Nuestra America - Guatemala |
La leggendaria "Comandante Lola" ritiene indispensabile salvare la memoria storica "Le cause del conflitto sono ancora intatte” |
02.0212 - da Rebelion.org www.resistenze.org di Giorgio Trucchi Opera Mundi
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Alba Estela Maldonado, la leggendaria “Comandante Lola”, cerca un posto appartato e all’ombra, poi si siede. Nelle sue mani rese ruvide dalla vita, regge delle copie del libro “Entre-Vistas”, recentemente pubblicato dalla Fondazione Guillermo Toriello e dal Centro “Rolando Morán”, nome di battaglia del dirigente e comandante guerrigliero guatemalteco Ricardo Ramírez de León, morto nel 1998. Parla con voce ferma e tranquilla, aprendo e chiudendo il libro che raccoglie conversazioni, saggi e interviste di Ricardo Ramírez durante la lunga fase dei Negoziati di Pace in Guatemala (1986-1996). Alba Estela guarda le sue pagine, le foto, cercando di trasmettere in ogni parola l’importanza del suo contenuto e l’importanza di conservare la memoria storica di un intero popolo. “Qui c’è la visione e l’essenza del progetto dell’URNG (Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca) nel momento del dialogo col governo, quello che ha portato alla pace in Guatemala. Con quel progetto volevamo democratizzare il paese in senso globale, includendo aspetti politici, economici, sociali e culturali”, ha dichiarato Alba Estela a Opera Mundi.
Dopo 36 anni quelle aspirazioni e convinzioni oggi acquistano un significato particolare per il popolo guatemalteco, a 15 anni dalla firma degli Accordi di Pace che misero fine a 36 anni (1960-1996) di conflitto armato interno che ha flagellato questo paese centroamericano.
L’ex dirigente guerrigliera ha vissuto di persona il genocidio del suo popolo e assicura che mantenere viva la memoria “è uno strumento fondamentale per le nuove generazioni e per il futuro del paese”. All’inizio degli anni 60, Alba Estela prese parte ad attività di resistenza e guerriglia urbana, militò in varie organizzazioni giovanili impegnate nella lotta di liberazione, essendo così costretta a entrare presto in clandestinità. Co-fondatrice e dirigente nazionale insieme a Ricardo Ramírez, dell’EGP (Esercito Guerriglieri dei Poveri), una delle quattro forze guerrigliere che nel 1982 si sarebbero unite nell’URNG, Alba Estela Maldonado visse quasi 34 anni di guerriglia, di cui 16 in montagna. Dopo la deposizione delle armi e la trasformazione dell’URNG in partito politico (1998), divenne segretaria generale di questa nuova forza politica e fu eletta deputata al Congresso durante la legislatura 2004-2008. “Furono quasi quattro decenni di guerra, dove la lotta guerrigliera seppe aggregare ampi settori di tutti gli strati sociali del paese, e seppe opporsi al genocidio sistematico della popolazione, soprattutto dei popoli indigeni”, dice Maldonado.
Genocidio Nel suo libro “L’uso del terrore - Stato e terrore in Guatemala, il sociologo Carlos Figueroa Ibarra afferma che nella seconda metà del secolo scorso il paese ha vissuto “il genocidio più grande verificatosi nell’America contemporanea”.
Ciò che è successo durante il conflitto è stato oggetto di ricerche nell’ambito del Progetto REMHI (Recupero della Memoria Storica). La presentazione della relazione finale “Guatemala: Mai più”, è stata eseguita dal vescovo Juan José Gerardi, direttore dell’ODHAG (Ufficio per i Diritti Umani dell’Arcivescovado del Guatemala).
Secondo questa ricerca, tra il 1954 e il 1996 circa 150mila guatemaltechi furono assassinati in modo extragiudiziale e 50 mila scomparvero in modo violento. Vi furono più di 600 massacri e 440 comunità maya sterminate che lasciarono un’eredità di un milione di esiliati e rifugiati, 200 mila orfani e 40 mila vedove. Ogni dieci vittime, nove erano civili disarmati, per lo più indigeni.
Nelle sue conclusioni, la relazione ha reso noto che per lo meno il 60% delle oltre 55mila violazioni dei diritti umani compiuti contro la popolazione fu responsabilità diretta dell’esercito. Due giorni dopo la presentazione di questa relazione, il 24 aprile del 1998, monsignor Gerardi fu brutalmente assassinato.
“L’URNG di fronte a tutte queste atrocità ha lottato senza posa e alla fine pretese di negoziare una pace vera sulla base del cambiamento del modello economico e politico vigente, con una reale trasformazione delle strutture dello Stato che per 36 anni fecero soltanto una cosa: una campagna contro la guerriglia e il popolo”, precisa l’ex comandante guerrigliera.
