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Le sanzioni, l’assedio ed il confronto non sono

la via per preservare la pace e la sicurezza


Discorso del compagno Bruno Rodríguez Parrilla, ministro degli Esteri della Repubblica di Cuba, nel dibattito generale del 65º periodo di sessioni dell’Assemblea Generale delle  Nazioni Unite.

 

New York 27 settembre 2010 - www.granma.cu

 

Foto: AP

Signor Presidente:

 

Un giorno come ieri di cinquant’anni fa il Comandante in Capo Fidel Castro fece il suo primo discorso in questa sala e disse quella frase memorabile: “Scompaia la filosofia della spoliazione e sparirà la filosofia della guerra!”

 

Signor Presidente:

 

hanno dovuto  morire 60 milioni di persone nella Seconda Guerra Mondiale per far sì  che i leader d’allora  creassero le Nazioni Unite, con l’ obiettivo di "preservare  le generazioni future  dal flagello della guerra".

 

Oggi i figli ed  i nipoti di quella generazione constatiamo che la specie umana corre il pericolo di sparire. In pochi decenni sarà  irreversibile il degrado delle condizioni di vita en nel pianeta. In poche ore, accadrà lo stesso  se si utilizzerà solo una piccola parte dell’arsenale nucleare.

 

Coloro che si riunirono a San Francisco per scrivere la Dichiarazione delle Nazioni Unite, non potevano nemmeno immaginare la minaccia del riscaldamento globale nè dell’inverno nucleare.

 

Mentre qui deliberiamo, come ha avvertito il compagno Fidel, forze poderose ed influenti negli Stati Uniti e in  Israele preparano lo  scenario per un attacco militare contro la Repubblica Islamica dell’Iran.

 

Il Consiglio di Sicurezza, possibilmente con l’illusione d’ impedirlo, avanza nell’applicazione di sanzioni contro questo paese, che, assieme a quelle di carattere  unilaterale stabilite  illegalmente da parte di un gruppo di Stati, cercano di strangolare  l’ economia iraniana.

 

Il recente e politicamente obliquo rapporto del Direttore Generale della Organizzazione Internazionale dell’ Energia Atomica ha contribuito ad incrementare le tensioni ed ha apportato pretesti per una scalata bellica.

 

Se avvenisse l’aggressione, costituirebbe un crimine contro il popolo  iraniano, ed un attacco contro la pace ed il Diritto Internazionale che farà detonare un conflitto che sicuramente raggiungerà  dimensioni nucleari.

 

Il costo sarà di milioni di vite, con un incalcolabile  impatto per il medio ambiente, l’economia  la stabilità mondiale.

 

Chi e sulle basi di quali garanzie potrà assicurare il contrario?

 

Come si può sostenere che il corso attuale allontana il pianeta da una guerra nel Medio Oriente?

 

Si tratta di una minaccia troppo grave pera affidarsi  alla capacità del Consiglio di Sicurezza, dove il principale responsabile della crisi ha contato sulla capacità d’imporre i suo disegni.

 

Le guerre contro l’Iraq e l’Afganistan dimostrano che  non si deve affidare a uno o a pochi governi  la facoltà  di determinare quando sono terminate  le gestioni diplomatiche per prevenire la guerra, quando è irrimediabile l’uso delle armi, quando è inevitabile la morte dei centinaia di migliaia o milioni di queste  persone e la destabilizzazione di una grande regione del pianeta o di tutto questo..

 

Le sanzioni, l’assedio e il confronto  non sono la via per preservare la pace e  la sicurezza  internazionali. Al contrario, il dialogo, i negoziati ed il rispetto del principio d’uguaglianza sovrana degli Stati sono l’unico cammino pera evitare la guerra.

 

Cuba encomia e sostiene gli sforzi  di tutti  quei paesi, come la Cina, la Russia, il Brasile e la Turchia, che impegnano la loro gestione alla ricerca di una soluzione pacifica e richiama   la comunità internazionale ad appoggiare queste iniziative. È un dovere di questa Assemblea Generale sostenere formalmente questi tentativi.

 

È urgente riformare radicalmente le Nazioni Unite e ristabilire  i poteri di questa Assemblea Generale. Ê  indispensabile rifondare il Consiglio  di Sicurezza.

