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"Nelle urne venezuelane si gioca anche
il futuro di tutta l'America Latina" Intervista a German Mundarain, ambasciatore del Venezuela all'ONU a Ginevra |
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2.10.2012 - www.resistenze.org Sergio Ferrari - da Rebelion
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Il dilemma di fondo delle prossime elezioni in Venezuela del 7 ottobre, è il "rafforzamento dei progressi sociali o il regresso verso modelli socioeconomici del passato". Nonostante la grande sfida politica che sta in gioco, "rispetteremo la volontà popolare espressa alle urne". Chi espone queste tesi è Germán Mundaraín Hernández, attuale rappresentante della nazione sudamericana presso le Nazioni Unite a Ginevra. Tra il 2000 e il 2007 ha prestato servizio come Difensore del Popolo. Dallo scorso maggio integra, insieme con altre cinque personalità nazionali di primo livello, scelti dal Presidente Hugo Chavez Frias, il Consiglio di Stato che è il più alto organo di consulta del Governo e dell'Amministrazione Pubblica Nazionale.
D: Che cosa rappresentano politicamente le prossime elezioni presidenziali? R: Sono l'espressione di un esercizio di democrazia partecipativa che domina nel mio paese, che ha caratterizzato dalla nuova Costituzione del 1999 in avanti le elezioni nazionali, parlamentari, regionali e referendum. In Venezuela si consulta sistematicamente il sovrano. C'è grande fiducia nella decisione dei cittadini. E il numero di queste consultazioni è la prova migliore. Vi è un potere indipendente, il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), che si presenta al mondo senza alcun complesso. Con l'animo di mostrare i nostri punti di forza, ma anche di essere aperti a che si segnalino le nostre possibili debolezze.
D: La campagna elettorale è intensa e si confronta con una stampa internazionale molto cauta, per non dire critica ... R: La società venezuelana è molto in tensione per il processo di cambiamento in corso e per i vari attori che intervengono nella politica nazionale. Dall'esterno, a volte, ci guardano con incertezza. Si pensa che in qualsiasi momento si potrebbe passare dalla tensione della retorica propria della nostra campagna elettorale alle aggressioni fisiche. Ma non è così. Il popolo venezuelano è pacifico e sa risolvere pacificamente le sue divergenze politiche nei seggi elettorali. Finora, e mancano solo pochi giorni alla chiusura, la campagna è stata intensa, calda, ma corretta e senza violenza.
Campagna elettorale polarizzata, anche senza violenza
D: Nonostante un processo elettorale estremamente polarizzato? R: Sì, è una campagna polarizzata. Si affrontano due candidati principali: l'attuale presidente Hugo Chavez, che aspira alla rielezione, e quello dell'opposizione Henrique Capriles. Questo aumenta l'ovvia polarizzazione ora che centralizzano entrambi l'attenzione politica nazionale e internazionale.
D: Particolarmente differente rispetto alle precedenti elezioni? R: Ciò che cambia sono gli attori, ma hanno un profilo complessivo simile. Il candidato dell'opposizione viene sempre fuori dai governatorati che contano su un budget sufficientemente ampio per sostenere finanziariamente una parte della campagna. L'altra parte viene dalla grande imprenditoria, dalle ONG e fondazioni straniere, per lo più americane, che ricevono il sostegno del Dipartimento di Stato nordamericano. E penso che i risultati attesi inoltre coincideranno globalmente il prossimo 7 ottobre con i precedenti. Nel 2000, Chavez ha vinto per più di 20 punti su Francisco Arias Cárdenas. Sei anni dopo, nel 2006, ha sconfitto di oltre 25 punti a Manuel Rosales.
D: Che programma o visione politica rappresentano l'uno e l'altro? R: L'attuale presidente, candidato del Grande Popolo Patriottico, incarna il processo di cambiamento, la rivoluzione bolivariana in marcia. Capriles, del Tavolo d'Unità Democratica, riunisce i settori tradizionali, le élite - che per decenni hanno usurpato il potere - strettamente legate alle multinazionali.
