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50 anni fa, Fidel andò per la prima volta alla ONU
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20.09.10 - Eugenio Suárez Pérez www.granma.cu
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La notizia più importante di mercoledì 14 settembre del 1960 fu acclamata dal popolo cubano: Fidel viaggerà a New York e parlerà nell’Assemblea Generale della ONU. Era la prima volta e di bocca in bocca correva: "Fidel va alla ONU".
Bastò l’annuncio che il leader della Rivoluzione cubana avrebbe partecipato nelle Nazioni Unite, per far sì che il governo degli Stati Uniti adottasse un gruppo di misure per isolarlo ai limiti dell’isola di Manhattan, mentre si trovava a New York.
In reciprocità con le "misure di sicurezza" che il Dipartimento di Stato del Nord America aveva disposto per il Primo Ministro di Cuba durante il suo soggiorno a New York, il 16 settembre, il Governo Rivoluzionario implementò il confino dell’ambasciatore nordamericano in Cuba, Phillip Bonsal, ad un’area ridotta del Vedado.
Poco prima delle sette di sera di sabato 17, e di fronte ad un notevole gruppo di giornalisti, Cuba diede una nuova risposta alla recentemente approvata Legge sullo Zucchero degli Stati Uniti. Il Primo Ministro Fidel Castro ed il Presidente Osvaldo Dorticós, firmarono una Risoluzione che nazionalizzava un gruppo di banche nordamericane che operavano in Cuba.
In uno dei suoi PER QUANTO si diceva che: Non è possibile che una parte considerevole della Banca Nazionale rimanga nelle mani degli interessi imperialisti che hanno ispirato la riduzione della nostra quota di zucchero, in un atto di vile e criminale aggressione economica.
L’ARRIVO DI FIDEL A NEW YORK
Alle 11:18 della mattina di domenica 18 partì per New York il capo della Rivoluzione, che presiedeva la delegazione cubana nel XV periodo di sessioni dell’ Assemblea Generale della ONU.
La folla aspettò più di cinque ore l’arrivo dell’aereo, nonostante la pioggia incessante nessuno si mosse dal suo posto. Circa 50 poliziotti ed un numero indeterminato di agenti segreti del Dipartimento di Stato e della polizia locale, erano presenti nell’aeroporto per "proteggere" Fidel.
Più di 100 automobili, 25 autobus e vari camion, pieni di cubani, dominicani, nicaraguensi, venezuelani ed altri, seguirono l’automobile che portava Fidel verso la città. Poco dopo le cinque del pomeriggio, la delegazione cubana giunse all’hotel Shelburne, dove doveva restare nei giorni di presenza a New York.
I dintorni dell’albergo erano stati bloccati dalla mattina da forti contingenti della polizia metropolitana, che manteneva lontani migliaia di simpatizzanti di Fidel e della Rivoluzione cubana, che aspettavano il suo arrivo all’hotel per dargli il benvenuto.
Lì apparvero alcuni elementi controrivoluzionari, lanciando grida contro il leader della Rivoluzione cubana. La polizia metropolitana, montata a cavallo, offerse loro una forte protezione, mentre impediva che i membri ed i militanti del Movimento 26 di Luglio, del Movimento di Liberazione Dominicana ed altri, si avvicinassero all’entrata dell’ hotel con il fine di realizzare dimostrazioni a favore della Rivoluzione cubana.
VERSO I GIARDINI DELL'ONU
Il giorno seguente, 19 settembre, la direzione dell’hotel Shelburne, notificò alla delegazione cubana che doveva abbandonare l’albergo, rifiutando però di restituire i 50000 dollari depositati come garanzia di pagamento.
L’amministrazione dell’hotel dichiarò che per restituire quel deposito doveva aspettare le istruzioni del Dipartimento di Stato, di Washington.
Vari minuti prima d’abbandonare l’hotel per dirigersi alle Nazioni Unite, Fidel si fermò a salutare il giornalista Herbert Matthews, accorso a visitare il Comandante.
La chiacchierata tra i due si trasformò in un’improvvisata conferenza stampa, dato che i giornalisti che aspettavano l’uscita di Fidel si unirono alla conversazione.