 

Risulta necessario reiterare che il Segretario Generale della ONU e tutti gli Alti Funzionari degli  Organismi Internazionali, includendo la OIEA, si devono alla volontà di tutti gli  Stati Membri, espressa in mandati chiari ed adottati in conformità con la Dichiarazione e le norme di procedimento.

 

I gravi pericoli  rappresentati  dalle armi nucleari  si risolveranno solo eliminandole totalmente e stabilendo  una proibizione assoluta su queste.

 

Deve cessare la manipolazione  della non proliferazione, basata nella doppia facciata  e  nell’ interesse politico, con l’esistenza di un club di privilegiati e la negazione del diritto dell’uso pacifico dell’energia nucleare ai paesi del Sud.

 

Incitiamo gli Stati Uniti, la principale potenza nucleare, a smettere d’opporsi al negoziato di accordi  vincolanti che permetterebbero di liberarci definitivamente da questa  minaccia in un periodo predeterminato.

 

Per avanzare in questo impegno, il Movimento dei Paesi Non Allineati ha fatto una proposta che non è stata attesa e che  contempla un piano d’azione che include la creazione di zone libere dalle armi nucleari. È urgente stabilirla in Medio Oriente, dove Israele è  l’unico paese che si oppone. Riuscirci significherebbe  un vero contributo all’allontanamento  del conflitto e della proliferazione nucleare, e raggiungere una  pace che duri nel tempo in questa regione.

 

Data l’enorme pericolosità  ed il costante sviluppo delle armi convenzionali si dovrà lottare anche per un disarmo generale e completo.

 

SIGNOR PRESIDENTE:

 

Le inondazioni che hanno sconvolto il Paquistan, il Centro America e  numerosi paesi nelle più diverse latitudini e  le siccità e le  temperature estreme che hanno colpito  la Russia, sono un drammatico esempio da ricordare dei pericoli dello sbilanciamento  climatico.

 

Di fronte ad un così  grave rischio, non dovrebbero prevalere meschini interessi nè strette  agende politiche che impediscano di adottare accordi concreti e vincolati nella  prossima Conferenza delle Parti della Convenzione Cornice delle  Nazioni Unite sul Cambio Climatico. I paesi sviluppati, principali responsabili del riscaldamento  globale, dovrebbero accettare mete più ambiziose di riduzione delle emissioni dei gas con effetto serra e  desistere dall’impegno di distruggere l’ordinamento stabilito  dalla Convenzione e dal suo Protocollo di Kyoto.

 

Sarebbe una grande irresponsabilità che li governi dei  paesi industrializzati  ignorassero i legittimi  reclami delle organizzazioni non governative e dei movimenti sociali, brutalmente repressi a Copenaghen, che si sono  riuniti a Cochabamba, appena cinque mesi fa, in difesa della Madre Tierra; o se si pretendesse ingannare, un’altra volta, l’ opinione pubblica incolpando le economie emergenti.

 

SIGNOR PRESIDENTE:

 

Per il Venezuela che lotta, chiediamo tutta la solidarietà della comunità internazionale. La vittoria nelle elezioni parlamentari di domenica 26, dimostra il grande e maggioritario appoggio del popolo al Presidente Chávez e alla Rivoluzione Bolivariana, che affronta l’intromissione nordamericana e la campagna di calunnie e disinformazione dei gruppi oligarchici e degli  empori mediatici.

 

Ora che le telecamere delle televisioni se ne sono andate da Haiti, reclamiamo che si materializzino le  promesse di aiuto internazionale. Il nobile popolo  haitiano necessita risorse  per la ricostruzione e  risorse per lo sviluppo.

 

SIGNOR PRESIDENTE:

 

Il Governo degli Stati Uniti conosce la disposizione di Cuba a convivere in un clima di pace, rispetto e di  uguaglianza sovrana, come abbiamo comunicato  espressamente, per i canali ufficiali, e, che in nome del presidente Raul Castro, io reitero qui.

 

Ho la convinzione lo sviluppo  dei vincoli basati nel Diritto Internazionale ed i  propositi d i principi delle Nazioni Unite, permetterebbero  a Cuba ed agli  Stati Uniti di combattere contro  molte delle loro differenze e risolverne altre; si contribuirebbe così a creare un ambiente propizio per cercare  di dare una  soluzione ai problemi della nostra regione e, insieme, si offrirebbe un apporto sostanziale agli interessi dei nostri rispettivi popoli.

