorazione di idrocarburi in acque profonde, non possono investire
sull’Isola per le restrizioni della legge Kelms-Burton.
Il turismo, che continua ad essere uno dei principali motori propulsori
dell’economia cubana, vede limitata la presenza di investitori stranieri
nell’infrastruttura alberghiera ed extra-alberghiera, e nella costruzione di
campi da golf, tra le altre attività, progetti ai quali le imprese
statunitensi del settore e con investimenti nella regione caraibica non
possono accedere.
Per citare un caso, diciamo che nel mondo esistono più di 81 milioni di
persone che praticano golf i quali, stando ai dati dell’Associazione
Internazionale di Tour operator e Campi da Golf (IATO), giocano in media 6,3
volte al mese. Gli Stati Uniti sono il paese con più giocatori, 29 milioni,
e con maggior numero di campi da golf. A causa del blocco, nessuna compagnia
statunitense può investire in tale sfera sull’Isola.
In quanto alla gestione alberghiera, nessuna delle 14 catene internazionali
presenti a Cuba è statunitense.
In un tema così sensibile come quello alimentario, il blocco mostra le sue
fauci assassine ed impedisce che si costituiscano imprese di capitale misto
per lo sviluppo delle attività di logistica di accumulo, beneficio,
trattamento post-raccolta e distribuzione, cosa che contribuirebbe alla
sostituzione delle importazioni, e la rianimazione del settore alimentario e
alla generazione di nuove fonti di impiego, tra gli altri vantaggi.
Questi sono solo alcuni esempi di come gli artigli del blocco accechino gli
investimenti esteri a Cuba. |
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