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Nuestra America - Haiti

 

 

Haiti paese occupato e dimenticato

 

 

7.10.11 -  Eduardo Galeano (*) da http://ciptagarelli.jimdo.com fonte: pagina12.com.ar www.resistenze.org

 

Premi Nobel chiedono il ritiro

della missione ONU da Haiti

 

7.10 - Due vincitori del Premio Nobel per la Pace hanno reclamato il ritiro dei militari della ONU da Haiti perchè attentano contro la sovranità e la dignità di questo popolo e propiziano un processo di ricolonizzazione economica.

La domanda è stata inviata al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, dall’argentino Adolfo Pérez Esquivel e dalla irlandese Betty Williams, Premi Nobel nel 1980 e nel 1976, rispettivamente.

Il messaggio è stato firmato anche da centinaia di organizzazioni e personalità di tutto il mondo, tra le quali lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano e i teologi brasiliani Leonardo Boff e Frei Betto.

Il testo sollecita la ritirata dei Caschi Blu della chiamata Missione di Stabilizzazione della ONU in Haiti (Minustah), perchè questa nazione delle Antille non può essere considerata una minaccia per la pace e la sicurezza internazionali.

Inoltre segnala che la presenza di questa forza non ha migliorato la vita del popolo haitiano, ma che, al contrario, attenta contro la sovranità e la dignità di questo popolo e assicura un processo de ricolonizzazione economica.

La lettera considera che questo lavoro è diretti da un virtuale governo parallelo (la Commissione Interina di Ricostruzione di Haiti), i cui piani rispondono più a usurai e imprenditori che ai diritti delle haitiane e degli haitiani, riporta Prensa Latina.

Inoltre sostiene che i problemi di Haiti non si risolvono con misure congiunturali e assistenziali che acuiscono la dipendenza.

Questo paese necessita cambi nei quali il popolo sia protagonista della sua stessa vita e costruttore della sua stessa storia, e la presenza medica cubana è una mostra sufficiente che un’altro tipo di cooperazione è possibile.

Williams, Pérez Esquivel e il resto dei firmatari segnalano il fallimento degli obiettivi tracciati dalla Minustah dalla sua creazione, nel 2004, e denunciano la continua violazione dei diritti umani della popolazione da parte dei militari che la integrano.

Inoltre chiedono al Consiglio di Sicurezza che non rinnovi il mandato della Missione il prossimo 15 ottobre e avvertono contro qualsiasi intervento militare o della polizia da parte di truppe straniere, soprattutto degli Stati Uniti.

Ugualmente considerano che è fondamentale rispettare il diritto alla sovranità e all’auto determinazione di Haiti, eliminando le occupazione e i debiti spuri.

Il messaggio è indirizzato anche ai governi dei paesi che integrano la Minustah, al Consiglio di Sicurezza della ONU e al segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Uniti Americani, OSA, José Miguel Insulza.

Consulti qualsiasi enciclopedia. Chieda quale è stato il primo paese libero in America. Riceverà sempre la stessa risposta: gli Stati Uniti. Ma gli Stati Uniti dichiararono la loro indipendenza quando erano una nazione con seicentocinquantamila schiavi, che continuarono ad essere schiavi per un secolo, e nella loro prima Costituzione stabilirono che un nero valeva i tre quinti di una persona.

 

E se lei chiede a qualsiasi enciclopedia quale fu il primo paese che abolì la schiavitù, riceverà sempre la stessa risposta: l’Inghilterra.

 

Ma il primo paese che abolì la schiavitù non fu l’Inghilterra ma Haiti, che sta ancora espiando il peccato della sua dignità.

 

Gli schiavi neri di Haiti avevano sconfitto il glorioso esercito di Napoleone Bonaparte e l’Europa non perdonò mai quell’umiliazione. Haiti pagò alla Francia, per un secolo e mezzo, un indennizzo gigantesco, per essere colpevole della propria libertà, ma neanche quello è bastato.

 

Quell’insolenza nera continua a far male ai bianchi padroni del mondo.

 

Di tutto questo, sappiamo poco o nulla.

 

Haiti è un paese invisibile.

 

Ha avuto un attimo di fama quando il terremoto dell’anno 2010 uccise più di duecentomila haitiani.

 

La tragedia ha fatto sì che il paese occupasse, fugacemente, la prima pagina dei mezzi di comunicazione.

 

Haiti non è conosciuta per il talento dei suoi artisti, maghi dei rifiuti capaci di trasformare la spazzatura in bellezza, né per le sue azioni eroiche nella guerra contro la schiavitù e l’oppressione coloniale.

 

Vale la pena ripeterlo un’altra volta, perché i sordi ascoltino: Haiti è stata il paese fondatore dell’indipendenza dell’America e il primo a sconfiggere la schiavitù nel mondo.