Furono vari i temi trattati. Fidel li informò che si sarebbe accampato nei giardini delle Nazioni Unite o nel Parco Centrale della città e che era inesplicabile tanta volgarità con un tale mancanza d’ospitalità.
Poco dopo le diciannove la delegazione cubana giunse all’edificio della ONU e per circa un’ora e mezza Fidel ed i suoi accompagnanti parlarono con il segretario generale Dag Hammarskjold.
Nel corso della conversazione Fidel gli comunicò le intollerabili scortesie, le insolenze e e le volgarità di cui era stata vittima la delegazione cubana.
Fidel chiese ad Hammarskjold se non pensava che era " Giunto il momento di cambiare la sede delle Nazioni Unite per un altro paese", ed il Segretario Generale rispose con un leggero movimento della spalla.
Inoltre Fidel gli annunciò che gli avevano offerto un hotel nel quartiere di Harlem, e che era disposto ad alloggiarvi e quindi esigeva le garanzie delle Nazioni Unite in quel luogo.
Al termine dell’incontro, il Segretario Generale invitò a cenare Fidel con i suoi accompagnanti, ma l’invito non fu accettato.
Alle 12:30, la delegazione cubana giunse all’hotel Theresa, dove rimase nei giorni di permanenza a New York.
L’arrivo di Fidel avvenne tra le grida di migliaia dei più umili abitanti di New York che acclamavano il leader cubano con grida di “Viva Castro!” e “Fidel, Fidel, Fidel!”
Alle 12 e 14 minuti di martedì 20, apparve di fronte all’hotel Theresa il Primo Ministro della URSS, Nikita Jruschov. Entrò nell’hotel e si diresse alle abitazioni del capo della Rivoluzione cubana, che lo ricevette personalmente, con forti strette di mano.
I due leader sostennero una cordiale ed animata conversazione. Dopo l’incontro con il dirigente sovietico, Fidel partecipò alla sessione dell’Assemblea del pomeriggio di martedì 20. E lì si svolse il secondo incontro tra Nikita e Fidel, quando il primo Ministro sovietico si alzò dalla sua poltrona per salutare il leader cubano. I giornalisti ed i dipendenti della ONU confermarono che era la prima volta nella storia dell’organismo che un capo di Governo si alzava per andare a salutare un altro capo di governo.
Un breve dialogo tra i due nella stessa sala dell’Assemblea Generale accaparrò l’attenzione dei delegati delle 97 nazioni e dei più di 2000 giornalisti presenti.
ALTRI SEI GIORNI INTENSI
Mancavano ancora sei giorni all’intervento del Primo Ministro cubano nella ONU. Nel pomeriggio di mercoledì 21, un gruppo di cubani sostenitori della Rivoluzione fu attaccato a colpi di pistola da vari controrivoluzionari. Nell’incidente fu ferita gravemente una bambina venezuelana di nove anni, Magdalena Urdaneta, che stava con i genitori in un ristorante e ricevette una pallottola nella schiena. Morì poche ore dopo.
Nella sessione di giovedì 22, Fidel e gli altri membri della sua delegazione andarono a salutare Nikita Jruschov, nel salone delle sessioni della ONU. Poco dopo il Maresciallo Tito, della Yugoslavia, andò a salutare Fidel e conversò con il leader rivoluzionario cubano per alcuni minuti, in mezzo all’attenzione generale.
Quel giorno Cuba fu esclusa da un pranzo offerto dal presidente Eisenhower alle delegazioni latinoamericane. Come risposta all’esclusione di Cuba, il capo della delegazione uruguaiana presso la ONU rifiutò diplomaticamente di partecipare al pranzo.
Alla domanda di un giornalista sull’esclusione di Cuba dal banchetto, Fidel rispose : “Mi pare che tutto vada bene e buon appetito a chi ci andrà. Io pranzerò nel quartiere di Harlem, con gli umili. Io appartengo ad un popolo umile".