Secondo lei, senza dubbio sotto la pressione di gruppi di potere paralleli e la mancanza di volontà politica, questo sforzo è stato reso vano. “Gli accordi di pace furono un passo importante in vista di democratizzare il paese, ma l’oligarchia approfittò della pace per aprire la strada alle politiche neoliberali. Il Guatemala continua a essere dominato da violenza e povertà e le ragioni che scatenarono il conflitto sono sempre uguali”.
Resistenza
Alba Estela sembra cercare nella sua memoria i concetti più profondi per ogni parola che dice. Una vita di lotta e impegno che affonda le sue radici nell’amore per il suo popolo e nella lotta contro l’ingiustizia. Un sentimento che l’ha accompagnata in ogni momento della sua vita e che nonostante le difficoltà, le consentono di guardare al futuro con rinnovata speranza.
“Ci furono grandi progressi nella presa di coscienza delle popolazioni indigene circa la loro identità e la difesa dei loro diritti, ma i governi che si sono succeduti al potere negli ultimi 15 anni non hanno solo lasciato incompiuti ciascuno degli Accordi siglati, ma hanno approfondito un modello economico altamente anti-democratico”.
Secondo lei la forte ondata di privatizzazioni, la spoliazione di terre e la loro concentrazione in poche mani, la deregolamentazione del lavoro e la criminalizzazione della protesta sociale, così come l’uso incontrollato delle monocolture (canna da zucchero e palma africana) e l’impulso dei megaprogetti idroelettrici, minerari, petroliferi e per lo sfruttamento del legname, sono un chiaro esempio del percorso a ritroso che sta vivendo il paese con le nuove forme di dominazione.
Inoltre, gli alti indici di violenza, la penetrazione del narcotraffico e del crimine organizzato, come la militarizzazione di quasi tutto il territorio nazionale, non smettono di preoccupare le organizzazioni sociali guatemalteche. A fronte di questa situazione, l’ex comandante guerrigliera ritiene indispensabile recuperare e rendere noti gli elementi base del progetto rivoluzionario che scaturì dalla lotta armata, così come la sua proposta politica.
“Farlo è una responsabilità storica e può servire come detonatore per i settori sociali che vogliono cambiamenti fondamentali in Guatemala e che lottano contro questi nuovi modelli di sfruttamento. Lo stiamo già vivendo con le lotte che il popolo ha ingaggiato contro i megaprogetti, l’estrazione mineraria e la spoliazione del territorio. Diventerà parte del fondo culturale e politico delle nuove generazioni di giovani e della gente che continua ad avere volontà democratiche e progressiste”. |
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80
delegazioni alla nomina
presidenziale in Guatemala |
11.01.12 - Julio Fumero www.granma.cu
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Sono 80 i paesi e gli organismi internazionali che hanno confermato sino ad oggi l’invio di delegazioni alla cerimonia della nomina presidenziale in Guatemala, che si svolgerà sabato 14.
Il Ministero degli Esteri del paese ha informato che tra i gruppi confermati, 16 sono d’alto livello, guidati da presidenti e primi ministri, come la delegazione spagnola, che sarà presieduta dal principe delle Asturie.
Alcuni invitati che hanno confermato la loro partecipazione, sono i presidenti della Costa Rica, Laura Chinchilla, di El Salvador, Mauricio Funes, dell’ Honduras, Porfirio Lobo, e del Messico, Felipe Calderón.
L’arrivo del delegazioni inizierà venerdì e la cerimonia della nomina ufficiale di Otto Pérez Molina si svolgerà, in accordo con il programma, alle 14:30 - ora locale - in uno scenario inedito per questo tipo di atto, nella detta era democratica in Guatemala dopo la fine delle dittature militari: nel Domo Polisportivo della capitale.
A proposito dei partecipanti, si è sviluppata una forte polemica dopo l’annuncio del ministro degli Esteri designato, Harold Caballeros, della presenza del presidente dell’Iran, Mahmud Ahmadineyad.
Le critiche sono state tali, includendo l’ambasciata degli Stati Uniti, che Pérez Molina si è affrettato a cercare di calmare gli animi, dicendo che non c’era conferma sulla presenza di Mahmud Ahmadineyad.
Il ministro degli Esteri guatemalteco ha poi segnalato che, in conformità con la pratica e le abitudini internazionali, gli inviti sono stati invitati a tutti i paesi con i quali il Guatemala ha relazioni diplomatiche e che questo non pregiudica la politica estera di ognuno di questi e non ha nulla a che vedere con i conflitti che possono esistere tra terzi Stati, dice una comunicazione ufficiale.
Il ministero degli Esteri ha anche confermato la sua posizione di assoluto rispetto dei principi riconosciuti nella Carta delle Nazioni Unite, messi a fuoco sul mantenimento della pace e della sicurezza, tendenti al fomento tra le nazioni, di relazioni d’amicizia, basate sul rispetto dell’uguaglianza dei diritti, la libera determinazione dei popoli, e per una soluzione pacifica delle controversie.
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