Nuestra America - Argentina

 

Senato argentino dice sì alla

nazionalizzazione di YPF

 

 

26 aprile 2012 - www.cubadebate.cu

 

 

17.05 - Repsol ha iniziato azioni legali appoggiata dal Diritto Internazionale affinché si condanni l’Argentina alla riparazione integrale dei danni per l’espropriazione della sua filiale YPF, ha annunciato questo martedì l’industria petrolifera.

L’industria petrolifera considera che l’Argentina ha violato diverse regole del Trattato di Promozione e Protezione di Investimenti, tra queste l’obbligo di non nazionalizzare od espropriare gli investimenti di Repsol.

Repsol ha sottolineato che l’espropriazione dei suoi investimenti è “illecita” e non è stata accompagnata da nessuna delle garanzie reclamate da questo Trattato, “né tanto almeno da quella che contempla il pagamento di un’indennità adeguata e senza esitazione a qualunque misura di espropriazione.”

La compagnia spagnola ha notificato alla presidentessa dell’Argentina, Cristina Fernandez, la dichiarazione di esistenza di controversia sotto il Trattato di Promozione e Protezione di Investimenti che dovrà dirimersi in un arbitraggio internazionale davanti al Centro Internazionale di Aggiustamento di Differenze Relative ad Investimenti della Banca Mondiale (CIADI).

All’alba di questo giovedì, i senatori argentini hanno dato uno schiacciante appoggio alla proposta governativa di nazionalizzare il 51% delle azioni dell’industria petrolifera YPF, nelle mani della spagnola Repsol.

 

Il progetto passerà ora alla discussione della Camera dei Deputati che si pensa lo trasformi in legge la prossima settimana.

 

La proposta di mettere sotto controllo statale YPF, la maggiore industria petrolifera argentina, ha avuto l’appoggio maggioritario del governo e dell’opposizione, ed ha ottenuto il voto positivo di 63 senatori, mentre solo tre votarono contro e quattro si sono astenuti.

 

L’espropriazione di YPF, una decisione della presidentessa Cristina Fernandez per fare fronte alla diminuzione della produzione di greggio e di gas dell’Argentina, di cui il Governo responsabilizza la ditta spagnola, ha aperto una crisi diplomatica tra Buenos Aires e Madrid.

 

In un’estesa sessione che è terminata con la media approvazione del Senato al progetto della Fernandez, legislatori che 13 anni fa hanno approvato la vendita delle azioni dell’industria petrolifera argentina a Repsol espressero il loro pentimento.

 

“La privatizzazione di YPF è stato uno dei grandi errori di un’epoca, di un tempo storico. Il modello di Repsol è stato altamente depredatore”, ha detto il leader del blocco filo-governativo nel Senato, Miguel Pichetto, prima di votare.

 

YPF, la maggiore impresa argentina, è stata statale per 70 anni fino alla sua privatizzazione parziale nel 1992. Nel 1999 Repsol è entrata nella ditta comprando la maggioranza delle sue azioni.

 

Brava, Cristina!

 

 

20 aprile 2012 - articolo di Guerra Cabrera, da La Jornada da www.cubadebate.cu traduzione di Ida Garberi

 

 

La decisione di nazionalizzare il petrolio presa dalla presidentessa Cristina Fernandez di Kirchner è un passo trascendentale nella conquista della seconda indipendenza dell’Argentina e di tutta l’America Latina. L’idrocarburo è stato controllato dallo Stato dal primo governo di Hipolito Irigoyen fino alla sua privatizzazione, da parte dell’ultra-neoliberale Carlos Menem (1992).

 

Il decreto inviato al Congresso da Cristina, la cui approvazione conterà con importanti voti oppositori, espropria quasi la totalità delle azioni della nominalmente spagnola Repsol in Giacimenti Petroliferi Fiscali(YPF) - il 51% -, dichiara di “interesse pubblico” il risultato “dell’auto-fornitura della produzione di idrocarburi ed anche i compiti “di sfruttamento, industrializzazione, trasporto e commercializzazione.”

