Prologo
La malavita organizzata
negli USA iniziò la sua
attività a Cuba sin dai
primi anni '20, con il
traffico di rum e alcool. La
creazione di un impero
definitivo iniziò alla fine
del 1933, quando si
produssero i primi accordi
tra il colonnello Batista e
il finanziere della mafia Meyer Lansky, per ordine del
grande Charles "Lucky"
Luciano.
Subito si organizzarono
quattro famiglie mafiose per
creare varie attività a
Cuba: Amleto Battisti y
Lora, Don Amedeo Barletta
Barletta, Santo Trafficante
(padre) e Meyer Lansky.
Nel 1935, Amleto Battisti
occupò le installazioni
dell'antico "Hotel Sevilla"
ad un costo di 2500000
pesos. L'Hotel aveva una
ipoteca dal 1922 a carico
della City Bank Farmers
Trust Company e, dopo averne
assunto l'ipoteca, Battisti
stabilì il suo nuovo
quartiere operativo in quel
vecchio ed elegante centro
turistico, il più elegante
de La Habana, a cento metri
dal palazzo presidenziale.
Due anni più tardi per
legalizzare le sue
molteplici attività fondò il
"Banco de Créditos e
Inversiones S.A."
Del calabrese Don Amedeo
Barletta Barletta, si dice
con ragione che era
"l'amministratore dei beni
della famiglia Mussolini in
America". Si affermava che
fosse una spia (in realtà
era un doppio agente)
nascosta nell'area dei
Caraibi. Per certo è che
l'FBI lo incluse nella lista
nera del 1942, ordinando di
arrestarlo e confiscare i
suoi beni. Avvertito dalle
spie della mafia con base a
La Habana, scappò dall'isola
e andò a rifugiarsi in
Argentina; alla fine della
seconda guerra mondiale,
ritornò nella capitale
cubana come rappresentante
di grandi compagnie
nordamericane (continuò ad
essere una autorità
finanziaria del
paese);rappresentante della
General Motors: pullman e
camion; auto Cadillac,
Chevrolet, Oldsmobile e
altre; importante azionista
di laboratori farmaceutici;
costruì un edificio tra
"Infanta y Malecón",
conosciuto come la "Ambar
Motors"; realizzò il secondo
canale della televisione
cubana e controllò il
periodico "El Mundo",
acquisendo in poco tempo
attraverso il "Banco
Atlantico" una scalata
vertiginosa nel commercio,
con decine di compagnie di
copertura.
La presenza a Cuba di Santo
Trafficante (padre), si
rifà nei giorni nei quali
Lansky si stava incontrando
segretamente con il
colonnello Batista.
Trafficante aveva una
straordinaria esperienza
delle sale da gioco nel sud
degli USA: fu designato
prontamente luogotenente di
Lansky. Nel 1940, quando
Lansky andò a vivere a New
York (stava per divenire uno
degli artefici della
coordinazione che si
realizzò tra la mafia
nordamericana e i servizi
segreti USA per gli sviluppi
della seconda guerra
mondiale), il vecchio
Trafficante passò a
controllare tutti gli
interessi della mafia a
Cuba.
In questo periodo
predispose "teste di legno"
tra i gruppi della politica
cubana, per amministrare le
faccende della mafia a La Habana.
Durante gli anni '30 gli
affari nella capitale cubana
erano gestiti da siciliani,
corsi, ebrei e
nordamericani; a partire dai
primi anni '40 (grazie agli
accordi di Trafficante con i
politici cubani), in queste
organizzazioni furono
inseriti elementi nazionali
(vicini alla politica
cubana), per dirigere gli
affari in assenza dei
titolari. Questi "elementi"
non fecero altro che
consegnare alla mafia,
secondo i piani di
Trafficante tutto il
controllo delle precedenti
organizzazioni.
Senza dubbio il
più importante di tutti i
mafiosi a Cuba fu il secondo
capo della mafia
nordamericana: Meyer Lansky,
creatore e capo dell'impero
a La Habana. Grande amico di
Lucky Luciano sin dagli anni
dell'infanzia; studiarono
nella stessa scuola e appena
adolescenti si organizzarono
nel mondo della malavita a
New York. Accumularono
grandi fortune negli USA e
tra il 1930 e il 1931, dopo
la morte dei boss Masseria e
Marangano, Luciano organizzò
tutta la vecchia mafia negli
USA. Più di 100 bande di
diverse origini furono
organizzate in 24 grandi
gruppi che formarono, nel
tempo, la mafia
nordamericana attuale.
