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La beneficenza

 

 

1 aprile 2011 - Ciro Bianchi Ross www.granma.cu

 

Sono sicuro che pochi di quelli che oggi passano di fronte all'Ospedale “Hermanos Ameijeiras” o usano i suoi servizi sanno che, nello stesso luogo, sorgeva la “Casa di Beneficenza e Maternità”, che dava asilo ai bambini senza famiglia.
La donna che, per ragioni economiche o per il disonore di aver commesso un “errore”, si vedeva impossibilitata ad occuparsi del figlio, poteva consegnarlo all’istituzione benefica, senza dover mostrare il volto o rivelare la sua identità.

Nella facciata laterale dell'edificio, che dava sulla Calzada di Belascoaín, c’era la ruota.
Si collocava il neonato all’interno e questa girava fino far suonare una campanella. Il bambino abbandonato era ricevuto, dall’altro lato, da una monaca dell’ordine “Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli”, congregazione che si occupava quell’istituzione semiprivata, che trattava di supplire all'incuria ufficiale nel suo intento di redimere mali che lo Stato non sopprimeva né risolveva.

Il mio amico poeta Norberto Codina, nato Caracas ed avanero per amore e vocazione, nel suo ultimo libro “Caligrafía rápida”, nel quale racchiude L'Avana “tra memoria e sensazioni”, racconta che durante l’infanzia «la curiosità, a volte, mi faceva fermare vicino alla cancellata della Beneficenza, per contemplare, in un dialogo muto, i miei coetanei che, dall'altro lato, guardavano il via vai della strada con tristezza. Non so se ero suggestionato dalla loro condizione di orfani ed abbandonati, ma questo è il ricordo che mi sovviene ogni volta che passo all'altezza di San Lazzaro e Belascoaín».

Io, che da bambino, come Codina, sono andato molte volte al parco Maceo e che forse, in alcune occasioni, ho fatto colazione al caffè “Vista Alegre”, non mi sono mai fermato a guardare al di là dei muri della Beneficenza. Era un terreno, mi sembra, abbastanza chiuso, e, nonostante l’amabile prato, avevo paura dell’edificio, che schiacciava per la sua severità. Ricordo che, prima del 1959, nelle manifestazioni studentesche del 28gennaio al Parque Central e nelle grandi manifestazioni popolari agli inizi della Rivoluzione, le bambine ed i bambini della beneficenza, con la loro enorme bandiera cubana, erano sempre presenti nelle sfilate Due di questi bambini, solo maschietti, ogni sabato “cantavano” il sorteggio della lotteria nazionale, trasmesso via radio. Giravano il cestello dal quale uscivano le palline: una con il numero del fortunato biglietto, e l'altra con l’importo del premio. Uno dei due bambini, come un ritornello, diceva ad esempio 62.662, e l'altro: cento pesos, fino a quando arrivava il “premio forte” e s’invitava il pubblico ad esaminare la pallina.

Aprile era il mese della beneficenza. Ogni anno, nell’occasione, numerose ragazze giravano per la strada, con un salvadanaio di latta, per raccogliere il contributo dei cittadini. La raccolta aveva il suo slogan: «Con quello che vi avanza potete fare felice un bambino», motto che, nella mia memoria, si allaccia a quello della Fondazione dei Ciechi Varona Suçarez «Aprite i vostri cuori a questi occhi chiusi»
Le bambine della Beneficenza indossavano uniformi bianche con foulard nero. Quando andavano per strada portavano anche un berretto bianco. Il modello di scarpe, a quei tempi, veniva chiamato alla “collegiale”. Non ricordo l'uniforme dei maschietti. Tutti, bambini e bambine, avevano un solo cognome: Valdés.
 


LA CASA CULLA
 


La Casa di Beneficenza e Maternità non ha avuto sempre lo stesso nome, né è stata sempre allo stesso posto. C’erano, in precedenza, una Casa Culla, una Casa Maternità ed una Casa di Beneficenza. Quando le ultime due si fusero, l'istituzione cominciò a chiamarsi Casa di Beneficenza e Maternità. Molti seguirono, però, a chiamarla Casa Culla o, semplicemente, La Beneficenza.

L’antecedente più remoto si deve ricercare nella Casa Culla che, nel 1687 o 88, il vescovo Diego Evelino di Compostela fondò a sue spese. Quando morì nel 1704, l'edificazione dell’istituto non era ancora conclusa e all'istituzione mancarono i mezzi proseguire l’opera.
Il suo successore, fra Gerónimo Valdés, riprese l'idea di Compostela e stabilì la Casa Culla in un edificio che costruì all'angolo delle strade Oficios e Muralla. Nemmeno questa ebbe lunga vita. L'abbandono del governo coloniale e l'amministrazione inefficiente, trasformarono l’istituzione, che arrivò ad ospitare 200 orfani, in quello che qualcuno
definì un sepolcro di trovatelli.

Un’aristocratica avanera, Antonia María Menocal, lasciò alla sua morte, nel1830, una cospicua eredità, con l'indicazione che fosse utilizzata per opere di carità. L’esecutore testamentario decise di destinarla alla creazione di una Casa Maternità. Avrebbe contato di due reparti, «uno per dare rifugio a quelle partorienti che desiderano difendere l’onore perso, e l'altro per l’alloggio e l’educazione dei bambini fino all'età di sei anni».
L'amministrazione coloniale assecondò l’iniziativa, cedendo alla nascente istituzione l'antico ospizio di Sant’Isidoro, non senza l'opposizione dei frati che lo occupavano. Nel 1831, la Casa Maternità già aveva un edificio proprio, in Paseo del Prado.

