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Un vero esempio di virtù rivoluzionarie Fidel, nella Veglia Solenne in memoria del Comandante Ernesto Che Guevara, in Plaza de la Revolución, il 18 de ottobre del 1967 |
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8.10.10 - www.granma.cu
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Il Che, quando impugnò di nuovo le armi non stava pensando in una vittoria immediata, non stava pensando in un trionfo rapido di fronte alle forze dell’oligarchie e dell’imperialismo. La sua mente di combattente sperimentato era preparata per una lotta prolungata di 5, di 10, di 15, di 20 anni se Fosse stato necessario.
Lui era disposto a lottare cinque, dieci, quindici, vent’anni, tutta la vita, se era necessario!
Ed è con questa prospettiva nel tempo che la sua morte, che il suo esempio- come lo dobbiamo dire? - avranno una tremenda ripercussione, avranno una forza invincibile!
La sua capacità come capo e la sua esperienza cercano vanamente di negarle coloro che si afferrano ai colpi di fortuna. Il Che era un capo militare straordinariamente capace. Però quando noi ricordiamo il Che, quando noi pensiamo nel Che, non stiamo pensando fondamentalmente nelle sue virtù militari. No! La guerra è un mezzo e non un fine, la guerra è uno strumento dei rivoluzionari. L’importante è la Rivoluzione, l’importante è la causa rivoluzionaria, le idee rivoluzionarie, gli obiettivi rivoluzionari, i sentimenti rivoluzionari, le virtù rivoluzionarie!
Ed è in questo campo, nel campo delle idee, nel campo dei sentimenti, nel campo delle virtù rivoluzionarie, nel campo dell’ intelligenza, a parte le sue virtù militari, che noi sentiamo la tremenda perdita che per il movimento rivoluzionario ha significato la sua morte.
Perché il Che riuniva, nella sua straordinaria personalità, virtù che rare volte appaiono congiunte. Lui attuò come uomo d’azione insuperabile, ma il Che non solo era un uomo d’ azione insuperabile: il Che era un uomo di pensiero profondo, d’intelligenza illuminata, un uomo di profonda cultura. Come dire che riuniva nella sua persona l’uomo delle idee e l’uomo d’azione.
Ma non è che lui riuniva solo questa doppia caratteristica d’essere uomo d’idee e di idee profonde e quella d’essere uomo d’azione; il Che riuniva, come rivoluzionario, le virtù che si possono definire come la migliore espressione delle virtù di un rivoluzionario: uomo integro sotto ogni aspetto uomo, d’onore supremo, sincerità assoluta, uomo dalla vita stoica e spartana, uomo che, praticamente, ebbe una condotta in cui non si può trovare una sola macchia. È stato, per le sue virtù, quello che si può chiamare un vero modello rivoluzionario.
È abitudine all’ora della morte degli uomini, fare discorsi, è abitudine segnalarne le virtù, ma poche volte come in questa occasione si potrà dire con più giustizia, con più esattezza di un uomo quello che diciamo del Che: che ha costituito un vero esempio di virtù rivoluzionarie!”. |
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Che e
Fidel, un’amicizia profonda
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7.10.10 - Obras escogida, 1957 -1967.1,pp.192-193-194 traduzione Gioia Minuti) www.granma.cu
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Lo conobbi in una di quelle fredde notti messicane e nelle poche ore che trascorsero tra quella stessa notte e l’aurora io ero già divenuto uno dei futuri partecipanti alla spedizione.
(...)alcuni rimasero in prigione 57 giorni con la perenne minaccia dell’estradizione, ma in nessun momento perdemmo la fiducia personale in Fidel Castro.
E Fidel compì alcune azioni che, potremmo quasi dire, compromettevano la sua attitudine rivoluzionaria a favore dell’amicizia.
Ricordo che gli esposi in maniera specifica il mio caso: uno straniero illegale in Messico, con tutta una serie di accuse per giunta. Gli dissi che non doveva assolutamente fermare per me la Rivoluzione e che mi poteva lasciare, che io comprendevo la situazione e avrei cercato d’andare a combattere dove mi avrebbero comandato e che il solo sforzo era far sì che mi mandassero in un paese vicino, ma non in Argentina.
Ricordo anche bene la risposta tagliente di Fidel: “Io non ti abbandono!” Quell’atteggiamento personale di Fidel con le persone è la chiave delle passioni che suscita attorno a sè Ernesto Guevara “Una rivoluzione che comincia”.
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A 45
anni dalla lettera di
commiato del Che a Fidel |
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04.10.10 - Margarita Barrio www.granma.cu (jr)
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Il 3 ottobre del 1965 si fece conoscere che il Partito Unito della Rivoluzione Socialista adottava il nome di Partito Comunista di Cuba e si presentò il suo primo Comitato Centrale. In speciale congiunzione, Fidel lesse la lettera di commiato di Che Guevara.