Per la totale comprensione
del processo che condusse
alla creazione a Cuba di uno
stato al servizio della
malavita nordamericana, è
necessario far riferimento a
quelli che erano gli
interessi degli USA sin
dall'inizio del XIX secolo:
appropriarsi dell'isola
attraverso la vendita,
l'acquisto, o l'annessione
del suo territorio con il
preciso progetto di
annientare gli interessi e
le aspirazioni della nazione
cubana. Attività avvertita e
denunciata dal genio
politico e militare di José
Martí.
Le ambizioni USA si possono
riassumere con un frammento
della lettera di istruzioni
che Washington inviò al
generale dell'esercito
americano nel 1897, pronto
per sferrare un assalto
militare alla terra cubana:
"Il popolo cubano è
indifferente in materia di
religione, pertanto la
maggioranza della
popolazione è immorale; allo
stesso tempo è portato a
vive passioni, molto
sensuali; non ha nozioni per
capire il giusto e
l'ingiusto ed è propenso a
procurarsi il piacere non
tramite il lavoro, ma
tramite la violenza; il
risultato che ne deriva da
questa mancanza di
moralità è il disprezzo
della vita. Resta chiaro che
l'annessione immediata alla
nostra federazione di
elementi tanto perturbanti e
così in gran numero sarebbe
una pazzia e, prima di farlo
dobbiamo bonificare il
paese; dunque sia applicato
il sistema che la Divina
Provvidenza
applicò a Sodoma e Gomorra.
Dobbiamo portare la
distruzione con la potenza
dei nostri cannoni, con il
ferro e con il fuoco;
dobbiamo spingere agli
estremi il blocco affinché
la fame e la peste, loro
costanti compagne, non
arrechino danno a
popolazioni pacifiche... "
Con questi intenti la
politica nordamericana tra
il 1902 e il 1933
intensificò in modo sempre
più crescente i propri
interessi a Cuba.
Varie forze si installano a
Cuba accrescendo sempre di
più la loro presenza: Nel
primo decennio degli anni
'30 vi fu una eccellente
penetrazione nell'economia
cubana di gruppi finanziari
collegati alla famiglia
Rockfeller in special modo
con la Standard Oil Company
of New Jersey ed in seguito
con la City Bank, Chase
National Bank e più tardi la
Chase Manhattan City Bank e
altre holding entrarono a
rafforzare il dominio
imperialista negli spazi
chiave dell'economia cubana.
La mafia si fondeva sempre
di più con la borghesia
della capitale e i servizi
segreti degli USA avviarono
una stretta collaborazione
con il governo cubano e con
la mafia per controllare
eventuali movimenti
insurrezionali e tenere
costantemente sotto
controllo il popolo cubano.
Charles "Lucky" Luciano
Agli inizi degli anni '40
Luciano lascia Cuba per
collaborare con i "servizi"
Usa negli sbarchi alleati in
Sicilia e in altre zone
dell'Italia meridionale
(riceve per questa
collaborazione il
proscioglimento di tutte le
accuse a suo carico). Alla
fine della II guerra
mondiale, ritornò a New
York, per dirigere le sue
attività che nel contempo
erano passate sotto il
controllo di Don Vito
Genovese.
Ma, le relazioni segrete tra
le cosche, imposero a Lucky
Luciano, l'esilio in
Sicilia, sua terra natale.
Nel giugno 1946, dopo vari
mesi
di permanenza, abbandonò
clandestinamente la Sicilia,
trasferendosi prima
all'Hotel Excelsior di
Napoli ed in seguito a Roma,
occupando una lussuosa suite
in via Veneto, in attesa di
"corrispondenza".
Dopo molte settimane, senza
alcuna notizia né da La
Habana né da New York,
ricevette un messaggio:
"Dicembre, Hotel Nacional".
Queste tre parole, furono
per Luciano sconcertanti.
"Che voleva esattamente
Lansky?"
"Forse la riunione da lui
proposta, con tutte le
"famiglie", si teneva a
dicembre?"
"Era a Cuba, che in dicembre
si potevano fare gli
accordi?"
Il messaggio, proveniva da
un vecchio amico e dava
notizie recenti: i capi che
reggevano le più importanti
famiglie nordamericane erano
in attesa, Genovese aveva
iniziato a comportarsi a New
York come se Luciano non
dovesse più tornare. Frank
Costello, suo informatore,
gli diceva che le cose si
complicavano sempre di più:
Buggy Seigel, in California,
si stava appropriando dei
fondi, senza fornire alcuna
spiegazione alle altre
famiglie.
