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GUANTANAMO

L’incerto destino di Ould Salahi

 

25.05.10 - Elson Concepción Pérez www.grana.cu

 

Con uno sguardo retrospettivo, il mese di agosto 2002 sembra una data lontana nella recente storia di guerre, torture e altre violazioni commesse, in qualunque parte del mondo, da soldati o agenti pagati dal governo degli Stati Uniti.

 

Fu in quel mese ed anno quando il cittadino della Mauritania, Ould Mohamedou Salahi, mise piede come detenuto nel carcere dell’illegale Base Navale di Guantánamo. Lo si catalogava, allora, come "detenuto di più alto valore”.

 

Questa qualifica si basava su un semplice sospetto di presunti legami con Al Qaeda. Per questo era stato arrestato, nel suo paese, il 20 novembre 2001, da agenti degli Stati Uniti, che poi lo hanno portato illegalmente in Giordania, dove, per otto mesi, lo sottoposero ad interrogatori e torture, fino a quando è stato trasferito a Bagram, il carcere militare statunitense in Afghanistan e, infine condotto al carcere di Guantanamo, trasformata in un campo di concentramento da parte dell'amministrazione Bush.

 

I suoi carcerieri non avevano bisogno di prove e per questo, nella sua nuova "casa" il reo ha subito ogni genere di tormento: isolamento totale per mesi, reclusione in una cella a temperature molto basse, incatenato al pavimento, privato degli alimenti, costretto a bere acqua con sale, tra altri.

 

Oltre a ricevere minacce di morte, lo minacciarono che, se non avesse testimoniato, avrebbero portato sua madre sino  a quella installazione carceraria perché fosse violentata davanti a lui da un gruppo di soldati.

 

Terminato “l'incubo di Bush”: l'anno scorso un Comitato dei Servizi Armati del Senato USA ha documentato tutte queste torture. Tra altri elementi si contava sulla relazione del  tenente colonnello della Marina, Stuart Couch, procuratore a cui originariamente fu affidato il compito di accusare Salahi nelle commissioni militari speciali, che giudicavano i "sospetti di terrorismo". Couch concluse che le confessioni del mauritano erano così influenzate dalla tortura che non era etico usarle contro di lui.

 

Il militare disse ai suoi supervisori che si "opponeva moralmente" al trattamento ricevuto da Salahi e si rifiutava di partecipare al suo processo.

 

La stessa Procura ha riconosciuto che Salahi aveva subito torture fisiche e mentali durante i suoi interrogatori.

 

Recentemente, con tutti questi elementi, il giudice distrettuale James Robertson ha dichiarato che il governo Usa non ha prove valide per tenerlo prigioniero. Cioè, dovrebbe essere liberato.

 

 

MA ... IL REO RIMANE

DIETRO LE SBARRE

 

Tuttavia, l'eventuale assoluzione per il mauritano, è ancora parte di un destino incerto, e questo lo riflette l’agenzia IPS, quando nella sua report, da New York, dice che "i legislatori repubblicani USA hanno chiesto al governo di Obama di appellarsi contro la decisione di un giudice federale ha ordinato la liberazione di questo prigioniero".

 

L'attacco repubblicana giunge in un momento in cui il giudice federale distrettuale, James Robertson, ha concluso che Washington non può continuare a mantenere detenuto Mohamedou Ould Salahi, e l'Unione per le Libertà Civili Statunitensi (ACLU il suo acronimo in inglese) e avvocati privati avevano posto interrogativi sulla sua detenzione, mostrando che il governo non aveva prove attendibili che lo incolpassero in qualità di membro di Al Qaeda.

 

"Il caso di Salahi è una vergogna nazionale: vittima di una extraordinary rendition, brutali torture ed otto anni di detenzioni arbitrarie senza accusa né prova sicura e credibile" ha detto all'IPS Jonathan Hafetz, del National Security Project della ACLU.

 

E'conosciuta come "extraordinary rendition" il meccanismo usato da Washington per catturare un "sospetto di terrorismo" e senza passare per tribunali,  trasferirlo verso paesi terzi, in cui di solito sono torturati.

 

E mentre il Dipartimento di Giustizia ha annunciato che avrebbe presentato ricorso alla decisione di Robertson, il mauritano Salahi rimane rinchiuso nel carcere dell’illegale base di Guantanamo.