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A 50 anni dalle ‘Parole agli Intellettuali’


Una vita migliore nell’

ordine culturale

 

 

30 giugno 2011 - Pedro de la Hoz www.granma.cu

 

Appena due mesi dopo la vittoria contro l’invasione di Playa Girón, e quando a Washington e Miami si ordivano nuovi e temibili piani per far cadere la Rivoluzione cubana, Fidel, il 30 giugno del 1961, partecipò all’incontro di un gruppo di scrittori e di artisti nella Biblioteca Nazionale José Martí, la terza e ultima di una serie di riunioni nelle quali si discussero questioni molto importanti relazionate con il tema della cultura nel paese.

 

L’esposizione di Fidel, conosciuta come ‘Parole agli Intellettuali’, si può considerare, per i suoi concetti meridiani e la sua portata in prospettiva, come una pietra miliare della politica culturale della Rivoluzione.

 

Da allora e per evidenti ragioni, costituisce un documento rivelatore di come l’avanguardia politica che aveva conquistato il potere con le armi, due anni prima, e che affrontava nel piano militare e ideologico acuti conflitti, mentre si proponeva di trasformare radicalmente la trama economica e sociale della nazione, doveva accrescere le relazioni con gli scrittori e gli artisti, garantendo rispettando e promuovendo la libertà creatrice al principio.

 

Attorno a questa dichiarazione di principi aperta, inclusiva ed antidogmatica che allontanò i timori che dall’istituzionalità rivoluzionaria di dettassero norme, s’imponessero criteri estetici, si stabilissero e si dettassero anatemi su nomi e opere, si possono incontrare abbondanti riferimenti e interpretazioni.

 

Niente, senza dubbio, smette d’essere complesso o contraddittorio, perchè tutte le formule politiche transitano nella loro applicazione pratica attraverso le perdite umane.

 

A volte pesano le congiunture storiche determinate ed è possibile anche fare una sintesi di disgraziati, ma momentanei e puntuali passi indietro nell’applicazione della politica.

 

Ma nessuno con onestà e attaccamento alla verità potrà smentire la giustezza e la vigenza di quella politica.

 

Uno dei protagonisti di quelle giornate, Roberto Fernández Retamar, dalla lucidità del suo pensiero intellettuale e dal prestigio della sua opera, ha toccato il tema con i seguenti argomenti: "Là Fidel disse parole che sono divenute famose, come: ‘Dentro la Rivoluzione, tutto; contro la Rivoluzione niente’. Non come è stato detto malignamente: ‘Fuori dalla Rivoluzione, ma Contro la Rivoluzione’. Questo vuol dire che esiste un amplissimo campo di lavoro per gli scrittori e gli artisti e vuol dire anche che la critica fatta dentro la Rivoluzione è valida. Quando un rivoluzionario critica aspetti della Rivoluzione che considera negativi, non sta contro la Rivoluzione (... ) Una volta fatta potere la Rivoluzione, l’intellettuale rivoluzionario, oltre a partecipare alle mille azioni di creazione, ha non solo il diritto, ma il dovere di segnalare gli aspetti che considera negativi nella Rivoluzione, per rafforzarla e non indebolirla”.

 

Cinquant’anni dopo è utile ripassare altri momenti delle parole di Fidel.

 

A volte non si considera a sufficienza come, dopo aver delucidato la relazione tra il potere rivoluzionario e il movimento artistico e intellettuale, il Comandante in Capo parlò della necessità d’intraprendere anche una profonda e radicale rivoluzione nel campo della cultura, che già si stava operando in quei momenti.

 

Basta ricordare l’esempio più grande di cui si commemora il cinquantenario quest’anno: la Campagna di Alfabetizzazione.

 

Altra testimone d’eccezione dell’incontro del giugno del 1961, la dottoressa Graziella Pogolotti, in un’intervista concessa a chi scrive, sintetizzò con le seguenti parole quello che rappresenta in termini attuali quel momento di gestazione.

 

“C’è stato un processo di decantazione e di recupero dei valori culturali. Prima di tutto sono stati riscattati in tutti gli ambiti i valori patrimoniali, rivendicati mediante la pubblicazione di autori; il lavoro dei musei, la promozione della musica. Si tratta di una politica per fomentare abiti culturali nella popolazione, partendo delle case editrici, dalla fondazione del ICAIC (... ) Non dimentichiamo la creazione di riviste con un peso considerevole, come quella della Casa de las Américas, negli anni sessanta, istituzione che ha segnato il passo nella nostra relazione con il continente. Insomma, si è ampliato il pubblico lettore, consumatore di buon cinema e di distinte manifestazioni artistiche. Non è stato uno sviluppo uguale, perchè sono intervenuti molti fattori. Non possiamo nemmeno dimenticare la rete d’istituzioni d’insegnamento artistico, cosa inimmaginabile della tappa pre rivoluzionaria. Sono questi fatti incontestabili e assoluti, come la formazione degli istruttori d’arte, la promozione nazionale e internazionale della nostra produzione artistica a letteraria, l’appoggio istituzionale alla creazione: in una parola la democratizzazione della vita culturale del paese”.

 

Coscienti che si tratta di un’opera mai conclusa e imperfetta e che al momento i desideri superano le realtà, ci serviranno sempre come stimolo le parole di Fidel, quando disse: "... uno dei propositi fondamentali della Rivoluzione è sviluppare l’arte e la cultura precisamente perchè l’arte e la cultura giungano ad essere un reale patrimonio del popolo.

 

E come abbiamo desiderato per il popolo un vita migliore, anche in tutti gli ordini spirituali, e ugualmente la Rivoluzione si preoccupa per lo sviluppo delle condizioni e delle forze che permettono al popolo la soddisfazione di tutte le sue necessità materiali, noi desideriamo sviluppare anche le condizioni che permettono al popolo la soddisfazione di tutte le sue necessità culturali.