 

L’agenda del dialogo e le iniziative di cooperazione bilaterale, presentate al governo del Presidente Obama il 14 luglio del 2009,  e rese pubbliche in questa sala esattamente un anno fa non hanno avuto ancora una risposta.

 

Il Governo nordamericano non ha mostrato la sua disposizione ad abbordare le questioni essenziali dell’agenda bilaterale, per cui le conversazioni ufficiali sostenute, senza maggiori progressi, sono state limitate  a temi specifici.

 

Contro le aspettative create ed incluso dentro gli stessi Stati Uniti, il loro Governo non sembra disposto nemmeno a  rettificare gli aspetti più irrazionali e universalmente condannati della sua politica contro Cuba.

 

L’elemento fondamentale nelle relazioni bilaterali è il blocco economico, commerciale e finanziario  imposto dal Governo degli Stati Uniti contro il mio paese, direttamente e mediante l’applicazione extraterritoriale delle sue leggi. È stato oggetto di 18 risoluzioni che,  con l’appoggio quasi unanime degli Stati membri, hanno reclamato In modo consistente la sua eliminazione.

 

Senza dubbio, negli ultimi due anni non sono avvenute modifiche  di sorta nella politica di blocco e sovversione  contro Cuba, pur sapendo che il Presidente di questo paese dispone di prerogative sufficienti per produrre un cambio reale e lui conta con il consenso ampliamente maggioritario del popolo nordamericano.

 

Per i cittadini statunitensi o per gli stranieri residenti i questo paese, è sempre illegale viaggiare a Cuba.

 

Non è possibile vendere agli  Stati Uniti prodotti cubani, nè prodotti che  contengano componenti o tecnologie cubane.

 

Si proibisce a Cuba di comprare lì o in terzi paesi, prodotti con una frazione si elementi o  tecnologia nordamericana, salvo eccezioni molto limitate.

 

Le transazioni  finanziarie che si realizzano in dollari  statunitensi  sono in  qualche  modo relazionate a Cuba, sono oggetto di confisca o congelamento e si sanzionano le banche che le realizzano.

 

Si continua ad  applicare  multe milionarie alle compagnie statunitensi e straniere per violazioni  alle venali leggi del blocco.

 

Addizionalmente, con aperto disprezzo delle norme internazionali, si continua a violare lo spazio radioelettrico di Cuba,  utilizzando le trasmissioni de radiodiffusione e televisione con fini sovversivi, e si continua a dedicare somme milionarie federali per provocare la destabilizzazione politica nel mio paese.

 

Si usurpa in Cuba una parte del suo territorio e  s’impone una base militare a Guantánamo, divenuta un centro di tortura e d’esclusione del Diritto  Internazionale Umanitario.

 

La politica migratoria degli  Stati Uniti verso  Cuba, basata nella Legge di “Ajuste Cubano", è un’eccezione politicamente motivata che incita l’emigrazione  illegale e costa vite umane.

È profondamente immorale che gli Stati  Uniti collochino arbitrariamente Cuba nella spuria lista degli Stati patrocinatori del terrorismo internazionale.

 

Si  conosce bene il nostro reclamo, ed il richiamo universale, che si liberino immediatamente i Cinque combattenti  antiterroristi cubani, prigionieri politici già da 12 anni, nelle carceri di questo paese.

 

Sarebbe  un atto di giustizia che permetterebbe al presidente Obama di mostrare veramente il suo impegno nella lotta  contro il terrorismo nel nostro stesso emisfero.

 

Il Presidente degli Stati Uniti ha sempre  l’opportunità di  fare una rettifica storica di una politica genocida, rimasuglio della Guerra Fredda e totalmente fallita, durata cinquanta anni. Sarebbe un atto di determinazione che potrebbe provocare solo l’appoggio di coloro che lo hanno eletto per il cambio e della comunità delle nazioni che ogni anno  vota per questo.

 

In ogni caso, la Rivoluzione cubana manterrà, irriducibile e tenace, il cammino sovranamente deciso dal nostro popolo e   non abbandonerà il suo impegno, martiano e fidelista, di "conquistare tutta la giustizia".

 

Molte grazie.