Il Primo Ministro cubano, pranzò con i dipendenti ed il proprietario dell’hotel Theresa, Love Woods, a cui regalò un busto dell’Eroe Nazionale cubano José Martí, con questa iscrizione: "Pecca contro l’umanità colui che fomenta e propaga l’opposizione e l’odio delle razze".
La sera ci fu una cena offerta a Fidel, auspicata dal Comitato Cubano Nordamericano. Quando il Comandante in Capo entrò nel salone uno dei nordamericani presenti gridò "Fidel for President". Poi, Richard Gibson, membro del Comitato Pro Justo Trattamento a Cuba gli consegnò un busto di Abraham Lincoln.
Gibson segnalò: "È un onore per il Comitato consegnare il busto di Lincoln a Castro".
Nel momento della consegna, Gibson disse anche: "Da un liberatore ad un altro liberatore".
Dopo il saluto di Gibson, parlò Fidel, che sul suo soggiorno nell’hotel Theresa, disse: “Mi sento come chi camminando in un deserto s’incontra, di repente, in un’oasi. [... ] Una delle cose più difficili per noi è che dobbiamo sempre spiegare la differenza tra il popolo e coloro che sono responsabili di azioni di cui non si può incolpare la popolazione [... ] e qualsiasi siano le difficoltà, ci sarà sempre amore per il popolo degli Stati Uniti”.
sarà sparita la filosofia della guerra!”
21.09.10 www.granma.cu
Lunedì 26 settembre del 1960 passerà alla storia come i giorno in cui Fidel fece il suo primo intervento nella ONU. Esattamente alle 14.40, il capo della Rivoluzione giunse alla porta principale dell’edificio delle Nazioni Unite.
Quando toccò il suo turno, Fidel si alzò e a lunghi passi si diresse verso la tribuna. Bevve un pochino d’acqua e cominciò il suo storico discorso.
Erano le 14.57. A Cuba non c’era una sola radio o televisione che non fosse sintonizzata sull’immagine o la voce di Fidel.
Il giorno seguente il discorso fu pubblicato dal giornale Revolución.
I temi toccati da Fidel furono vari, ma cominciò così: “ Alcuni penseranno che siamo molto arrabbiati per il trattamento ricevuto dalla delegazione cubana, ma non è così. Noi comprendiamo perfettamente il perché della cosa e per questo non siamo irritati e nessuno si deve preoccupare che Cuba possa tralasciare di mettere il suo granello di sabbia nello sforzo per far sì che il mondo intenda. Questo sì! Noi parleremo chiaro!”
Fidel fece varie domande sulle aggressioni ricevute dalla delegazione cubana e dirigendosi ai presenti disse: “Forse nessuno di voi, signori delegati, al suo arrivo in questa città di New York, ha dovuto soffrire personalmente maltrattamenti fisici, maltrattamenti, come ha dovuto soffrire il presidente della delegazione cubana.
Le verità di Cuba si sentirono quel giorno nella ONU: “Mi limito a dire la verità perché era ora che anche noi avessimo l’opportunità di parlare. Su di noi hanno parlato da molti giorni, hanno parlato di noi i giornali, e noi in silenzio, noi non possiamo difenderci dagli attacchi. Qui, in questo paese la nostra opportunità per dire la verità è questa e non tralasceremo di dirla”.
Fidel fece riferimento ad alcuni incidenti avvenuti in quei giorni e soprattutto a quello che provocò la morte di una bambina, della quale si tentò d’incolpare la delegazione cubana. Inoltre ricordò che i cubani furono obbligati ad abbandonare un hotel della città e che dava loro alloggio un umile hotel dei negri di Harlem.
Poi Fidel spiegò come Cuba era diventata una colonia degli Stati Uniti; segnalò gli anni della lotta dei cubani per ottenere l’indipendenza, quello che la Rivoluzione aveva incontrato giungendo al potere, l’alternativa del Governo Rivoluzionario di fronte a quella situazione ed il contributo del governo degli Stati Uniti alla dittatura di Batista.
