17.05 - Repsol
ha iniziato azioni legali appoggiata dal Diritto
Internazionale affinché si condanni l’Argentina alla
riparazione integrale dei danni per l’espropriazione
della sua filiale YPF, ha annunciato questo martedì
l’industria petrolifera.
L’industria petrolifera considera che l’Argentina ha
violato diverse regole del Trattato di Promozione e
Protezione di Investimenti, tra queste l’obbligo di non
nazionalizzare od espropriare gli investimenti di
Repsol.
Repsol
ha sottolineato che l’espropriazione dei suoi
investimenti è “illecita” e non è stata accompagnata da
nessuna delle garanzie reclamate da questo Trattato, “né
tanto almeno da quella che contempla il pagamento di
un’indennità adeguata e senza esitazione a qualunque
misura di espropriazione.”
La
compagnia spagnola ha notificato alla presidentessa
dell’Argentina, Cristina Fernandez, la dichiarazione di
esistenza di controversia sotto il Trattato di
Promozione e Protezione di Investimenti che dovrà
dirimersi in un arbitraggio internazionale davanti al
Centro Internazionale di Aggiustamento di Differenze
Relative ad Investimenti della Banca Mondiale (CIADI).
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All’alba di questo giovedì,
i senatori argentini hanno dato uno
schiacciante appoggio alla proposta
governativa di nazionalizzare il 51%
delle azioni dell’industria
petrolifera YPF, nelle mani della
spagnola Repsol.
Il progetto passerà ora alla discussione
della Camera dei Deputati che si
pensa lo trasformi in legge la
prossima settimana.
La proposta di mettere sotto
controllo statale YPF, la maggiore
industria petrolifera argentina, ha
avuto l’appoggio maggioritario del
governo e dell’opposizione, ed ha
ottenuto il voto positivo di 63
senatori, mentre solo tre votarono
contro e quattro si sono astenuti.
L’espropriazione di YPF, una
decisione della presidentessa
Cristina Fernandez per fare fronte
alla diminuzione della produzione di
greggio e di gas dell’Argentina, di
cui il Governo responsabilizza la
ditta spagnola, ha aperto una crisi
diplomatica tra Buenos Aires e
Madrid.
In un’estesa sessione che è
terminata con la media approvazione
del Senato al progetto della
Fernandez, legislatori che 13 anni
fa hanno approvato la vendita delle
azioni dell’industria petrolifera
argentina a Repsol espressero il
loro pentimento.
“La privatizzazione di YPF è
stato uno dei grandi errori di
un’epoca, di un tempo storico. Il
modello di Repsol è stato altamente
depredatore”, ha detto il leader del
blocco filo-governativo nel Senato,
Miguel Pichetto, prima di votare.
YPF, la maggiore impresa
argentina, è stata statale per 70
anni fino alla sua privatizzazione
parziale nel 1992. Nel 1999 Repsol è
entrata nella ditta comprando la
maggioranza delle sue azioni. |
La
decisione di nazionalizzare il petrolio presa dalla
presidentessa Cristina Fernandez di Kirchner è un passo
trascendentale nella conquista della seconda
indipendenza dell’Argentina e di tutta l’America Latina.
L’idrocarburo è stato controllato dallo Stato dal primo
governo di Hipolito Irigoyen fino alla sua
privatizzazione, da parte dell’ultra-neoliberale Carlos
Menem (1992).
Il decreto inviato al Congresso da Cristina, la cui
approvazione conterà con importanti voti oppositori,
espropria quasi la totalità delle azioni della
nominalmente spagnola Repsol in Giacimenti Petroliferi
Fiscali(YPF) - il 51% -, dichiara di “interesse pubblico”
il risultato “dell’auto-fornitura della produzione di
idrocarburi ed anche i compiti “di sfruttamento,
industrializzazione, trasporto e commercializzazione.”
Colloca legalmente la parola fine alla supremazia del
capitale su una risorsa il cui carattere finito, di
sicurezza nazionale ed obietto di smisurata
speculazione, come la sua condizione di leva dello
sviluppo, esige come nessuno di rimanere sotto il totale
controllo dello Stato. YPF, fondata nel 1922 dal
leggendario generale Enrique Mosconi, che è stato suo
architetto e direttore per otto anni, è stata un’entità
pubblica per la quale gli argentini provarono sempre un
enorme orgoglio, non solo per la sua fornitura al
mercato nazionale, ma anche per la sua ostensibile
contribuzione allo sviluppo economico e sociale e per la
sua condizione di simbolo della sovranità.
Conviene ricordare che le imprese d’origine spagnola
hanno goduto di pieni poteri in America Latina durante
le decadi neoliberali mediante contratti corrotti con
funzionariucoli dei governi che apertamente, o
segretamente, hanno consegnato i beni pubblici e le
risorse naturali alle voracità straniere. Alcune hanno
comprato facendo degli affaroni per rapidamente
convertirsi in smaglianti multinazionali, come è il caso
di Repsol che deve la sua trasformazione in grande
industria al saccheggio dell’Argentina, o delle banche
BBV o Santander, da cui dipendono gli utili delle sue
filiali nella regione.
