I sentieri della
rivoluzione di Fidel Castro
lui, Gianni Minà, li ha già
percorsi altre volte, come
inviato e come regista. Ma
Cuba in the age of Obama -
docufilm di scena il 7 e l'8
settembre alla prossima
Mostra del cinema di
Venezia, all'interno delle
Giornate degli autori - è e
vuole essere il coronamento
delle precedenti esperienze
e riflessioni del
giornalista. Il tutto
raccontato nella forma del
viaggio, un tour inedito
dall'Avana a Guantanamo
ascoltando soprattutto i
giovani: studenti di
medicina, d'arte, di danza.
"Per mostrare - spiega lui -
una realtà su cui
l'informazione è carente:
visto che nessuno racconta
queste cose, le faccio
vedere io".
LE IMMAGINI /
IL VIDEO
Minà, com'è nato questo
progetto?
"Sono trent'anni che
frequento Cuba, anche dopo
la fine delle ideologie:
comunismo, capitalismo... Mi
piaceva tentare di capire
dopo 50 anni come mai sia
sopravvissuta, smentendo
sempre tutti. E' ancora lì,
e soffre meno i fallimento
dell'economia globale e
neoliberale: questo perché è
un paese che ha una vita
spartana, c'è molta
solidarietà tra le gente. Da
piccolo esperto di Cuba e di
America Latina, vedo come si
sia sviluppata lì una
coscienza collettiva e
solidale: questo è il suo
segreto. Anche il
dissidente, che è più ricco,
non nega il suo aiuto".
Quale episodio che vediamo
nel film l'ha colpita
particolarmente?
"Noi giornalisti andiamo in
un Paese, prendiamo un taxi,
parliamo col tassista e
riteniamo di aver capito
tutto. Ma anch'io, una
traversata così nelle
viscere dell'isola non
l'avevo mai fatta. Mi ha
colpito che è l'unico paese
che, anche nelle zone
interne, non solo nelle
città, ha tutte le cose
fondamentali per la
sopravvivenza e per la vita:
una casa col bagno,
un'organizzazione educativa,
una sanità che funziona
benissimo. Cose che in
America Latina non hanno
tutti. Cuba ha organizzato
ponti arei per operare agli
occhi 500 mila persone che
la fame aveva fatto
ammalare: anche questo è un
modo di fare diplomazia.
Così come aver formato 10
mila medici di altri Paesi
dell'area".
Lei cita solo luci. E le
ombre?
"Il partito, che è presente
ovunque. A me che ho avuto
la fortuna di non aver
frequentato partiti in
Italia, e infatti da anni
sono epurato in Rai, la cosa
mi sorprende negativamente".
C'è poi la questione dei
diritti umani violati.
"In Colombia hanno scoperto
una fossa comune con duemila
cadaveri. Ma lì il
presidente non è stato
citato al Tribunale dell'Aja.
E in Messico, con i tanti
omicidi e il narcotraffico?
Ma di cosa stiamo parlando?
Gli ultimi dissidenti a Cuba
li hanno liberati quest'anno
mandandoli con tutte le
famiglie in Spagna. Ma loro
vogliono tornare. Certo, a
volte anche la risposta
cubana, con la sindrome
dell'assedio, è troppo dura:
comincino gli Usa a non
rompere tanto le scatole, e
andrà meglio".
La parola Obama nel titolo
non è casuale...
"Come tutte le persone
sinceramente democratiche,
so che se non si otterrà da
lui, un cambio delle
relazioni non lo avremo per
chissà quanto tempo. Per ora
c'è poca roba: giusto aprire
un pochino ai viaggi a Cuba.
E poi qualche giorno fa c'è
stato un passo indietro:
Cuba è stata inserita
nell'elenco degli Stati
canaglia, promotori del
terrorismo. Oltre al danno
una beffa: basta pensare che
le vittime cubane di
attentati organizzati in
Florida, e messi in atto
sull'isola, sono state
tremila...". Il giudizio, a
breve, spetterà ai cinefili
veneziani.