Luciano, con un passaporto a
nome di Salvatore Lucania,
partì da Roma per Barcellona
il 19 settembre, da lì
raggiunse Lisbona, poi andò
in Brasile ove arrivò il 27
settembre.
A Cuba, giunse con un volo
diretto dal Brasile che
atterrò all'aeroporto di
Camagüey, ove era atteso da
Lansky con molte guardie del
corpo. Da Camagüey raggiunse
direttamente l'Hotel
Nacional (camera 924).
La riunione a La Habana era
stata convocata per
dicembre. La mafia aveva
accumulato favolose fortune;
iniziava una crescente
penetrazione nell'economia
Usa, incluso il sistema
bancario e spazi vitali
della politica. In altre
parole, compravano,
corrompevano, mentre
avanzava il processo di
legalizzazione di grandi
fortune, in un connubio con
il capitale finanziario che
si rendeva sempre più
disponibile e tollerabile;
senza tralasciare gli
interessi tradizionali
quali: l'apertura
dell'impero di Las Vegas, le
catene turistiche in Florida
o altri investimenti.
All'importante riunione
presero parte quasi 500
persone; tra capi, vice capi
delle famiglie, direttori,
guardie del corpo,
assessori, invitati speciali
e più di 100 avvocati
vincolati ai grandi affari.
Si stabilirono all'Hotel
Nacional per un convegno di
vari giorni (dal 22 al 26
dicembre 1946). Era uno dei
maggiori incontri mai
realizzati fino ad allora,
presieduto da Charles Lucky
Luciano, Frank Costello, don
Vito Genovese, Albert
Anastasia, Meyer Lansky ed
altri.
All'incontro confermarono la
loro presenza Mike Miranda,
con affari in agenzie di
autoveicoli, slot machine,
ippodromi, compagnie di
assicurazione e soprattutto
una grande esperienza nel
dominio dei
sindacati. Un altro che
confermò la sua presenza fu
Joseph Magliocco, i cui
interessi erano relazionati
con imprese di importazione
ed esportazione, catene di
lavanderie, distribuzione di
olio di oliva e influenze
nelle sfere sindacali. Anche
Giuseppe Bonanno, rispose in
maniera positiva: aveva
interessi nelle imprese di
pompe funebri, nei
trasporti, import-export,
catene di lavanderie,
distribuzione di olio di
oliva e formaggi.
All'incontro aderirono i
capi delle famiglie di New
York: Joe Adonis, oltre ad
Albert Anastasia e Frank
Costello. Del New Jersey:
Tommy Lucchese, Joe Profaci,
Willie Moreti e Angie
Pisano. Per Chicago erano
presenti: Tony Accardo, i
fratelli Fischetti, cugini
ed eredi di Al Capone. Da
New Orleans: Carlos
Marcello. Da Buffalo: Steve
Maggdino. Per la Florida, il
vecchio Sante Trafficante.
Anche se gli interessi di
don Vito Genovese erano
enormi, in quell'incontro
aspirava ad essere
riconosciuto come capo
indiscusso della mafia
nordamericana, al fine di
controllare per intero
l'immenso traffico di droga.
I capi furono tutti
alloggiati all'Hotel
Nacional, mentre il
personale ausiliario negli
Hotel Presidente, Inglaterra,
Seville Biltmore.
All'inizio dei "lavori"
l'Hotel Nacional chiuse le
sue porte: nessuno poteva
entrare né giornalisti né
polizia né funzionari del
governo cubano. Cinquanta
auto con autista e una
selezionata commissione
erano incaricati di ricevere
gli invitati e di rendersi
disponibile per tutte le
esigenze. Gli accessi
all'albergo e al malecon
furono presidiati da uomini
scelti e il 15 dicembre 1946
(una settimana prima
dell'arrivo dei personaggi
che dovevano prendere parte
all'incontro), la Nacional
Airlines inaugurò un volo
diretto La Habana ? New
York.
Dopo la conclusione del
conclave, dove si discussero
le sfere di influenza,
problemi territoriali,
traffico di droga, apertura
dell'impero di Las Vegas con
il famoso Hotel Flamingo,
tutti partirono.
Lansky andò in Florida, solo
Lucky Luciano rimase a La
Habana.
Nell'ambito del conclave
mafioso e nella stessa città
di La Habana, era in
posizione di svantaggio.
Espulso dagli Usa, senza
possibilità di farvi
ritorno, non aveva altra
possibilità che fermarsi
sull'isola: Cuba offriva
ancora numerosi vantaggi
economici, in particolare
con il traffico della droga.