 

Merita molto di più che la notorietà nata dalle sue disgrazie.

 

Attualmente, gli eserciti di vari paesi, compreso il mio, continuano ad occupare Haiti. Come si giustifica questa invasione militare? Ma.. sostenendo che Haiti mette in pericolo la sicurezza internazionale!

 

Niente di nuovo.

 

Per tutto il secolo diciannovesimo, l’esempio di Haiti ha costituito una minaccia per la sicurezza dei paesi che continuavano a praticare la schiavitù. Lo aveva già detto Thomas Jefferson: da Haiti veniva la peste della ribellione. Nella Carolina del Sud, ad esempio, la legge permetteva di incarcerare qualsiasi marinaio nero, mentre la sua nave era in porto, per il rischio che potesse portare il contagio della peste antischiavista. E in Brasile questa peste si chiamava haitianismo.

 

Già nel secolo Ventesimo Haiti fu invasa dai marines, perché era un paese insicuro per i suoi creditori stranieri. Gli invasori cominciarono impadronendosi delle dogane e consegnarono la Banca Nazionale alla City Bank di New York. E già che c’erano, rimasero per diciannove anni.

 

L’incrocio della frontiera tra la Repubblica Dominicana e Haiti si chiama Il passo cattivo.

 

Forse il nome è un segnale di allarme: lei sta entrando nel mondo negro, la magia nera, la stregoneria…

 

Il vudù, la religione che gli schiavi portarono dall’Africa e che fu nazionalizzata ad Haiti non merita di chiamarsi religione. Dal punto di vista dei proprietari della Civiltà, il vudù è una cosa da neri, è ignoranza, arretratezza, pura superstizione. La Chiesa Cattolica, dove non mancano fedeli capaci di vendere unghie di santi e piume dell’arcangelo Gabriele, riuscì a far proibire ufficialmente questa superstizione nel 1845, nel 1860, nel 1915 e nel 1942, senza che il popolo se ne accorgesse.

 

Ma, ormai da qualche anno, sono le sette evangeliche che si incaricano della guerra contro la superstizione ad Haiti. Queste sette vengono dagli Stati Uniti, un paese che non ha il 13° piano nei suoi edifici, né la fila 13 sui suoi aerei, abitato da civilizzati cristiani che credono che Dio abbia creato il mondo in una settimana.

 

In quel paese, il predicatore evangelico Pat Robertson ha spiegato alla televisione il terremoto dell’anno 2010.

 

Questo pastore di anime ha rivelato che i neri haitiani conquistarono l’indipendenza dalla Francia con una cerimonia vudù, invocando l’aiuto del Diavolo dal profondo della selva haitiana. Il Diavolo, che diede loro la libertà, mandò il terremoto per fargli pagare il conto.

 

Fino a quando i soldati stranieri resteranno ad Haiti? Erano arrivati per stabilizzare ed aiutare, ma sono sette anni che stanno ostacolando e destabilizzando questo paese che non li vuole.

 

L’occupazione militare di Haiti sta costando alle Nazioni Unite più di ottocento milioni di dollari all’anno.

 

Se le Nazioni Unite destinassero questi fondi ala cooperazione tecnica e alla solidarietà sociale, Haiti potrebbe ricevere un buon impulso allo sviluppo della sua energia creatrice. E così si salverebbe dai suoi salvatori armati, che hanno una certa tendenza a violentare, uccidere e regalare malattie fatali.

 

Haiti non ha bisogno che nessuno venga a moltiplicare le sue calamità. E non ha neanche bisogno della carità di nessuno. Come dice bene un antico proverbio africano, la mano che dà sta sempre al di sopra della mano che riceve.

 

Ma Haiti ha sì bisogno di solidarietà, di medici, di scuole, di ospedali e di una collaborazione vera che renda possibile il rinascimento della sua sovranità alimentare, assassinata dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Mondiale e da altre società filantropiche.

 

Per noi, latinoamericani, questa solidarietà è un dovere di gratitudine: sarà il modo migliore di dire grazie a questa piccola nazione che nel 1804 ci aprì, con il suo esempio contagioso, le porte della libertà.

 

 

(Questo articolo è dedicato a Guillermo Chifflet, che è stato obbligato a rinunciare al suo seggio alla Camera dei Deputati dell’Uruguay quando ha votato contro l’invio dei soldati ad Haiti).

 

 

Questo testo è stato letto ieri dallo scrittore uruguaiano alla Biblioteca Nazionale, nel quadro dell’incontro-dibattito "Haiti e la risposta latinoamericana".

 

 

(*) Scrittore, saggista e poeta uruguaiano, autore, tra gli altri libri, di “Le vene aperte dell’America Latina”.