Scoperti 59 cadaveri in una fattoria del nordest del Messico
7.4 www.granma.cu - Almeno 59 cadaveri sono stati scoperti in una fattoria dello Stato di Tamaulipas, a nordest del Messico e alla frontiera con gli Stati Uniti, in un’operazione nella quale 11 persone sono state detenute e cinque sequestrati sono stati liberati, ha informato mercoledì 6 la Procura di Tamaulipas, che ha dichiarato che in totale sono state trovate otto fosse clandestine a La Joya, nella giurisdizione del villaggio di San Fernando, lo stesso dove in agosto si trovarono 72 cadaveri di emigranti del Centro e del Sudamerica, assassinati dai narcotrafficanti, secondo le autorità. La Procura ha detto che l’operazione, realizzata dalla polizia e da militari, è iniziata dopo la denuncia del 25 marzo del sequestro dei passeggeri di vari autobus nella zona. “Le investigazioni in processo ci permetteranno di stabilire se i corpi incontrati nelle fosse clandestine corrispondono ai passeggeri riferiti”, segnala il comunicato, ma si teme che il numero delle vittime aumenti, perchè su un totale di otto fosse, è stato realizzato il conteggio dei cadaveri di tre solamente”, ha segnalato un funzionario della stessa istituzione che ha chiesto l’anonimato ed ha rivelato all’agenzia di stampa AFP che si stanno svolgendo investigazioni sui corpi. Lo Stato di Tamaulipas, che confina con il Texas, è una delle rotte più frequentate dai migranti che tentano di entrare negli Stati Uniti. Vicino a San Fernando, le autorità messicane l’anno scorso trovarono i cadaveri di 72 migranti del Centro e del Sudamerica, assassinati, secondo le autorità, e dopo la testimonianza di un sopravvissuto, dai membri di un gruppo di narcotrafficanti: gli Zetas. Secondo il Governo messicano, gli Zetas, un gruppo formato negli anni novanta da militari che disertarono, utilizzano il sequestro dei migranti come una forma per finanziarsi, e in altri casi reclutano i migranti per far passare i carichi di droga alla frontiera, o in altre attività criminali. Gli Zetas si scontrano abitualmente nel nordest del Messico con i loro antichi capi del Cartello del Golfo, per il controllo delle rotte del traffico di droghe e questo ha provocato la morte di 1600 persone negli ultimi due anni, rivela un conteggio ufficiale. |
Dan
Jeremeel Fernández era un ragioniere di 35
anni, senza alcun precedente penale né
problemi particolari. Il 19 dicembre 2008
partì in macchina per raggiungere la madre
per le feste di Natale a Torreón, nello
stato di Coahuila, nel Nord del paese. Non
arrivò mai. Da allora sua madre, Yolanda
Morán, lo sta cercando. Nella ricerca ha
dovuto passare una trafila nota a tutte le
madri di desaparecidos del Continente:
alzate di spalle, spiegazioni insultanti,
estorsioni.
Come Yolanda si trovano, senza alcun interesse da parte dei media internazionali, migliaia di madri in Messico. Secondo il CNDH (Comisión Nacional de Derechos Humanos), l’organizzazione pubblica e finanziata dallo stato che si occupa di violazioni dei diritti umani, a volte criticata per collateralismo con la politica ma comunque un passo avanti importante, dal 2006 ad oggi, ovvero da quando la presidenza di Felipe Calderón ha impostato la lotta al narcotraffico come una vera guerra, e nella quale secondo la maggior parte degli osservatori l’esercito si comporta come una delle parti in conflitto, sarebbero 5397 le persone svanite nel nulla in Messico. Si aggiungono ai circa 35000 morti ammazzati da quando il governo ha deciso di usare l’esercito. 40000 vittime di una delle guerre negate nei nostri anni.
Per i desaparecidos messicani, per due terzi
uomini, quasi sempre giovani, e per un terzo
donne, nessuno ha mai chiesto un riscatto.
Sono persone sparite nel nulla in una serie
di circostanze diverse ma riconducibili a
poche categorie tipiche. Una parte di loro
furono sequestrati in strada. Alcuni, ma
certo non tutti, probabilmente avevano un
ruolo minore in qualche cartello. Altri
semplicemente sono spariti e il numero di
giovani lavoratori senza alcun collegamento
noto con organizzazioni criminali dei quali
non si sa più nulla è in forte aumento. La
sorte di quasi tutti è purtroppo stata la
morte ma ai loro familiari non è permesso
elaborare il lutto: Yolanda, e come lei
chissà quante altre madri, fantastica
perfino che suo figlio possa lavorare per i
cartelli, piuttosto che essere stato
semplicemente fatto svanire nel nulla. Nel
2009 un membro del cartello dei fratelli
Arellano Félix confessò di aver sciolto
nell’acido almeno 300 persone. In altri casi
si sono trovate fosse comuni, come quella
scoperta a Taxco, nel Guerrero, con 55 corpi
di assassinati dai cartelli. In un paese
dove far trovare il corpo del nemico ucciso,
spesso orribilmente seviziato, è parte di
una politica di potenza dei cartelli, la
sparizione di persone è una variante sul
tema.
La loro sparizione ha comunque la funzione
codificata fin dal Piano Condor: tortura
permanente verso i familiari, monito,
terrore. È un monito che però si estende
alla società civile tutta: il terrorismo nel
quale si identifica con difficoltà la linea
di separazione, se pure esiste, tra quello
delle organizzazioni criminali e il
terrorismo di Stato vero e proprio. Sono
soprattutto le Nazioni Unite, che supportano
le stime di varie ONG, nel considerare che
un numero in grande crescita di
desaparecidos si deve all’esercito federale.
Con 50.000 uomini che occupano militarmente
molti stati del paese, e che quasi sempre
partecipano attivamente nel traffico di
stupefacenti ma anche taglieggiano,
stuprano, delinquono, è facile pagare con la
vita una parola sbagliata ad un posto di
blocco, una tangente non pagata, l’aver
visto qualcosa di sbagliato. La CNDH avrebbe
il potere di investigare su tutti quei casi
dove si teme che corpi dello Stato, comprese
polizia ed esercito, siano coinvolte in
violazioni dei diritti umani. La mancanza di
fondi, la paura e la mancanza o sparizione
di indizi, rendono tale potere solo
virtuale.