Poi ricordò i primi passi del governo rivoluzionario al potere e fornì dettagli sulla Legge di Riforma Agraria, dicendo: “Senza la Riforma Agraria, il nostro paese non avrebbe potuto fare il primo passo verso lo sviluppo ed effettivamente abbiamo fatto questo passo. Era radicale? Era una riforma agraria radicale. Era molto radicale? Non era una riforma agraria molto radicale. Abbiamo una riforma agraria aggiustata alle necessità del nostro sviluppo, aggiustata alle nostre possibilità di sviluppo agricolo.
Lì segnalò Fidel, ci fu la prima vera difficoltà, perché immediatamente il Dipartimento di Stato nordamericano pose il problema del pagamento delle terre nazionalizzate.
“Come avremmo pagato? Ovviamente la prima cosa da chiedere era con che avremmo pagato, non come, ma con che! Voi concepite un paese povero, sottosviluppato, con 600.000 disoccupati, con un indice così alto di analfabetismo, di malati, le cui riserve erano state svuotate, che ha contribuito all’economia di un paese poderoso con 1000 milioni in 10 anni, come poteva avere con che pagare le terre che erano comprese nella legge agraria o almeno pagarle alle condizioni che pretendevano di pagamento?”
E segnalò Fidel: “Cosa ci ha chiesto il Dipartimento di Stato come aspirazione dei suoi interessi danneggiati? Tre cose: il pagamento immediato, pagamento rapido, efficiente e giusto. Voi capite questa lingua? Pagamento rapido, efficiente e giusto significa ‘pagate adesso in dollari quello che noi chiediamo per le nostre fattorie’.
Poi il leader rivoluzionario argomentò le circostanze in cui si era svolto il processo rivoluzionario cubano e come cominciarono le minacce contro Cuba: i bombardamenti sulle fabbriche di zucchero ed altre azioni di terrorismo proveniente dagli Stati Uniti, le aggressioni economiche ed i tentativi che Cuba aveva fatto nel seno della OEA per condannarle.
La Rivoluzione Cubana sta indubbiamente cambiando quello che ieri era un paese senza speranza, un paese di miseria, un paese d’analfabeti. E nel prossimo anno il nostro popolo si propone di sferrare la sua grande battaglia contro l’analfabetismo, con la meta ambiziosa d’insegnare a leggere e scrivere sino all’ultimo analfabeta nel prossimo anno e con questo fine stiamo organizzando maestri, studenti e lavoratori, cioè tutto il popolo. Tutti costoro si stanno preparando per un’intensa campagna e Cuba sarà il primo paese d’America che in pochi mesi potrà dire di non avere un solo analfabeta.
Dopo aver dettagliato le conquiste di venti mesi, invitò qualsiasi compagno delle Nazioni Unite o giornalista, a conoscere la realtà cubana.
Il Primo Ministro cubano poi spiegò che il Governo di Cuba era sempre disposto a discutere i suoi problemi con il Governo degli Stati Uniti, ma questo non aveva mai voluto discutere i suoi problemi con Cuba.
Fidel denunciò che il Governo degli Stati Uniti stava promuovendo l’organizzazione di movimenti sovversivi contro il Governo Rivoluzionario di Cuba e che , per esempio, in un’isola dei Cairabi “che appartiene all’ Honduras e che si conosce con il nome di Isla Cisne, gli Usa si sono appropriati "manu militari" di quest’isola e violando gli accordi internazionali sulle radio, hanno stabilito una potente emittente radio, posta nelle mani di criminali di guerra e dei gruppi sovversivi, che mantiene in questo paese e che inoltre si stanno facendo pratiche di addestramento per promuovere la sovversione e promuovere sbarchi armati in Cuba.
Altri pericoli che preoccupavano Cuba furono esposti dal Capo della Rivoluzione, quando parlò dell’esistenza di una base navale nel territorio cubano: “Questo rischio si moltiplica se il Governo degli Stati Uniti prende come pretesto questa base per promuovere un auto aggressione che giustifichi un attacco alla nostra nazione”, e reiterò questa preoccupazione che: “Da parte nostra è sempre maggiore, perché l’aggressività è cresciuta ed i sintomi sono sempre più allarmanti”.
