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Cultura New York City Ballet, il suo splendore a Cuba |
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4 novembre 2010 - A. Galardy www.granma.cu (pl)
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Il New York City Ballet ha brillato nel festival avanero con un programma segnato dal buon gusto e virtuosismo dei suoi ballerini, proprietari di una tecnica precisa, ma senza eccessi gratuiti.
Le sue due presentazioni nel teatro Mella hanno lasciato il sapore di una danza interpretata come un gioco, duttile, toccato dalla grazia, il contenimento e l’eleganza.
Il programma aveva il timbro dei suoi fondatori, il georgiano George Balanchine, e Jerome Robbins, due coreografi inseparabili della storia del balletto, che hanno coniugato la padronanza e il talento per dare alla compagnia il suo spirito distintivo.
All’inizio c’è stata la Chaconne, di Balanchine, in anteprima a Cuba, con la musica di Christophe Gluck di appoggio ed interpretata da Abi Stafford e Tyler Angle.
Dopo, un altro pezzo suo, Stars and Stripes, sempre in anteprima a Cuba, con Megan Fairchil e Andrew Vedette in una perfetta armonia, con tutte le esigenze tecniche balanchiane proprie del suo stile, ma soprattutto con l’allegria del ballo.
Sorridendo tutto il tempo a sostegno della danza
Al centro del programma c’era Liturgy, del coreografo britannico Christopher Wheeldon, di un innovativo talento pieno di audacia e rotture. La sua Liturgy convocava, seduceva lo spettatore, con i suoi splendidi ballerini Teresa Reichlen e Jared Angle.
Reichlen è stato magnifico nelle rotture, nelle composizioni e nella frammentazione delle forme nello spazio. Wheeldon ha giocato a costruire i corpi in un’architettura nuova, dandole la forma di una scultura in movimento.
L’azzardo tecnico come gioco naturale, come se i corpi fossero stati disegnati per rispettare tutte le richieste possibili, componendosi e scomponendosi nelle varie forme del mondo. Balanchine di nuovo in chiusura con Who cares, e tutto il corpo di ballo in scena, con l’unica eccezione di Joaquín de la Luz, assente per danno dell’ultimo momento che ha privato il pubblico della sua potente tecnica.
Il New York City Ballet ha salutato appunto con Who cares?, omaggio a broadway, con il cubano Leonardo Milanés al piano e la musica di George Gerswin.
Il pubblico ha infine realizzato una standing ovation per la compagnia nata nel nucleo originale dell’American Ballet Caravan nel cui elenco figurava una giovanissima Alicia Alonso, all’inizio della sua carriera, a tessere il filo della sua futura leggenda.
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