Da molto prima esisteva la Casa di Beneficenza, nei terreni di fronte alla cala di San Lázaro, zona nota allora come il Giardino di Betancourt. La creazione fu iniziativa di un gruppo d’illustri avaneri, trai quali figuravano Luis de Peñalver, vescovo di New Orleans, la contessa de Jaruco ed i marchesi de Peñalver y de Cárdenas. L’istituzione fu appoggiata dal capitano generale don Luis de las Casas e avrebbe ammesso solo bambine. Fu inaugurata nel 1794 con 34 orfanelle.

La Beneficenza, tra alti e bassi, cominciò il suo compito umanitario. La situazione finanziaria era sempre difficile ed a volte angosciosa. Verso il 1824 si avvicinò alla crisi, ma il capitano generale Francisco Dionisio Vives la tirò fuori dalle difficoltà, disponendo, a suo beneficio, una tassa sui biglietti della lotteria ed un’altra sui combattimenti dei galli che avevano luogo nello steccato che lo stesso governatore manteneva nei fossati del Castillo de la Fuerza.

Una disgrazia, allo stesso modo, venne in aiuto della beneficenza. Un incendio aveva distrutto le capanne del rione Jesús María. Vives, d’accordo con il conte di Villanueva, intendente generale alle Finanze della colonia, dispose che la Casa comprasse quegli spogli terreni demaniali al prezzo di 4.097 pesos. Con l’opera dei lavoratori forzati del penitenziario si costruirono terrapieni nella zona litoranea e si aprí un nuovo Corso, che portava il nome di Vives. L'area si rivalutò rapidamente e la Casa di Beneficenza poté vendere i suoi terreni con un guadagno di quasi 40 000 pesi.

Vives, inoltre, costruì la cappella della Beneficenza ed ampliò i suoi locali a fine di accogliere anche i maschietti. Nel 1852 la Casa di Beneficenza e la Maternità si fusero in una sola istituzione.
 


VALDÉS
 


I trovatelli raccolti nella prima Casa Culla non avevano cognome, così fra Gerónimo Valdés decise di dargli il suo, gesto nobile ed originale di questo vescovo che tanto fece per la salute e l'educazione nell'Isola. Oltre all’impegno per i bambini abbandonati, si sommano quello per l’istituzione dell'ospedale per i lebbrosi, per il buon funzionamento dei collegi di Sant’Ambrosio (maschile) e di San Francisco di Sales (femminile), fondati dal suo predecessore Compostela. Valdés, a Santiago di Cuba, fondò il seminario di San Basilio, e fu persistente ed energico nella sua idea di creare l'Università dell'Avana, che portava il suo nome, che non riuscì a vedere perché morì un anno prima della sua apertura.

Ai trovatelli che entravano nella beneficenza veniva dato il cognome Valdés. Ricevevano educazione ed erano preparati ad un professione. I più dotati intellettualmente erano aiutati se volevano fare studi superiori. Un bambino della Casa, Juan Bautista Valdés, diventò medico e direttore dell'istituzione. Il poeta Gabriel de la Concepción Valdés, diventato famoso con lo pseudonimo Placido, era anche lui un trovatello.
 


LA FINE
 


La Beneficenza arrivò a disporre di una sostanziosa fortuna. Non era raro ascoltare l'affermazione che i bimbi della Beneficenza erano ricchi. Lo erano, certamente, ma non gli toccava. Per molto tempo fu amministrata dalla Società Economica degli Amici del Paese ed una Giunta di Patroni ne reggeva le sorti. Si sostentava, soprattutto, sugli aiuti di un gruppo di filantropi e sulle raccolte pubbliche. Il presidente Menocal, nel 1914, la convertì in un'istituzione statale, dotandola di un finanziamento senza che si rinunziasse perciò alle donazioni e alle popolari. Alla Beneficenza, però, non sempre le cose andavano bene e risultava deplorevole il fatto che governi che dissipavano e malversavano milioni di pesos, confidassero nella carità e non prestarono maggiore attenzione ad un’istituzione del genere. Anche così non si può ignorare l'infinita bontà dei suoi propositi. Negli anni 50 circa 150 bambini entravano alla Beneficenza tutti gli anni.

Nel secolo XIX la cala di San Lázaro, di fronte a cui si costruì la Beneficenza, era un luogo appartato e quasi bucolico. Dove ora c’è il parco Maceo, era istallata la cosiddetta batteria dei cannoni della Regina. Nella Calzada di Belascoaín, al lato dell'edificio, c’era la Plaza de Toros dell'Avana. In tempi più recenti il frontone della pelota basca.

La città crebbe e mise le mani sulla beneficenza. Alla fine degli anni ‘50, il governo di Batista comprò l'edificio: sarebbe stato demolito per lasciare spazio alla nuova sede del Banco Nazionale. C’era bisogno di un nuovo posto per i trovatelli. Trionfò la Rivoluzione e si decise d’alloggiarli in quello che era stato l'Istituto Civico Militare, a Ceiba del Agua: un luogo spazioso, salubre ed appropriato allo sviluppo dell'infanzia ed al divertimento. La nuova struttura venne chiamata “Hogar Granma”.

La vita si trasformava a Cuba. La maternità senza la celebrazione del matrimonio non era più disonorevole e le donne, padrone delle loro viti e destini, potevano prestare attenzione ai suoi figli, incluse le ragazze madri. Bastavano quindi poche case per accogliere i bambini senza famiglia. Ignoro, personalmente, cosa successe all’Hogar Granma, né come né quando chiuse i battenti. L'edificio della Beneficenza fu demolito e si cominciò la costruzione della banca. Un giorno, quando era già stato costruito l’immenso caveau per proteggere le ricchezze della nazione, l’opera si fermò e su quanto già costruito per la banca si edificò l'ospedale Ameijeiras.