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QUESTA È LA STORIA DELLA FAMOSA

CASA VERDE DELL'AVANA

CHE SI TROVA IN 5ª AVENIDA ALL’USCITA DEL TUNNEL DEL MALECON

 

9 febbraio 2011 - www.granma.cu

 

E' la traduzione dell’articolo scritto da Ciro Bianchi Ross, esperto giornalista del quotidiano Juventud Rebelde, che ci racconta la storia di questa bellissima ed emblematica dimora.


“[…] Luisa Catalina Rodríguez Faxas, nata a Barcellona, Spagna, il 25 novembre 1922, nazionalizzata cubana, fu l'ultima proprietaria della casa verde o delle tegole verdi; chiamata anche casa Palmolive, non perché c’entrasse qualcosa con quella marca di saponette, bensì per il colore verde tenue della sua facciata che giocava con il verde bottiglia del tetto e che, all'entrata della Quinta Avenida di Miramar, ha negli anni richiamato l'attenzione per il suo accentuato ed inarrestabile deterioramento. Rimasta sola e senza soldi, per Luisa risultò impossibile occuparsi della manutenzione della casa. Le prime tegole verdi che si staccarono provocarono il deterioramento graduale del legname del soffitto che, per la sistematica infiltrazione dell'acqua, iniziò a sprofondare. L'umidità s’incaricò di danneggiare considerevolmente l'interno della dimora. Le autorità dell'Avana, per poter effettuare il restauro, le proposero di cambiare casa. Luisa visitò numerose abitazioni di Miramar e del Vedado, nei pressi del fiume, ma non ne trovò nemmeno una che potesse soddisfare tutte le sue esigenze. In realtà, non volle mai andarsene. Si diceva che si rifiutava di farlo perché in un cavità aperta nella cantina, o in un spazio dissimulato da una parete di cartongesso, la sua famiglia aveva nascosto un tesoro di cui era padrona e che poteva recuperare al momento opportuno. Per quanto si sa, non è mai esistito, ma quella fortuna nascosta è una delle tante leggende che girano intorno a questa dimora costruita con mattoni, calcestruzzo e tegole canadesi, su tre piani, con garage per quattro automobili e porticato nella parte frontale e sui lati. Con finestre mansardate e torretta a forma di cono. Una casa che, per il suo stile, si dice sia unica a Cuba e che, dopo un diligente restauro realizzato dagli specialisti dell'Ufficio dello Storico della Città, ha aperto le sue porte in veste di centro promotore dell'architettura moderna e contemporanea, dell'urbanistica e del design d’interni.


Versione di versioni. Si racconta inoltre che la casa fu costruita da José López Rodríguez, Pote, e che quel ricco banchiere e commerciante di zucchero si sia qui suicidato. Entrambe le affermazioni non sono vere. La dimora fu edificata nel 1926, cinque anni dopo la morte di Pote, che si tolse la vita impiccandosi al tubo della doccia nella residenza che si era fatto costruire nel luogo in cui i suoi figli avrebbero successivamente fabbricato l'edificio López Serrano. Quando risultò impossibile continuare ad aggiudicare a Pote la villa di Quinta Avenida, incrocio con 2, la leggenda popolare l'attribuì a Carlos Miguel de Céspedes (il Dinamico). L'astuto ed efficiente funzionario machadista l'avrebbe costruita per la sua amante Esmeralda. Si diceva infatti che lui, già sposato, poteva così vederla da Villa Miramar, la casa dove si trova il ristorante 1830, dalla parte opposta della foce dell'Almendares. […] La casa verde, opera dell'architetto José Luis Echarte, fu in realtà commissionata, per viverci con sua moglie, da Armando de Armas, Cocó, che fu maggiordomo di Palazzo durante i due periodi presidenziali del generale Mario García Menocal. […] Cocó de Armas e la sua famiglia vi abitarono fino al 1943, quando fu acquistata per sessantamila pesos dall’agenzia immobiliare Jarpe S.A. che, a sua volta, nel novembre dello stesso anno, la vendette alla Signorina Luisa Rodríguez Faxas, "di anni 20, nubile, emancipata per concessione materna e residente nel Vedado, calle F numero 558, piano alto, per cinquanta mila pesos", come risulta dall’atto di compravendita.”


