Il Venezuela fa di nuovo notizia nella catena mediatica dominante. Il motivo del clamore non è, questa volta, il presunto aggravamento dello stato di salute del suo presidente che alcune fonti della “stampa libera” nordamericana e affini hanno assicurato essere molto grave, in pratica addirittura allo stadio terminale. No, alla fine tutto si riassume nella scelta del candidato oppositore che andrà a disputare con Chavez le presidenziali del prossimo 7 ottobre (accreditando il fatto che il presidente venezuelano, alla fine, sopravviverà alle prognosi mediche più demolitrici). L'eletto ci viene presentato come un energico giovane sulla soglia dei 40 anni, tutto rivolto al progresso e all'ineffabile democrazia, di nome Capriles Radonski, in realtà personaggio della destra locale. Tra i suoi meriti, si fa riferimento alla partecipazione entusiasta al fallito golpe fascista del 2002. La gioia diffusasi tra la borghesia con Capriles è comprensibile. Ancor più grande dell'enorme ignoranza sul percorso e la realtà del Venezuela è l'odio viscerale che la borghesia nutre verso la Rivoluzione Bolivariana e la figura del suo leader, il presidente Hugo Chavez.
Odio di classe
che non è
naturalmente
privo delle sue
motivazioni. Va
ricordato che la
schiacciante
vittoria
elettorale
bolivariana
ottenuta nel
1998 dà inizio
all'ascesa al
potere di un
insieme di forze
democratiche,
popolari,
nazionaliste e
di sinistra –
risultato
diretto anche
delle dure
battaglie
popolari a
carattere
insurrezionale,
come dimostra
l'eccezionale
esempio della
Bolivia – che ha
permesso un
cambiamento
sensibile dei
rapporti di
forza in America
Latina
favorevole alle
forze
antimperialiste
e ha aperto
nuovi spazi – e
sfide –
all'avanzata del
campo
progressista e
rivoluzionario
sulla via dello
sviluppo e della
trasformazione
sociale. Con
l'esempio e la
solidarietà
della
rivoluzione
cubana.
Viene a
proposito la
realizzazione
dell'XI Vertice
di ALBA Alleanza
Bolivariana dei
Popoli della
Nostra America)
svoltosi a
Caracas nei
giorni 4 e 5
febbraio. Dal
precedente
vertice dei capi
di Stato
dell'organizzazione
che riunisce
attualmente otto
paesi dei
Caraibi, America
Centrale e del
Sud era passato
più di un anno.
Le grandi
borghesie
nazionali e
l'imperialismo
molto avevano
fatto per
costringere al
silenzio e
bloccare questo
processo che si
profila come
nucleo
antimperialista
e di
cooperazione
solidale delle
dinamiche di
integrazione che
hanno preso
avvio nella
regione. La
costituzione di
ALBA nel 2004 da
parte di Cuba e
del Venezuela
precede la
sconfitta del
progetto di ALCA
auspicato
dall'imperialismo
USA, una linea
di demarcazione
oltre la quale
sarebbero sorte
nuove dinamiche
di articolazione
e integrazione
regionale come
Petrocaribe,
UNASUR e, più
recentemente, la
CELAC. I
tentativi
golpisti degli
ultimi anni in
America Latina
hanno avuto come
bersaglio i
governi membri
dell'Alleanza.
Il caso più
eclatante è
stato il colpo
di Stato in
Honduras nel
2009 che ha
provocato
l'abbandono di
ALBA da parte
del paese. I
tentativi di
golpe in Bolivia
(2008) e in
Ecuador (2010),
anch'essi membri
di ALBA, sono
stati tuttavia
sconfitti.
Al vertice
realizzato a
Caracas tre
nuovi stati si
sono associati
ad ALBA
attraverso lo
status speciale
di invitati:
Haiti, Santa
Lucia e
Suriname. Il
contenuto
anticolonialista
e
antimperialista
delle decisioni
assunte in
quella sede sul
piano politico,
sociale ed
economico, in
particolare con
la creazione
dello spazio
economico di
ALBA e
l'estensione del
progetto di
moneta comune,
il Sucre,
impatta su un
periodo
travagliato, in
cui il mondo si
confronta con la
realtà
dell'approfondimento
della crisi
capitalista e la
scalata
aggressiva
dell'imperialismo.
In un quadro diversificato, in cui coesistono elementi e dinamiche contraddittorie, l'esempio di ALBA si configura come una delle fasi della lotta di classe che permea intrinsecamente i processi di emancipazione sovrana, progresso e trasformazione in America Latina. Il suo destino storico è ancora aperto, ma la sua esistenza e avanzata danno fiducia alla resistenza e alla lotta in tutto il mondo.