Il governo argentino responsabilizza Repsol con la
caduta del 54% e del 97% rispettivamente della
produzione del greggio e del gas tra il 1998 ed il 2011,
come risultato della sua politica di sfruttamento
massimo dei pozzi già esistenti, quando si privatizzò
YPF. Repsol-YPF quasi non ha investito in tutto questo
tempo nell’esplorazione e nello sviluppo di nuovi
giacimenti ed infrastrutture, perché tanto trasmetteva
alla sua casa madre il grosso dei benefici (13426
milioni di dollari) e seguiva un’arbitraria politica di
prezzi, altamente lesiva per l’economia argentina.
Rimproverata da Buenos Aires anteriormente, la goccia
che ha fatto traboccare il vaso è stato il quantitativo
di combustibili che il paese australe si vide obbligato
ad importare nel 2011, per un valore di 9397 milioni di
dollari, una grave minaccia per la sua bilancia
commerciale. Con l’alta crescita del PIL, che ha
resistito nove anni e mezzo alla profonda crisi
energetica e dell’economia capitalista mondiale, per
l’Argentina è indispensabile assicurare l’auto-fornitura
e perfino l’esportazione di combustibile, come argomenta
il decreto. Cristina ha segnalato che la misura fa parte
dell’integrazione e sicurezza energetica sud-americana
che si riafferma, disse, con l’entrata del Venezuela al Mercosur.
L’iniziativa ha preveduto lo stimolo
dell’investimento straniero privato nel settore
energetico e le alleanze con ditte pubbliche d’altri
paesi. È completamente falso che scaccerà dall’Argentina
gli investitori, come affermano i neoliberali. Esiste un
enorme interesse del capitale internazionale per
associarsi col paese di Rio de la Plata, le cui riserve
di greggio non tradizionale si calcolano in 116 milioni
di barili.
L’Argentina ha detto che pagherà Repsol secondo le
sue leggi, ma la multinazionale esige una quantità
smisurata che Buenos Aires ha già respinto. Il governo
di Rajoy, in un sorpassato atteggiamento colonialista
non ha cessato di lanciare minacce contro la Casa
Rosada. Invece di fare qualcosa per migliorare la
drammatica situazione degli spagnoli, che cominciano ad
emigrare in Argentina, Rajoy continua affondando la
Spagna in un’insondabile catastrofe sociale. Ma questo
sì, difende un’industria riconosciuta come evasore
fiscale in Spagna con una maggioranza di capitale non
spagnolo, che non da nessun beneficio agli abitanti del
regno. Mentre Brasile, Venezuela, Uruguay e Bolivia
hanno espresso la loro solidarietà con l’Argentina -come
lo faranno altri governi ed i popoli della Nostra
America – Washington si unisce alle destre
ispano-americane nella difesa di Repsol. Perché sarà?
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Il Governo dell’Argentina
ha proposto l’espropriazione del 51% dei Giacimenti
Petroliferi Fiscali (YPF acronimo in spagnolo) con il
fine di garantirne il funzionamento e svilupparne gli
introiti ed ha inoltre dichiarato di interesse pubblico
l’autoapprovvigionamento di combustibile.
L’impresa YPF continuerà
operando come una società anonima aperta.
Il Potere Esecutivo
Nazionale ha informato d’aver inviato al Congresso un
progetto per dichiarare d’interesse pubblico nazionale
lo sfruttamento degli idrocarburi con l’obiettivo di
raggiungere in materia l’autoapprovvigionamento.
Tra gli articoli del
progetto si stabilisce la necessità di garantire lo
sviluppo economico, e la crescita “equa e sostenibile
delle province”.
Nel progetto, letto
all’inizio dell’assemblea capeggiata dalla presidentessa
Cristina Fernández, si stabilisce che il Potere
Esecutivo “arbitrerà le misure all’entrata in vigore del
documento con la partecipazione dei governi provinciali
ed il capitale pubblico e privato nazionale ed
internazionale”.
Dal Salone delle Donne del
Bicentenario, nella Casa Rosada (sede del Governo), la
presidentessa dell’Argentina, aveva spiegato che i 19
articoli che costituiscono il testo di nazionalizzazione
dell’impresa sarebbero stati presentati al Senato della
nazione, che li ha già approvati.
Come la maggior parte
delle imprese pubbliche, la YPF è stata ristrutturata
durante il governo di Carlos Menem.
Il primo passo in questo
processo era stato il cambio del tipo di società da
Giacimenti Petroliferi Fiscali (che era una Società
dello Stato) a Società Anonima (YPF S.A.).
Nel 1993, lo Stato
conservava il 20% delle azioni e l’azione d’oro, mentre
circa il 12% apparteneva agli stati provinciali. Il
settore privato era proprietario del 46% delle azioni,
composto da banche e fondi di investimento di diversi
paesi.
Nel 1998, il settore
privato possedeva quasi il 75% delle azioni, anche se lo
Stato conservava l’azione d’oro. Poi era stata
perfezionata la privatizzazione vendendo l’ultimo 24,7%
di azioni statali e provinciali alla società spagnola
Repsol nel 1999, per un valore di 15.169 milioni di
dollari.
La Repsol aveva comprato
nello stesso anno il restante 73% delle azioni che
appartenevano al settore privato.
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