Le sanzioni, l’assedio ed il confronto non sono la via per preservare la pace e la sicurezza
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New York 27 settembre 2010 - www.granma.cu
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Signor Presidente:
Un giorno come ieri di cinquant’anni fa il Comandante in Capo Fidel Castro fece il suo primo discorso in questa sala e disse quella frase memorabile: “Scompaia la filosofia della spoliazione e sparirà la filosofia della guerra!”
Signor Presidente:
hanno dovuto morire 60 milioni di persone nella Seconda Guerra Mondiale per far sì che i leader d’allora creassero le Nazioni Unite, con l’ obiettivo di "preservare le generazioni future dal flagello della guerra".
Oggi i figli ed i nipoti di quella generazione constatiamo che la specie umana corre il pericolo di sparire. In pochi decenni sarà irreversibile il degrado delle condizioni di vita en nel pianeta. In poche ore, accadrà lo stesso se si utilizzerà solo una piccola parte dell’arsenale nucleare.
Coloro che si riunirono a San Francisco per scrivere la Dichiarazione delle Nazioni Unite, non potevano nemmeno immaginare la minaccia del riscaldamento globale nè dell’inverno nucleare.
Mentre qui deliberiamo, come ha avvertito il compagno Fidel, forze poderose ed influenti negli Stati Uniti e in Israele preparano lo scenario per un attacco militare contro la Repubblica Islamica dell’Iran.
Il Consiglio di Sicurezza, possibilmente con l’illusione d’ impedirlo, avanza nell’applicazione di sanzioni contro questo paese, che, assieme a quelle di carattere unilaterale stabilite illegalmente da parte di un gruppo di Stati, cercano di strangolare l’ economia iraniana.
Il recente e politicamente obliquo rapporto del Direttore Generale della Organizzazione Internazionale dell’ Energia Atomica ha contribuito ad incrementare le tensioni ed ha apportato pretesti per una scalata bellica.
Se avvenisse l’aggressione, costituirebbe un crimine contro il popolo iraniano, ed un attacco contro la pace ed il Diritto Internazionale che farà detonare un conflitto che sicuramente raggiungerà dimensioni nucleari.
Il costo sarà di milioni di vite, con un incalcolabile impatto per il medio ambiente, l’economia la stabilità mondiale.
Chi e sulle basi di quali garanzie potrà assicurare il contrario?
Come si può sostenere che il corso attuale allontana il pianeta da una guerra nel Medio Oriente?
Si tratta di una minaccia troppo grave pera affidarsi alla capacità del Consiglio di Sicurezza, dove il principale responsabile della crisi ha contato sulla capacità d’imporre i suo disegni.
Le guerre contro l’Iraq e l’Afganistan dimostrano che non si deve affidare a uno o a pochi governi la facoltà di determinare quando sono terminate le gestioni diplomatiche per prevenire la guerra, quando è irrimediabile l’uso delle armi, quando è inevitabile la morte dei centinaia di migliaia o milioni di queste persone e la destabilizzazione di una grande regione del pianeta o di tutto questo..
Le sanzioni, l’assedio e il confronto non sono la via per preservare la pace e la sicurezza internazionali. Al contrario, il dialogo, i negoziati ed il rispetto del principio d’uguaglianza sovrana degli Stati sono l’unico cammino pera evitare la guerra.
Cuba encomia e sostiene gli sforzi di tutti quei paesi, come la Cina, la Russia, il Brasile e la Turchia, che impegnano la loro gestione alla ricerca di una soluzione pacifica e richiama la comunità internazionale ad appoggiare queste iniziative. È un dovere di questa Assemblea Generale sostenere formalmente questi tentativi.
È urgente riformare radicalmente le Nazioni Unite e ristabilire i poteri di questa Assemblea Generale. Ê indispensabile rifondare il Consiglio di Sicurezza.
Risulta necessario reiterare che il Segretario Generale della ONU e tutti gli Alti Funzionari degli Organismi Internazionali, includendo la OIEA, si devono alla volontà di tutti gli Stati Membri, espressa in mandati chiari ed adottati in conformità con la Dichiarazione e le norme di procedimento.
