Nuestra America - Portorico |
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Astensione e lotta di massa
A pochi mesi dalle
elezioni di Portorico
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7.10.11 - Hugo J. Delgado-Martí http://www.rebelion.org www.resistenze.org
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Ogni quattro anni riaffiora il dibattito elettorale tra il movimento d’indipendenza e socialisti portoricani. Negli ultimi vent’anni le opzioni possibili sono state due:non votare, oppure votare per il Partito dell'Indipendenza di Portorico (PIP).
Quest'anno si aggiunge una terza possibilità elettorale: il Partito Popolare dei Lavoratori (PPT). In questa situazione dobbiamo chiederci: “Che cosa si vuole con la partecipazione elettorale? I lavoratori nella nostra isola hanno la forza sufficiente per un progetto di questa portata? Quali condizioni giustificano questa tattica?
E' incredibile che in un paese dove il 37% della popolazione in età di voto non ha partecipato alle elezioni del 2008, ci siano alcuni che escludano l’astensione elettorale come alternativa politica. Nell'ultimo decennio la popolazione in età di voto è cresciuta più velocemente di quella iscritta per votare, forse a causa dell’insofferenza giovanile verso il fenomeno elettorale ma anche il numero totale dei voti espressi nelle elezioni del 2000 e del 2008, ha subito una significativa riduzione. Ma la cosa più sorprendente è che più di un milione di persone non ha partecipato alle ultime elezioni, e negli ultimi dieci anni il numero è cresciuto.
Elezioni coloniali, un problema di tattica
Indubbiamente, la questione della partecipazione alle elezioni è una questione tattica: a seconda delle condizioni si scelgono i metodi più appropriati: la lotta armata, la partecipazione elettorale, lo sciopero generale, o altri. In questo senso, noi rifiutiamo l'anti-elettoralismo basato su principi nazionalisti del tipo: “a Portorico non si deve mai partecipare alle elezioni perché sono coloniali”. La tattica non coincide con la strategia; che a Portorico ci siano gruppi politici che non partecipino alle elezioni non significa che quelle si escludano in modo assoluto ed eterno. Ma dobbiamo anche vedere il rovescio della medaglia: le elezioni sono coloniali e ciò ha delle implicazioni concrete nella scelta delle elezioni come tattica.
Il dovere di ogni organizzazione rivoluzionaria in una colonia è quello di combattere, come minimo, contro il colonialismo. Non si può andare alle elezioni coloniali senza denunciarle come tali. Altrimenti, corriamo il rischio di subire le limitazioni coloniali al governo senza aver aumentato il livello di consapevolezza tra gli elettori. L'unica vera alternativa decolonizzatrice è l'indipendenza, ma alcuni sono convinti che solo una repubblica democratica socialista possa garantire la vera indipendenza, soprattutto in questi tempi, quando l'intervento imperialista trascende i confini nazionali per mezzo d’istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Colonialismo e capitalismo sono i lacci che impediscono lo sviluppo economico del popolo lavoratore; sarebbe ingannevole vendere un partito politico che promette un paese sostenibile in tali condizioni. Dove finirebbero la mancanza di controllo doganale, del trasporto marittimo di merci, la capacità di stabilire relazioni commerciali internazionali, il controllo sulle risorse naturali, l'intervento federale nel settore giudiziario e altre rivendicazioni storiche indipendentiste? Insomma, la partecipazione elettorale legittima il colonialismo, se non la si usa come trampolino per l'indipendenza e il socialismo.
Ci sono molte tattiche valide e pertinenti, il problema è che ci sono tattiche in contraddizione con le priorità strategiche, in particolare se si vuole fare un buon lavoro senza le risorse. Le pretese elettorali, a volte, fanno parte di grandiose aspirazioni idealistiche prive di contatto con la realtà.
La questione delle elezioni dovrebbe essere considerata alla luce della situazione, in altre parole, alle condizioni della lotta di classe a Portorico, al livello di organizzazione delle masse e in particolare della classe operaia, e infine, alle capacità di organizzazioni rivoluzionarie. Quest’analisi deve essere fatta con onestà, riconoscendo i limiti e lasciandoci alle spalle le illusioni.