Ciro Bianchi Ross ci racconta che Luisa era una donna bellissima con un corpo scultoreo. “Apparteneva ai club dell'alta società e frequentava le famiglie più benestanti della capitale. Si sposò con lo scrittore ed avvocato Mario Cabrera Saqui. […] Da quell'unione nacquero Mario Andrés, Ricardo e Regina. La sua grande passione erano i cani. Ebbe un coppia di pastori tedeschi perfettamente addestrati, Brent e Bruma, due bellezze; tre, contando pure lei che, al volante della sua automobile decappottabile, percorreva la città con i due animali sul sedile posteriore. Nel novembre del 1959, Luisa, Mario ed i figli si recarono negli Stati Uniti per trascorrere le vacanze nella loro casa di Miami. Lo stesso giorno dell'arrivo in Florida, Mario, quarantasettenne, morì per un repentino infarto cardiaco. Luisa, disperata, lasciò i bambini alle cure di una zia paterna e ritornò all’Avana con la salma. Voleva intestare a proprio nome le proprietà del marito, andare negli USA per riprendere i ragazzi e ritornare a Cuba. Non ebbe la possibilità di farlo. L'atteggiamento di Washington nei confronti dell’Avana divenne sempre più infuocato e le relazioni tra i due paesi s’aggravarono fino ad interrompersi. Viaggiare divenne sempre più difficile e furono ostacolate le comunicazioni postali e telefoniche. Luisa non riuscì più a riunirsi con i suoi figli. Uno dei pochi amici che le rimasero fu il suo oculista, il dottor Pedro Hechavarría. […] Si innamorarono e si sposarono, un fatto imperdonabile per la famiglia del Nord. […] Poco dopo divorziò e ritornò a vivere sola in casa sua.


La zia Luisa. Negli anni 70 apparve nella sua vita Marisabel, a cui volle bene come ad una vera nipote. Era una giovane alta e robusta, intelligentissima, colta, amante dei libri e dei cani, sofferente di cuore, che le fece compagnia per molti anni. Grazie alle visite di altri giovani amici di Marisabel, «la zia Luisa», come la chiamavano, ebbe la possibilità di trascorrere momenti più felici, pasti migliori e perfino qualche festicciola, andare al cinema, al ristorante e nei negozi, fare dei viaggi all'interno del paese… S’iscrisse alla scuola di lingue del Vedado, dove si diplomò in russo - dominava perfettamente l'inglese - mentre Marisabel terminò gli studi di francese. La spaziosa cucina si trasformò in cenacolo, dove i più assidui imparavano le buone abitudini di Luisa ed ampliavano la loro cultura grazie alle conversazioni, i film ed i libri che condividevano. I giovani s’adattarono ai suoi orari, perché nella casa verde ci si svegliava a mezzogiorno e si faceva colazione intorno alle due o alle tre del pomeriggio. […] Luisa coltivava violette africane e mostrava una particolare predilezione per i bonsai. La provvista d’acqua era vitale ed erano necessarie molte ore. La pompa dell’acqua era sempre rotta e se ne consumava molta per la pulizia e per lavare. Un altro compito da maratoneta era l'acquisto di carne per i cani, che richiedeva code ed ancora code, perché non era mai sufficiente. Il freezer era solo per immagazzinare quella carne che Luisa bolliva giornalmente, inondando la cucina di un odore insopportabile, ma che i cani adoravano. Lì la cosa più importante erano i cani. […] Alcuni amici credevano di vedere ombre o fantasmi e lei se la rideva, perché diceva che in effetti ce n’erano. Luisa fu felice della compagnia dei «sui nipoti». Quelli delle province orientali trascorrevano nella casa verde le loro vacanze all’Avana. Alcuni se ne andavano ed altri nuovi s’incorporavano finché lei fu colpita da un tumore ai polmoni che l’11 giugno 1999 ne provocò la morte. Marisabel le sopravvisse solamente sei mesi esatti; decedette per un infarto l’11 gennaio dell'anno dopo, a 49 anni. Non avendo eredi, […] l'immobile rimase abbandonato.”