Fidel chiamò l’attenzione della ONU sugli avvenimenti provocati dagli Stati Uniti contro Cuba, e disse: “Noi dobbiamo spiegare molto chiaramente perché in questo va la sicurezza e la sorte del nostro paese. E per questo chiediamo che si ascoltino bene e chiaramente queste parole, soprattutto considerando che non si notano miglioramenti nelle opinioni o nelle interpretazioni erronee a proposito di come vedono i problemi di Cuba i politici di questo paese”.
Per dare argomenti alle sue parole pose l’esempio delle incredibili dichiarazioni recenti di uno dei candidati alla presidenza degli USA, John F. Kennedy, che aveva detot che si doveva usare tutta la forza della OEA per impedire che Castro potesse interferire con altri paesi latinoamericani; che le forze che lottavano per la libertà nell’esilio e nelle montagne di Cuba, riferendosi ai contro rivoluzionari dovevano essere sostenute ed aiutate ed inoltre aveva detto chiaramente che era sua intenzione non permettere alla Unione Sovietica di trasformare Cuba in una sua base dei Carabi e d’applicare la dottrina Monroe. Inoltre aveva reiterato che si proponeva di difendere il suo diritto sulla base navale di Guantánamo. Dopo aver condannato tutte quelle dichiarazioni, Fidel disse:“ In ogni modo è molto deludente, ma nessuno pensi che queste opinioni sulle dichiarazioni di Kennedy, indicano che noi sentiamo delle simpatie per l’altro, il signor Nixon (risate) che ha fatto dichiarazioni similari. Per noi i due mancano di cervello politico”.
In quel momento il presidente dell’Assemblea interruppe molto diplomaticamente il primo ministro cubano, dicendogli che non era necessario considerare le condizioni personali dei candidati alle elezioni del Governo degli Stati Uniti.
La risposta di Fidel fu: “Signor Presidente: non è nostra intenzione mancare assolutamente in nulla alle regole che determinano la nostra condotta nelle Nazioni Unite, quindi può contare perfettamente sulla mia collaborazione per evitare che si interpretino male le mie parole. Non ho nessuna intenzione d’offendere nessuno. È un poco una questione di stile e soprattutto una questione di fiducia con l’Assemblea. In ogni modo cercherò di evitare cattive interpretazioni”.
Dopo l’esposizione dei problemi di Cuba, il capo della Rivoluzione cubana toccò i problemi che preoccupavano gli altri popoli del mondo e soprattutto la pace, e disse: “perché evitare la questione? Questo è il quid della cosa, incluso il quid della pace e della guerra. il quid della corsa alle armi e del disarmo. Le guerre, dal principio dell’umanità sono scoppiate soprattutto per una ragione: il desiderio degli uni di spogliare altri delle loro ricchezze Scompaia la filosofia della depredazione e sarà scomparsa la filosofia della guerra”! Scompaiano le colonie, scompaia lo sfruttamento dei paesi da parte dei monopoli e allora l’umanità avrà raggiunto una vera realtà di progresso! Sino a che non si farà questo passo, il mondo dovrà vivere costantemente con l’incubo di vedersi coinvolto in qualsiasi crisi, in una guerra atomica. perché? perché ci sono quelli interessati a mantenere la depredazione, coloro che hanno interesse nel mantenere lo sfruttamento”!
Più avanti Fidel segnalò che nel discorso del presidente degli USA c’era una cosa inammissibile e lesse : “Nelle zone in via di sviluppo dobbiamo cercare di promuovere scambi pacifici e assisterli perché portino avanti il loro progresso economico e sociale. Per fare questo e per realizzare questo cambio, la comunità internazionale e deve poter manifestare la sua presenza nei casi di necessità, con l’invio di osservatori o di forze delle Nazioni Unite”.
Queste zone di sviluppo, segnalò Fidel, sono l’America Latina, l’Africa, l’Asia e l’Oceania”. Poi ricordò che il Segretario Generale aveva suggerito che gli Stati Uniti si dovevano mostrare disposti a far fronte a future petizioni della ONU per contribuire al mantenimento di quelle forze.