I gravi pericoli rappresentati dalle armi nucleari si risolveranno solo eliminandole totalmente e stabilendo una proibizione assoluta su queste.
Deve cessare la manipolazione della non proliferazione, basata nella doppia facciata e nell’ interesse politico, con l’esistenza di un club di privilegiati e la negazione del diritto dell’uso pacifico dell’energia nucleare ai paesi del Sud.
Incitiamo gli Stati Uniti, la principale potenza nucleare, a smettere d’opporsi al negoziato di accordi vincolanti che permetterebbero di liberarci definitivamente da questa minaccia in un periodo predeterminato.
Per avanzare in questo impegno, il Movimento dei Paesi Non Allineati ha fatto una proposta che non è stata attesa e che contempla un piano d’azione che include la creazione di zone libere dalle armi nucleari. È urgente stabilirla in Medio Oriente, dove Israele è l’unico paese che si oppone. Riuscirci significherebbe un vero contributo all’allontanamento del conflitto e della proliferazione nucleare, e raggiungere una pace che duri nel tempo in questa regione.
Data l’enorme pericolosità ed il costante sviluppo delle armi convenzionali si dovrà lottare anche per un disarmo generale e completo.
SIGNOR PRESIDENTE:
Le inondazioni che hanno sconvolto il Paquistan, il Centro America e numerosi paesi nelle più diverse latitudini e le siccità e le temperature estreme che hanno colpito la Russia, sono un drammatico esempio da ricordare dei pericoli dello sbilanciamento climatico.
Di fronte ad un così grave rischio, non dovrebbero prevalere meschini interessi nè strette agende politiche che impediscano di adottare accordi concreti e vincolati nella prossima Conferenza delle Parti della Convenzione Cornice delle Nazioni Unite sul Cambio Climatico. I paesi sviluppati, principali responsabili del riscaldamento globale, dovrebbero accettare mete più ambiziose di riduzione delle emissioni dei gas con effetto serra e desistere dall’impegno di distruggere l’ordinamento stabilito dalla Convenzione e dal suo Protocollo di Kyoto.
Sarebbe una grande irresponsabilità che li governi dei paesi industrializzati ignorassero i legittimi reclami delle organizzazioni non governative e dei movimenti sociali, brutalmente repressi a Copenaghen, che si sono riuniti a Cochabamba, appena cinque mesi fa, in difesa della Madre Tierra; o se si pretendesse ingannare, un’altra volta, l’ opinione pubblica incolpando le economie emergenti.
SIGNOR PRESIDENTE:
Per il Venezuela che lotta, chiediamo tutta la solidarietà della comunità internazionale. La vittoria nelle elezioni parlamentari di domenica 26, dimostra il grande e maggioritario appoggio del popolo al Presidente Chávez e alla Rivoluzione Bolivariana, che affronta l’intromissione nordamericana e la campagna di calunnie e disinformazione dei gruppi oligarchici e degli empori mediatici.
Ora che le telecamere delle televisioni se ne sono andate da Haiti, reclamiamo che si materializzino le promesse di aiuto internazionale. Il nobile popolo haitiano necessita risorse per la ricostruzione e risorse per lo sviluppo.
SIGNOR PRESIDENTE:
Il Governo degli Stati Uniti conosce la disposizione di Cuba a convivere in un clima di pace, rispetto e di uguaglianza sovrana, come abbiamo comunicato espressamente, per i canali ufficiali, e, che in nome del presidente Raul Castro, io reitero qui.
Ho la convinzione lo sviluppo dei vincoli basati nel Diritto Internazionale ed i propositi d i principi delle Nazioni Unite, permetterebbero a Cuba ed agli Stati Uniti di combattere contro molte delle loro differenze e risolverne altre; si contribuirebbe così a creare un ambiente propizio per cercare di dare una soluzione ai problemi della nostra regione e, insieme, si offrirebbe un apporto sostanziale agli interessi dei nostri rispettivi popoli.