Ogni tattica richiede uno specifico livello organizzativo e degli stili individuali di lavoro, ma soprattutto, ciò che fa la differenza sono le risorse umane e materiali a disposizione. Nessuno fa la guerriglia nella giungla senza un numero minimo di armi e combattenti. Se mancano, i primi passi devono essere finalizzati ad ottenere quelle risorse minime. Nel frattempo, non vi è giungla che tenga. Allo stesso modo, lo sviluppo di un efficace partito nazionale elettorale richiede, secondo l'esperienza recente, centinaia di persone a tempo pieno sparse per l'isola che lavorino a raccogliere fondi e reclutare attivisti. Ripeto, richiede centinaia di persone che lavorino a tempo pieno nella maggior parte dei comuni dell'isola, creando le infrastrutture necessarie per forgiare un partito elettorale capace di vincere. Non si tratta di avere 200 militanti di cui 20 raccolgono l’approvazione nell’area metropolitana e nelle nicchie del movimento indipendentista.
Un’occasione propizia per lottare
Anche se insistiamo con questa tattica, bisogna vedere la situazione specifica. Portorico vive condizioni favorevoli alla lotta per il socialismo, ma nessuna logica formale, dialettica o diffusa ci fa concludere che l'unica alternativa tattica attuale è quella di costruire un partito elettorale. La crisi economica nazionale non ha toccato il fondo, mentre le misure neoliberali del governo Fortuño irritano sempre più settori della classe operaia. La crisi economica globale, illustrata da indicatori economici negli Stati Uniti, mostra che la disoccupazione è in crescita, e i sussidi economici di Obama sono sfumati, trasformandosi in occasioni di profitto per i ricchi e debiti per i poveri.
Contraddittoriamente, mentre viviamo tempi favorevoli per l’agitazione politica, le sconfitte strategiche degli ultimi anni mantengono la maggior parte del movimento sindacale e il separatismo piccolo-borghese immersi negli abissi di frustrazione e di abbandono dei principi. La legge 45 ha reso docile il movimento sindacale e garantito il successo delle misure “fortuñiste” senza che ci sia una vera opposizione. Il movimento d’indipendenza piccolo-borghese, dopo essersi allontanato dal socialismo si è mosso verso destra, tanto che alcuni non si possono nemmeno più chiamare “meloni” (indipendentisti che votano per il Partito Democratico Popolare, colonialista). Qualsiasi partito dei lavoratori che voglia diventare una forza politica deve denunciare il colonialismo sindacale e il sindacalismo imprenditoriale come i principali ostacoli per la nascita di un movimento operaio che faccia vera opposizione contro lo Stato e i padroni. All'interno di questo quadro desolante si contrastano due forze politiche, con impeto e spirito di resistenza. Gli insegnanti, ma soprattutto i più consapevoli e determinati all’interno della Federazione Insegnanti di Portorico. Questa, anche dopo gli attacchi feroci del governo, è l’unica organizzazione di massa capace di organizzare in un prossimo futuro un altro episodio di resistenza in difesa dell'istruzione pubblica. In secondo luogo, gli studenti, ma soprattutto gli studenti che sono socialisti e che hanno guidato i due scioperi studenteschi. Questi sono i settori che rimarranno gli attori principali della lotta di massa a Portorico, e su di essi ricade l’impegno di intensificare il lavoro, il futuro della lotta per il socialismo a Portorico.