In modo tagliente Fidel disse: “Desideriamo esprimere qui che la delegazione cubana non sarà d’accordo con queste forze d’emergenza, sino a che tutti i popoli del mondo non si sentiranno sicuri che non si utilizzeranno al servizio del colonialismo e dell’imperialismo e tanto meno quando qualsiasi dei nostri paesi potrà essere in qualsiasi istante vittima dell’uso di queste forze contro il diritto dei nostri popoli”.
Partendo dalle proposte fatte sul disarmo totale e completo da varie delegazioni nei loro interventi, Fidel criticò il Governo degli Stati Uniti, perché non voleva discutere questo tema nell’Assemblea e proclamò: “Che tutto il mondo ponga le sue carte in tavola, perché si sappia chi vuole e chi non vuole il disarmo”.
Un altro tema che Fidel pose, fu il problema della Repubblica Popolare della Cina, esigendo che nel seno dell’Assemblea si discutesse l’entrata di questo paese nella ONU perché era la negazione della ragione d’essere delle Nazioni Unite e della loro essenza il non discutere lì il problema.
perché, chiese Fidel, e rispose, perché è volontà del Governo degli Stati Uniti, perché l’Assemblea delle Nazioni Unite rinuncia al suo diritto di discutere questo problema?
Poi sottolineò che: “Non si accetta una nazione che rappresenta la quarta parte del mondo e senza dubbio si mantiene un altro regime in mezzo ad una guerra civile. perché?”
Facendo la sua analisi Fidel disse che era stato franco, senza franchismo, ricordando che nella ONU c’erano i rappresentanti di Franco per la Spagna.
Quasi alla conclusione trattò altri temi di grande interesse e disse: “Si deve insegnare all’opinione mondiale, che include l’opinione nordamericana, a comprendere i problemi da un altro angolo, l’angolo degli altri; non presentarci sempre ai popoli sottosviluppati come aggressori, ai rivoluzionari come aggressori, come nemici del popolo nordamericano, perché abbiamo visto nordamericani come Carleton Beals, o come Waldo Frank, e illustri e distinti intellettuali come loro piangere pensando agli errori che si commettono e dalla mancanza di ospitalità che e stata commessa soprattutto con noi.
Fide alla fine spiega la posizione e la linea della Rivoluzione cubana.
“Abbiamo la nobile aspirazione di tutti i popoli questa è la nostra posizione, con tutta la ragione stiamo e staremo sempre contro il colonialismo, contro lo sfruttamento, contro il monopolio, contro il militarismo, contro la corsa alle armi, contro il gioco della guerra. Saremo sempre contro tutto questo e questa sarà la nostra posizione!”.
Fidel presentò li nell’Assemblea gli aspetti cardinali della dichiarazione de l’Avana dopo aver letto la parte essenziale del documento e disse: “Alcuni vorranno conoscere qual è la linea del Governo Rivoluzionario di Cuba. Bene, è questa!”
Fidel concluse il suo intervento alle 20.15 con una prolungata ovazione e fu interrotto 30 volte dagli applausi dei delegati nell’Assemblea Generale della ONU.
Il giorno finale a New York
e la creazione dei CDR
23.09.10 www.granma.cu
La XV Assemblea Generale della ONU si era alzata in agitazione quel martedì 27 settembre del 1960: l’intervento di Fidel del giorno prima era commentato da tutti i delegati. Il Dipartimento di Stampa dell'ONU distribuiva il discorso di Fidel in cinque lingue: spagnolo, inglese, francese, russo e cinese, mentre la stampa si faceva eco delle parole del leader della Rivoluzione.
Fidel ebbe una giornata intensa: incontrò Gomulka, membro del Consiglio di Stato della Polonia, partecipò al dibattito nell’ Assemblea, dove ascoltò il discorso del Presidente Nasser; incontrò il Presidente del Ghana, Khrumah, e alle sei del pomeriggio partecipò al ricevimento offerto dalla delegazione uruguayana alla delegazione cubana.
Alle otto della serata partecipò al banchetto offerto dal Premier Nheru ai capi di Stato e più tardi si riunì con il capo della delegazione della Bulgaria, Teodor Jivkov.
