Meno uffici, più case |
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25.10.10 - José Alejandro www.granma.cu (jr)
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Se esistesse l’indicatore di metri quadrati di uffici per abitante, forse non sorprenderebbe l’area che occupano le funzioni burocratiche ed amministrative, in un paese con una base abitativa in deficit. Dedicatevi a camminare per L’Avana e concluderete che meriterebbe di essere studiata la capacità spaziale degli organismi pubblici, che in molti casi occupano residenze ed edifici, originariamente concepiti per fini abitativi.
Non sottovaluto la necessaria infrastruttura che richiede un’entità per le sue funzioni direttive, e neppure deliro sognando consigli di direzione sotto un albero. Ma molte entità sono nate sovradimensionate, con organici gonfiati, e hanno cercato spazi per simili agiatezze.
Adesso che Cuba sta riaggiustando la sua forza lavorativa, dovrebbe anche pensare di sgonfiare le sue strutture di direzione. Di sicuro comparirebbero locali sub-utilizzati che potrebbero essere riconvertiti in case.
Ci sono stati tentativi in questo senso. Visitate l’antica Nacional de Espejos. O Principe 139, in Centro Habana: un locale che l’Unione di Giovani Comunisti ri-consegnò e che è stato riadattato per 10 appartamenti. Quante famiglie, se ciò avvenisse, beneficerebbero di tutti i locali statali chiusi e senza nessun uso, che alla lunga cadono in rovina.
Ogni volta che sparisce un’entità, o si lavora ad un luogo più conforme alle proprie necessità, le capacità liberate dovrebbero andare ad ingrossare lo spazio abitabile. Molte sono antiche residenze, con le infrastrutture minime. Richiederebbero trasformazioni modiche, con l’apporto e il concorso dei beneficiati, e sotto il controllo di progetti architettonici funzionali.
La riconversione di locali in case è piuttosto antica in questo mondo. Anche nei paesi sviluppati, si fanno meraviglie e si trasformano spazi freddi in vere e proprie case per famiglio di bassi redditi.
Nel 2008 una ricerca multidisciplinaria del Polo delle Scienze Sociali promossa prima dei disastrosi effetti degli uragani a Cuba, ha delineato, tra gli altri obiettivi, alternative per affrontare il problema dello spazio abitabile. E proponeva di generalizzare la riconversione di locali in case.
I ricercatori avevano colto un altro aspetto del paradosso che rappresenta la diseguale struttura della popolazione delle case: la grandezza media del nucleo familiare cubano è diminuita. Il Censo del 2002 aveva già rivelato un dato eloquente: 81794 cubani vivevano soli in case di cinque o più stanze, e anche molte case di tali dimensioni accoglievano solo 2 residenti.
I ricercatori sottolineavano la convenienza della Stato nel comprare alcune di tali case ai loro proprietari ai prezzi che stimolerebbero la vendita, consegnando in cambio altre case più piccole e confortevoli. E poi aggiustare quelle comprate, su basi tecniche fondamentali, per convertire ognuna di queste in due o di più, per famiglie con gravi situazioni abitative. Gli analisti sostenevano che con quello con cui si costruisce una casa, se ne riparano tre.
Ciò che non diceva era la maniera così illogica con la quale regolamenti in torno alle case hanno ostacolato il fatto che case di grandi dimensioni possano essere scambiate con altre più piccole, in modo che la famiglia che vive in spazi troppo ampi si possa ridurre, e quella che vive in ambienti ristretti si possa allargare.
Alla fine, la gestione flessibile di tutte queste alternative non risolverebbe il grave deficit di case esistente a Cuba, ma almeno attenuerebbe il grande debito abitativo del Paese. Vi si potrebbero scoprire riserve insospettabili.
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