C’è da chiedersi, allora, quali sono i metodi migliori per portare nuove persone al socialismo. L'affluenza alle urne è vista, a volte, come l'unico metodo valido per diffondere le idee socialiste. Ci sono molti esempi di lavoro di massa operaio, socialista e indipendentista nella storia della lotta di classe a Portorico. Il Partito Socialista nel ventesimo secolo ha aggregato gran parte della massa operaia per le elezioni ma anche per la lotta di strada, il sindacato dei lavoratori per la cultura operaia e così via. Il PIP è stato in grado di mettere insieme più di 70000 voti con un programma apertamente socialista e indipendentista nel 1972. Il Partito Socialista Portoricano (PSP) è riuscito a superare i 10000 voti nel 1976. E ancora nel 1980 otteneva circa 5000 voti, un numero non trascurabile. Il Movimento Indipendentista, un'organizzazione creata dal PSP, ha sviluppato una delle più importanti campagne di astensione della storia portoricana che faceva parte del rafforzamento del movimento indipendentista degli anni 60. La federazione degli insegnati (FMPR) ha riunito 7.000 docenti in assemblea generale per votare lo sciopero. Si calcolano in oltre 20.000 gli insegnanti nei primi giorni di sciopero del 2008. Gli studenti universitari hanno riunito migliaia di studenti in assemblee contro gli aumenti del 1981, 2005 e 2010. Sicuramente l'ampiezza non è una caratteristica esclusiva delle elezioni. Comune a tutti questi processi è stata la notevole presenza di quadri socialisti, attivi intorno a rivendicazioni di classe in condizioni propizie, e l'esperienza maturata è che sono le mobilitazioni di massa a nutrire di voti i partiti, non il contrario.
Astensione: tattica valida
La congiuntura di reflusso della lotta di massa e dei progressi borghesi nel campo della lotta di classe, richiede l'organizzazione di un partito politico nazionale capace di organizzare e condurre la resistenza della classe operaia. Gli sforzi di tutti i nostri militanti devono essere indirizzati alla costruzione del partito. L'affluenza alle urne a livello nazionale e locale è una possibilità che non deve essere esclusa, ma in uno stadio superiore di lotta. Non escludiamo l’affluenza alle urne in questioni nazionali o locali, oppure in occasioni speciali come emendamenti alla Costituzione, referendum, ecc., ma in funzione di processi di massa, dove l’elezione può diventare un ulteriore elemento per aumentare la volontà di lotta, o perché il nostro sviluppo organizzativo lo permette.
In questa fase della lotta è più adeguata l’astensione. Come abbiamo visto, gran parte della popolazione portoricana, in particolare i giovani, si astengono. Inoltre, l'alto livello di degrado di tutti i partiti politici elettorali frutto delle accuse di corruzione e appropriazione indebita di fondi pubblici, hanno creato un senso di scetticismo sulla questione elettorale che non può che portare all'astensione. Il nostro lavoro di massa si sviluppa anche con settori legati a diversi partiti politici, ma la lotta per il socialismo trascende le barriere politico-partitiche e risveglia ciò che è comune a tutti i lavoratori: lo sviluppo della coscienza di classe.
Ora, non possiamo misurare allo stesso modo tutte le campagne e minicampagne di astensione degli ultimi anni. La campagna “Vota per Nessuno” di Ruolo Machete (organizzazione teatrale e politica di classe), con tutti i limiti delle risorse e la mancanza di struttura politica nazionale, è riuscita ad essere presente nel dibattito politico elettorale più di ogni altra organizzazione socialista in quel periodo. La maggior parte delle campagne di astensione condotte negli ultimi vent’anni non hanno avuto successo nelle loro aspirazioni organizzative, ma si tratta di capire se tali campagne erano vere oppure solo tentativi di battere dei record. Prendere in esame i limiti delle passate campagne di astensione è ben diverso dal ritenere che “le campagne di astensionismo non abbiano rafforzato la classe operaia”, il che equivale a un bilancio sbagliato e confuso. Un lettore incauto potrebbe avere l'impressione che ciò che s‘intende dire è che le campagne astensioniste sono la causa della debolezza della classe operaia.
Queste parole sono parte di un documento diffuso dalla commissione politica di un'organizzazione socialista che supporta la creazione del PPT. Lo stesso, ritiene che l'astensione non è un'opzione, perché metterebbe (loro) al di fuori del dibattito politico, non lasciando alternativa al popolo lavoratore, quindi disarmando la classe operaia. Tutti questi argomenti sono basati su un falso presupposto: non c'è nulla al di là delle elezioni. Considerare l'affluenza alle urne come l'unica “arma” dei lavoratori dimostra un elevato livello di docilità. Dov’è finito l’appello ai lavoratori per organizzare scioperi o azioni di resistenza contro gli abusi della borghesia?