Mercoledì 28 settembre, Fidel ritornò in Patria, ma prima di partire incontrò alle 8:30 di mattina il Maresciallo Tito e alle dieci il Presidente de la RAU, Nasser. Verso mezzogiorno Fidel giunse all’aeroporto, dove prese l’aereo che lo portò a Cuba, un quadrimotore sovietico CCCP.
Nell’aeroporto di New York, in un’intervista alla stampa disse che ritornava a bordo di un aereo sovietico, perché: "Ci hanno già rubato tre aerei e ce n’è un altro qui, in questo aeroporto, anche lui al punto d’essere rubato. Per questo ho accettato l’offerta del Premier Jruschov, che e mio amico e amico di Cuba".
Alle 18.46 minuti, esattamente, del 28 settembre, scendeva la scaletta dell’aereo il Comandante in Capo, che giungeva trionfante ancora una volta dopo la sua grande battaglia nella ONU.
"È arrivato Fidel", cantavano in coro migliaia di cubani che si trovavano nell’aeroporto. Dalla porta dell’aereo apparve Fidel. Sorrideva. L’applauso al leader fu straordinario e le note dell’Inno Nazionale fecero tacere le voci e poi tutti cantarono l’Inno del 26 di Luglio.
Di notte, di fronte al Palazzo Presidenziale, con migliaia di cubani presenti, il Primo Ministro Fidel Castro pronunciò un altro discorso, divenuto storia per la Rivoluzione cubana, pubblicato nel quotidiano Revolución del 29 settembre.
La prima cosa che Fidel presentò fu il suo disaccordo con la mobilitazione del popolo al suo ritorno, perché i dirigenti cubani dovevano viaggiare in continuazione e non era logico che ogni volta che uno ritornava, il popolo doveva fare gli onori di un ricevimento.
Poi trasmise le sue impressioni sul viaggio a New York e riconobbe il nobile atteggiamento degli abitanti di Harem.
“Noi abbiamo visto onestà, noi abbiamo visto onore, noi abbiamo visto ospitalità, noi abbiamo visto educazione, noi abbiamo visto integrità nei negri umili di Harem”.
In quel momento si udì l’esplosione di un petardo e Fidel continuò: "Una bomba? Lascia...!" ed il popolo esclamò"Paredón!, (tutti al muro!)" e si cantò l’Inno Nazionale. Allora Fidel disse: “Questo piccolo petardo, tutto il mondo sa bene chi lo ha pagato! Sono i petardi dell’imperialismo! È chiaro che domani andranno a farsi pagare da sua signoria e gli diranno, hai visto nello stesso momento in cui stavano parlando dell’imperialismo, è scoppiato il petardo." […] “Sono i rumori dell’impotenza e della vigliaccheria! Come pensano d’impressionare il popolo con dei petardini, se il popolo è qui per resistere a tutto quello che possa cadere e che tireranno, anche se saranno bombe atomiche, signori!”
Fidel chiarì che per ogni petardo pagato dagli imperialisti, Cuba costruirà cinquecento case e una fabbrica; farà tre volte più cooperative; nazionalizzerà una fabbrica di zucchero e una banca yankee; raffinerà centinaia di migliaia di barili di petrolio; creerà cento scuole nei campi; trasformerà una caserma in una scuola; farà una legge rivoluzionaria e per lo meno, mille miliziani, ed esclamò: Il compagno Osmany ci dà una buona idea, di dedicare il petardo al Reggimento di Santa Clara: lo trasformiamo in un mese in un’altra città scuola. Diremo anche al compagno Llanusa di dedicare al patardino un nuovo circolo sociale operaio”.
In quel momento diede una notizia che tutto il popolo accolse con straordinario entusiasmo e, con queste parole, nascevano i Comitati di Difesa della Rivoluzione: Questi ingenui sembra che hanno creduto davvero che vengono i marine e che qui c’è il caffè già pronto Stabiliremo un sistema di vigilanza collettiva! Stabiliremo un sistema vigilanza rivoluzionaria collettiva! E vedremo come si potranno muovere qui lacchè dell’imperialismo, perché, in definitiva, noi viviamo in tutta la città e non c’è un edificio d’appartamenti della città, non c’è una strada, un isolato o un quartiere che non sia ampiamente rappresentato qui”.