Quella notte, il presidente Fidel Castro fu incaricato della relazione e della presentazione del Comitato Centrale, del quale disse: “No c’è episodio eroico nella storia della nostra Patria negli ultimi anni che non sia rappresentato lì”. “C’è un’assenza nel nostro Comitato Centrale -continuò Fidel- di chi possiede tutti i meriti e tutte le virtù necessarie al grado più alto per appartenervi, e che senza dubbio non figura tra i membri del nostro Comitato Centrale.”
Fidel allora lesse in mezzo ad un’indescrivibile tensione drammatica la lettera di commiato del Che.
Uno dei due primi accordi adottati dal Comitato Centrale, acclamato in forma unanime, fu quello di adottare il nome di Partito Comunista di Cuba, ed il secondo fu la fusione dei quotidiani Revolución e Hoy, per crearne uno nuovo che si sarebbe chiamato Granma: “Come simbolo del nostro concetto rivoluzionario e del nostro cammino”.
Un giorno storico, un momento trascendentale d’esempio di unità rivoluzionaria.
Come disse Fidel quel 3 ottobre del 1965: “Difenderemo, come abbiamo difeso sino ad oggi i nostri punti di vista, le nostre posizioni e la nostra linea in maniera conseguente, con le nostre azioni e con i nostri fatti, e niente ci potrà separare da questo cammino”.
La lettera di commiato del Che a Fidel:
Anno dell’Agricoltura – L’Avana
Fidel: mi ricordo in queste ore di molte, cose di quando ti ho conosciuto a casa di Maria Antonia, di quando mi hai proposto di venire a Cuba con tutta la tensione dei preparativi. Un giorno ci chiesero di indicare chi dovevano avvisare nel caso della nostra morte e la possibilità reale del fatto ci colpì tutti; poi sapemmo che era vero che in una rivoluzione o si trionfa o si muore (se è vera). Molti compagni caddero lungo il cammino verso la vittoria. Oggi tutto ha un tono meno drammatico, perchè siamo più maturi, ma il fatto si ripete. Sento che la parte del mio dovere che mi legava alla Rivoluzione cubana si è compiuta nel suo territorio e ti saluto, come i miei compagni e il tuo popolo, che già anche il mio. Do le dimissioni formali per i miei incarichi nella Direzione del Partito, dal posto di Ministro, rinuncio al mio grado di Comandante e alle mie condizioni di cubano. Non sono cose legali quelle che mi legano a Cuba, ma sono vincoli d’altro genere che non si potranno mai rompere, come le nomine. Facendo un bilancio della mia vita trascorsa e credo d’aver lavorato con sufficiente onorabilità e dedizione per il consolidamento del Trionfo della Rivoluzione. La mia unica mancanza, abbastanza grave, è stata di non aver avuto più fiducia in te sin dai primi momenti della Sierra Maestra e non aver compreso con sufficiente rapidità le tue qualità di guida e di rivoluzionario. Ho vissuto giorni meravigliosi e al tuo fianco ed ho sentito l’orgoglio di appartenere al nostro popolo nei giorni luminosi e tristi della crisi dei Caraibi. Poche volte uno statista ha saputo brillare più di te come in quei giorni e sono molto orgoglioso di averti seguito senza esitazioni, identificato al tuo modo di pensare e di vedere, di apprezzare i pericoli e i principi. Altre terre del mondo reclamano il concorso dei miei modesti sforzi. Io posso fare quello che a te è negato dalle responsabilità che hai per guidare Cuba ed è giunta l’ora della separazione. Sappi che lo faccio con un miscuglio di allegria e di dolore; qui lascio la parte più pura delle mie speranze di costruttore e quello che amo di più tra tutto quello che amo e lascio un popolo che mi ha accolto come un figlio e questo lacera una parte del mio spirito. Nei nuovi campi di battaglia io porterò con me la fede che tu mi hai inculcato, lo spirito rivoluzionario del mio popolo e la certezza di compiere il più sacro dei doveri: la lotta contro l’imperialismo, dovunque sia e questo conforta e cura qualsiasi lacerazione. Ti dico ancora che libero Cuba da qualsiasi responsabilità meno quella che proviene dal suo esempio: se giungerà per me l’ora definitiva sotto un altro cielo, il mio ultimo pensiero sarà per questo popolo e soprattutto per te. E ti ringrazio per i tuoi insegnamenti e il tuo esempio al quale cercherò d’essere fedele sino alle ultime conseguenze delle mie azioni. Sono stato identificato sempre con la politica estera della nostra Rivoluzione e continuerò ad esserlo. Dovunque mi fermerò, sentirò la responsabilità d’essere un rivoluzionario cubano e come tale mi comporterò. Il fatto di non lasciare ai miei figli e a mia moglie nulla di materiale non mi preoccupa: mi rallegra che sia così. Io non chiedo niente per loro, perchè so che lo Stato darà loro tutto il necessario per vivere e per educarsi. Avrei tante cose da dire a te e al nostro popolo, ma sento che non sono necessarie le parole che non possono esprimere quello che vorrei e non vale la pena di sporcare dei fogli di carta. Hasta la victoria siempre! Patria o muerte! Ti abbraccia con tutto il fervore rivoluzionario. Che
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