Confondere la presa del governo con la presa del potere
Un governo di Portorico gestito da un gruppo di lavoratori nelle attuali condizioni è destinato al fallimento, non per la mancanza di capacità di guidare il paese o la non volontà di mantenere posizioni di governo, ma perché ciò non equivale a prendere il potere. Noi socialisti rivoluzionari riteniamo che l'obiettivo della lotta politica è la presa del potere da parte della classe operaia per la socializzazione dei mezzi di produzione. Questo compito non si realizza a colpi di decreti, leggi o elezioni, ma con la mobilitazione costante delle masse dei lavoratori e diseredati in una guerra aperta contro la borghesia. A Portorico la situazione coloniale aggrava il lavoro rivoluzionario perché gli ostacoli a un vero governo di lavoratori non riguardano solo la borghesia locale, ma anche le forze imperiali. Il ruolo dei quadri socialisti al governo dovrebbe essere quello di rafforzare la lotta nella strada, per rafforzare gli strumenti di lotta e di potere dei lavoratori e così aprire crepe nello stato, in modo da mettere in discussione l'egemonia della classe dominante. La presa del potere senza armare (in senso figurato e letterale del termine) le masse significa garantire la riorganizzazione delle forze di reazione con boicottaggi, colpi di stato, rivolte, arresto della produzione, ecc. Raggiungere il governo, allora, è qualcosa a margine della presa del potere. Sicuramente, le organizzazioni socialiste a Portorico possono parlare di partiti operai, ma le concezioni di ciò che significa sono lontane.
Costruire un Partito Socialista di quadri per la lotta
Come risultato del nostro Settimo Congresso del MST, abbiamo stabilito che la situazione politica richiede una priorità nella costruzione di una organizzazione politica socialista di quadri in grado di essere una forza nazionale e di affrontare il governo in diversi ambiti di lotta: nei sindacati, contro le burocrazie e contro i datori di lavoro. Questo partito politico deve utilizzare una vasta gamma di metodi e tattiche di lotta dentro e fuori il campo giuridico delimitato da parte dello Stato: agitazione e propaganda, organizzazione di atti di resistenza, organizzazione e gestione di organizzazioni di massa, resistenza nelle strade, scioperi settoriali, ecc. La strategia da seguire deve essere il lavoro socialista con la classe operaia, cioè aumentare la coscienza di classe dei più sensibili e schierati attraverso lotte rivendicative. L'organizzazione socialista che usa questa tattica deve scegliere i settori prioritari di lavoro e indirizzarvi la maggior parte delle risorse per costruire la forza necessaria a muoversi in spazi nuovi.
La costruzione di un partito elettorale è contraddittoria, per la quantità di risorse necessarie e per il periodo di riflusso delle lotte di massa in cui ci troviamo, con le priorità attuali del Movimento Socialista dei Lavoratori. L'affluenza alle urne non garantisce lo sviluppo della coscienza di classe, e può addirittura ritardarla se una volta al governo, ma senza il potere, rafforzi le istituzioni repressive di governo come polizia, esercito, tribunali e anche gli aspetti più repressivi delle scuole.
Questo non significa che il MST scompare durante l'anno delle elezioni, ma tutto il contrario. L'anno elettorale a Portorico è uno dei momenti adatti per lo sviluppo dei processi di massa. Circa un milione di persone si sono astenute dal voto alle elezioni, indipendentemente dalle ragioni specifiche, i socialisti possono sfruttare le persone che sono al di fuori dei pregiudizi dei partiti politici o che, almeno, hanno rotto l'egemonia partito nella loro psiche. In assenza di alternative per la classe operaia in queste elezioni, il ruolo dei socialisti deve essere quello di politicizzare l'astensione. Le campagne astensioniste dovrebbero essere rivolte a rafforzare ciò che molte persone a Portorico hanno già capito: la soluzione ai nostri problemi non sta nelle elezioni.
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