Stabiliamo di fronte alla campagna d’aggressione dell’imperialismo un sistema di vigilanza collettiva rivoluzionaria! Che tutto il mondo sappia chi vive nell’isolato, che fa chi vive in questo isolato e che relazione ha avuto con la tirannia; a che si dedica, chi frequenta e che attività svolge. Perché se credono che potranno affrontare il popolo, che grande delusione subiranno! Perché stabiliremo un comitato di vigilanza rivoluzionaria in ogni isolato... perché il popolo vigili, perché il popolo osservi e perché vedano che quando la massa del popolo si organizza, non c’è imperialista, nè lacchè degli imperialisti, nè venduto agli imperialisti, nè strumento degli imperialisti che si possa muovere”.
“Stanno giocando con il popolo e non sanno ancora chi è il popolo, stanno giocando con il popolo e non sanno ancora la tremenda forza rivoluzionaria che c’è nel popolo!”
Il Comandante in Capo spiega che nessuno pensi che i prossimi anni saranno di tranquillità e comodità: “È necessario che tutti sappiano perfettamente bene che sarà una lotta lunga e dura! È importante che ci si renda conto che la nostra Rivoluzione sta affrontando l’impero più poderoso del mondo!”
Riferendosi alla sua partecipazione nella ONU, il leader della Rivoluzione spiegò che quando lui aveva partecipato là, non era un uomo che si era presentato, ma un popolo e che là con lui c’era ognuno dei cubani, perché l’opera che stiamo costruendo la stiamo facendo tra tutti, lo sforzo...
Fidel non termina l’idea, porche in quel momento si sente una seconda esplosione e i presenti cantarono l’Inno del 26 di Luglio e quindi l’Inno nazionale. E Fidel continuò: “Lasciateli, lasciatali suonare che con questo il popolo si abitua ad ogni genere di rumore! Ma quel che vedo, ma quel che vedo stanotte, costerà caro a sua signoria”
Nel suo intervento il capo della Rivoluzione consigliò che per ottenere la vittoria si devono sempre avere due qualità: “Intelligenza e coraggio; con la testa e con il cuore. Non permettere mai che ci trascini prima il coraggio, al disopra dell’intelligenza e nemmeno che l’intelligenza giunga prima del coraggio. Intelligenza e coraggio devono marciare insieme per li cammino che conduce alla vittoria!”
Inoltre segnalò che un’altra condizione essenziale per il trionfo è: “Non sottovalutare il nemico imperialista. Sarebbe un errore sottovalutare il nemico imperialista. Il nemico imperialista ha commesso l’errore di sottovalutarci! […] Noi non dobbiamo commettere l’errore di sottovalutare il nemico imperialista, ma conoscere la sua forza reale ed apprezzarlo nella sua forza reale e fare, da parte nostra, il necessario per uscire vittoriosi da questa battaglia per la liberazione della nostra Patria. Inoltre dobbiamo stare all’erta per le intenzioni dell’imperialismo di propiziare condizioni pubbliche favorevoli, per promuovere un pretesto nella Base Navale nordamericana di Guantánamo e fabbricare là, attraverso un’auto-aggressione, qualsiasi scusa d’aggressione al nostro paese”.
Alla fine, Fidel precisò che la conclusione più importante del suo viaggio a New York era stata: “Trasmettere l’ idea del ruolo che Cuba sta giocando, l’idea della lotta che abbiamo davanti, la necessità di condurla con coraggio e intelligenza e la necessità di lavorare molto duro, di raddoppiare lo sforzo”.
E per concludere Fidel espresse un ringraziamento: “E grazie per i due petardini, perché ci sono serviti bene rispetto a quello che stavamo spiegando, e grazie perché sono serviti per provare la tempra che ha il nostro popolo, perché nemmeno una donna si è mossa dal suo posto, perché nessun uomo si è mosso dal suo posto, nè si muoverà dal suo posto di fronte a qualsiasi pericolo, di fronte a qualsiasi attacco.
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