 

Colloca legalmente la parola fine alla supremazia del capitale su una risorsa il cui carattere finito, di sicurezza nazionale ed obietto di smisurata speculazione, come la sua condizione di leva dello sviluppo, esige come nessuno di rimanere sotto il totale controllo dello Stato. YPF, fondata nel 1922 dal leggendario generale Enrique Mosconi, che è stato suo architetto e direttore per otto anni, è stata un’entità pubblica per la quale gli argentini provarono sempre un enorme orgoglio, non solo per la sua fornitura al mercato nazionale, ma anche per la sua ostensibile contribuzione allo sviluppo economico e sociale e per la sua condizione di simbolo della sovranità.

 

Conviene ricordare che le imprese d’origine spagnola hanno goduto di pieni poteri in America Latina durante le decadi neoliberali mediante contratti corrotti con funzionariucoli dei governi che apertamente, o segretamente, hanno consegnato i beni pubblici e le risorse naturali alle voracità straniere. Alcune hanno comprato facendo degli affaroni per rapidamente convertirsi in smaglianti multinazionali, come è il caso di Repsol che deve la sua trasformazione in grande industria al saccheggio dell’Argentina, o delle banche BBV o Santander, da cui dipendono gli utili delle sue filiali nella regione.

 

Il governo argentino responsabilizza Repsol con la caduta del 54% e del 97% rispettivamente della produzione del greggio e del gas tra il 1998 ed il 2011, come risultato della sua politica di sfruttamento massimo dei pozzi già esistenti, quando si privatizzò YPF. Repsol-YPF quasi non ha investito in tutto questo tempo nell’esplorazione e nello sviluppo di nuovi giacimenti ed infrastrutture, perché tanto trasmetteva alla sua casa madre il grosso dei benefici (13426 milioni di dollari) e seguiva un’arbitraria politica di prezzi, altamente lesiva per l’economia argentina.

 

Rimproverata da Buenos Aires anteriormente, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il quantitativo di combustibili che il paese australe si vide obbligato ad importare nel 2011, per un valore di 9397 milioni di dollari, una grave minaccia per la sua bilancia commerciale. Con l’alta crescita del PIL, che ha resistito nove anni e mezzo alla profonda crisi energetica e dell’economia capitalista mondiale, per l’Argentina è indispensabile assicurare l’auto-fornitura e perfino l’esportazione di combustibile, come argomenta il decreto. Cristina ha segnalato che la misura fa parte dell’integrazione e sicurezza energetica sud-americana che si riafferma, disse, con l’entrata del Venezuela al Mercosur.

 

L’iniziativa ha preveduto lo stimolo dell’investimento straniero privato nel settore energetico e le alleanze con ditte pubbliche d’altri paesi. È completamente falso che scaccerà dall’Argentina gli investitori, come affermano i neoliberali. Esiste un enorme interesse del capitale internazionale per associarsi col paese di Rio de la Plata, le cui riserve di greggio non tradizionale si calcolano in 116 milioni di barili.

 

L’Argentina ha detto che pagherà Repsol secondo le sue leggi, ma la multinazionale esige una quantità smisurata che Buenos Aires ha già respinto. Il governo di Rajoy, in un sorpassato atteggiamento colonialista non ha cessato di lanciare minacce contro la Casa Rosada. Invece di fare qualcosa per migliorare la drammatica situazione degli spagnoli, che cominciano ad emigrare in Argentina, Rajoy continua affondando la Spagna in un’insondabile catastrofe sociale. Ma questo sì, difende un’industria riconosciuta come evasore fiscale in Spagna con una maggioranza di capitale non spagnolo, che non da nessun beneficio agli abitanti del regno. Mentre Brasile, Venezuela, Uruguay e Bolivia hanno espresso la loro solidarietà con l’Argentina -come lo faranno altri governi ed i popoli della Nostra America – Washington si unisce alle destre ispano-americane nella difesa di Repsol. Perché sarà?

 

 

Il governo argentino ha nazionalizzato

l’impresa petrolifera YPF
 

E l’impresa del gas della spagnola Repsol. L’approvazione del Senato

 

 

19 aprile 2012 - Telesur da www.granma.cu