L’agenda del dialogo e le iniziative di cooperazione bilaterale, presentate al governo del Presidente Obama il 14 luglio del 2009, e rese pubbliche in questa sala esattamente un anno fa non hanno avuto ancora una risposta.
Il Governo nordamericano non ha mostrato la sua disposizione ad abbordare le questioni essenziali dell’agenda bilaterale, per cui le conversazioni ufficiali sostenute, senza maggiori progressi, sono state limitate a temi specifici.
Contro le aspettative create ed incluso dentro gli stessi Stati Uniti, il loro Governo non sembra disposto nemmeno a rettificare gli aspetti più irrazionali e universalmente condannati della sua politica contro Cuba.
L’elemento fondamentale nelle relazioni bilaterali è il blocco economico, commerciale e finanziario imposto dal Governo degli Stati Uniti contro il mio paese, direttamente e mediante l’applicazione extraterritoriale delle sue leggi. È stato oggetto di 18 risoluzioni che, con l’appoggio quasi unanime degli Stati membri, hanno reclamato In modo consistente la sua eliminazione.
Senza dubbio, negli ultimi due anni non sono avvenute modifiche di sorta nella politica di blocco e sovversione contro Cuba, pur sapendo che il Presidente di questo paese dispone di prerogative sufficienti per produrre un cambio reale e lui conta con il consenso ampliamente maggioritario del popolo nordamericano.
Per i cittadini statunitensi o per gli stranieri residenti i questo paese, è sempre illegale viaggiare a Cuba.
Non è possibile vendere agli Stati Uniti prodotti cubani, nè prodotti che contengano componenti o tecnologie cubane.
Si proibisce a Cuba di comprare lì o in terzi paesi, prodotti con una frazione si elementi o tecnologia nordamericana, salvo eccezioni molto limitate.
Le transazioni finanziarie che si realizzano in dollari statunitensi sono in qualche modo relazionate a Cuba, sono oggetto di confisca o congelamento e si sanzionano le banche che le realizzano.
Si continua ad applicare multe milionarie alle compagnie statunitensi e straniere per violazioni alle venali leggi del blocco.
Addizionalmente, con aperto disprezzo delle norme internazionali, si continua a violare lo spazio radioelettrico di Cuba, utilizzando le trasmissioni de radiodiffusione e televisione con fini sovversivi, e si continua a dedicare somme milionarie federali per provocare la destabilizzazione politica nel mio paese.
Si usurpa in Cuba una parte del suo territorio e s’impone una base militare a Guantánamo, divenuta un centro di tortura e d’esclusione del Diritto Internazionale Umanitario.
La politica migratoria degli Stati Uniti verso Cuba, basata nella Legge di “Ajuste Cubano", è un’eccezione politicamente motivata che incita l’emigrazione illegale e costa vite umane. È profondamente immorale che gli Stati Uniti collochino arbitrariamente Cuba nella spuria lista degli Stati patrocinatori del terrorismo internazionale.
Si conosce bene il nostro reclamo, ed il richiamo universale, che si liberino immediatamente i Cinque combattenti antiterroristi cubani, prigionieri politici già da 12 anni, nelle carceri di questo paese.
Sarebbe un atto di giustizia che permetterebbe al presidente Obama di mostrare veramente il suo impegno nella lotta contro il terrorismo nel nostro stesso emisfero.
Il Presidente degli Stati Uniti ha sempre l’opportunità di fare una rettifica storica di una politica genocida, rimasuglio della Guerra Fredda e totalmente fallita, durata cinquanta anni. Sarebbe un atto di determinazione che potrebbe provocare solo l’appoggio di coloro che lo hanno eletto per il cambio e della comunità delle nazioni che ogni anno vota per questo.
In ogni caso, la Rivoluzione cubana manterrà, irriducibile e tenace, il cammino sovranamente deciso dal nostro popolo e non abbandonerà il suo impegno, martiano e fidelista, di "conquistare tutta la giustizia".
Molte grazie.
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