È necessario precisare che a
partire dal 1942 il peggiore
nemico di Luciano, non era
rappresentato né dagli Usa
né dai servizi speciali, ma
dalla crescente influenza
economica e politica delle
famiglie mafiose
statunitensi collegate a don
Vito Genovese.
Luciano, aveva il centro
operativo a La Habana, dove
passava l'immenso traffico
di droga diretto verso gli
Usa. Questo polarizzò su di
lui molte attenzioni e
timori, tanto da pensare di
allontanarlo dalla capitale
cubana e in modo definitivo
dagli Usa. Un altro problema
per Luciano era
rappresentato da Meyer
Lansky, suo luogotenente e
capo dell'Impero di La
Habana che, non poteva
compromettere i suoi
interessi con i capi della
mafia nordamericana. Si
pensa che lo stesso Lansky
contribuì segretamente alla
caduta di Luciano. Il terzo
e ultimo problema per
Luciano, proveniva dal
governo Usa che faceva
continue pressioni sul
governo cubano, nel
"consigliare" di espellerlo
da Cuba con l'accusa di
essere "il pericolo pubblico
numero uno", e poterlo così
confinare definitivamente in
Sicilia.
È bene chiarire che gli
interessi Usa, non erano
certamente rivolti a
destabilizzare l'impero di
La Habana né ad intralciare
i piani della mafia, ma solo
ad estromettere dai giochi
di potere una persona
sgradita alla stessa mafia.
Nonostante le "ingerenze"
Usa, rivolte allo stesso
Presidente Grau San Martín,
il governo cubano non era
d'accordo con le decisioni
nordamericane e considerava
Luciano una persona
onorevole, rispettosa delle
leggi e non certo un
pericolo pubblico. Quindi
non vi erano motivazioni per
allontanarlo dal paese.
Il governo Usa,
nell'ottenere lo scopo che
si era prefisso, minacciò il
blocco dei prodotti
farmaceutici verso Cuba,
sostenendo che tale embargo
era in vigore fino alla
partenza di Luciano da Cuba.
Questo
ennesimo atto provocò un
acceso dibattito tra le
forze politiche cubane fino
al punto di mettere in crisi
lo stesso governo.
Nel risolvere il problema,
Lansky si recò a Daytona
Beach (Florida),
residenza del generale
Batista, amico di Luciano e
della controparte
rappresentata dalle famiglie
di New York. Fece ritorno
con due idee suggerite dallo
stesso Batista: la prima era
di inviare Luciano a Caracas
con regolare visto di
entrata, attraverso la
Repubblica Dominicana. A
Caracas Luciano poteva
dirigere vari casinò. La
seconda soluzione era più
audace: il governo cubano,
in risposta al blocco dei
prodotti farmaceutici,
instaurava un proprio blocco
per l'esportazione dello
zucchero verso gli Usa.
A Luciano la seconda
proposta non parve attuabile
e dello stesso parere erano
i suoi amici Amedeo Barletta
Barletta e Amleto Battisti.
Cuba, non poteva resistere a
lungo a quel braccio di
ferro. Lo stesso Batista in
una lettera inviata a
Luciano, consigliava di
abbandonare Cuba, ritornare
in Italia, in attesa di
tempi migliori.
Il 23 febbraio 1947, in un
ristorante del Vedado,
Luciano fu avvicinato da un
ufficiale del governo cubano
che lo invitò a seguirlo,
passando per la sua
residenza nel prendere ciò
che ritenesse più opportuno.
Questo evento, non fu
certamente un segnale di
repressione verso la mafia
nordamericana a Cuba, anzi
un ulteriore incremento e
un'estensione ai loro affari
e una assoluta impunità
verso le loro attività.
L'unica cosa che il governo
americano e la mafia
desideravano, l'avevano
ottenuta (anche se con
motivazioni diverse): la
partenza di Lucky Luciano da
Cuba.
In pochi giorni cessò il
blocco dei prodotti
farmaceutici e tutto ritornò
come prima. Don Vito
Genovese si era liberato di
un pericoloso concorrente,
suo rivale come capo dei
capi della mafia negli USA
e, Lansky con
l'estromissione del suo
capo, poteva considerare
sotto il suo controllo
l'impero di La Habana.
Il 29 maggio 1947 Charlie
Lucky Luciano lasciò Cuba
con una nave turca.
Molti i politici che si
recarono a salutarlo, come
sempre fu generoso,
splendido, cortese con
tutti. In particolare, i
saluti più calorosi gli
furono fatti da "Paco" Prio,
fratello maggiore del futuro
Presidente cubano.
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