Un ampio
reportage pubblicato oggi da The
New York Times sulla situazione
sanitaria in Haiti riconosce che
l'intervento di Cuba è stato
fondamentale per individuare i
primi casi di colera, ed
essenziale per il trattamento
dell'epidemia, che in 17 mesi ha
ucciso più di 7050 haitiani e
infettati più di 531000.
Il giornale afferma che
dall'inizio dell'epidemia, solo
la Brigata Medica Cubana e
Medici Senza Frontiere,
auto-finanziati, "gestivano la
stragrande maggioranza dei
casi".
“All’inizio ci
sentivamo abbastanza soli”, ha
dichiarato al quotidiano
nordamericano Yann Libessart,
portavoce di Medici Senza
Frontiere. “Era una situazione
paradossale. Tutto il mondo era
ad Haiti. Nonostante ci fosse la
maggior densità di attori
umanitari del mondo, noi e i
cubani abbiamo trattato l’80%
dei malati di colera”.
Il giornale ha assicurato che il
trattamento offerto dai cubani,
che includeva antibiotici
consegnati gratuitamente ai
pazienti, ha evitato la morte di
migliaia di haitiani.
"Autorità sanitarie del mondo,
preoccupati per il costo e la
resistenza ai farmaci, in
principio erano contro
l'applicazione degli antibiotici
e hanno detto che dovevano
essere riservati ai casi più
gravi".
La presenza, durante 13 anni,
della collaborazione sanitaria
in Haiti è uno di quegli
sforzi vittime del silenzio e
della censura dei media,
arbitraria e premeditata. I
media informativi internazionali
hanno ignorato, per anni, gli
sforzi e la solidarietà del
nostro paese.
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