Le nuove maschere della destra
Q: È interessante notare, senza dubbio, che il candidato dell'opposizione si è auto-designato come il "Lula del Venezuela". Presentandosi quasi come un'alternativa di sinistra democratica al governo... R: Si tratta di uno stile che marca la politica iberico-americana attuale. Candidati che si travestono. Il caso più patetico è quello della Spagna. Mariano Rajoy si presentò nella campagna come espressione del centro politico. Ma non appena ha vinto, non ha esitato ad applicare il suo vero e proprio programma di estremo taglio neoliberista con tagli significativi alle conquiste sociali degli spagnoli. Capriles è lo stesso. Si traveste e sostiene che il suo programma è simile a quello applicato da Lula in Brasile. Certamente in Brasile, Capriles sarebbe un radicale oppositore del Partito dei Lavoratori ora al governo. Perché Lula fu un operaio, un socialista e gestisce un partito progressista che non ha nulla a che vedere con la visione politica di Capriles. In realtà l'opposizione venezuelana odia Lula, il suo modello e quello del suo successore. Ma cerca di presentarsi più decentemente ...
D: Perché questo gioco politico? R: Per confondere. E per speculazione politica. Capriles è radicato nei settori di potere economico e in parte della classe media. Questo è il loro elettorato naturale. Per provare a vincere deve cercare di rubare voti nei settori popolari. Ma il suo vero programma prevede zero presenza dello Stato e il mercato come responsabile della regolamentazione dell'economia. La prima cosa che vorrà fare in caso di vittoria sarà la riduzione dello Stato al minimo, lasciando al settore privato l'incarico di occuparsi della salute, dell'istruzione, dell'alloggio. Smantellare le conquiste sociali. Da parte sua, il nucleo del programma del Presidente Chavez è l'attività petrolifera e il controllo statale della stessa. Senza l'apporto di questo vitale settore non si potrebbe finanziare la salute, né l'istruzione, né le conquiste in generale. Né tantomeno l'attiva solidarietà internazionale che promuove il processo venezuelano.
Il governo rispetterà la voce delle urne
D: Nonostante i numerosi sondaggi che segnalano Chávez come chiaro vincitore, è inimmaginabile, in termini politici, che i sondaggi si sbaglino? R: Ci sono tante e molto importanti conquiste sociali ottenute dai settori popolari negli ultimi anni che un programma neoliberista e un governo di destra significherebbero un vero e proprio suicidio politico per gran parte della popolazione ...
D: Accetterà il Governo venezuelano una eventuale sconfitta alle urne? R: Se il governo perde le elezioni immediatamente riconoscerà i risultati. Ma ci piacerebbe anche sentire questa frase breve e significativa da parte dell'opposizione. Siamo sicuri che, se si perde, il che è altamente improbabile, non sarebbe la sconfitta della rivoluzione, ma solo una battuta d'arresto politica. Ma non accadrà. Il popolo ha piena fiducia nel processo e nella rivoluzione bolivariana.
D: Esiste in America Latina, da più di un decennio, una maggioranza di governi e processi democratici, aperti, progressisti. Il Venezuela è estremamente coinvolto in iniziative di integrazione regionale. Quale impatto hanno le attuali elezioni presidenziali nel contesto continentale? R: Domanda chiave. Il 7 ottobre, non solo si decide il futuro del Venezuela, ma quello dell'America Latina. Una vittoria dell'opposizione significherebbe la liquidazione dell'ALBA (Alleanza Bolivariana per le Americhe-Trattato di Commercio dei Popoli), che riunisce la Bolivia, Nicaragua, Ecuador, Cuba, Venezuela e gli stati caraibici Antigua e Barbuda, Dominica e St. Vincent e Granadine. Si metterebbe a rischio la strategia Petrocaribe che riunisce la maggior parte delle nazioni dei Caraibi. Significherebbe l'effettivo indebolimento dell'UNASUR. E anche di CELAC (Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi), che con tanto sacrificio si creato nel 2010 e ora copre quasi 30 paesi del continente con quasi 600 milioni di persone. Potrebbe anche significare l'uscita del Venezuela dal MERCOSUR, mercato composto da Brasile, Argentina, Uruguay e Messico e dal nostro paese. Inoltre, ci sarebbe un cambiamento delle relazioni e dei comportamenti del continente nelle arene internazionali come l'Organizzazione degli Stati Americani (OAS) e le Nazioni Unite. Insisto: al di là della contesa elettorale tra Chavez e Capriles oggi si gioca, nelle elezioni venezuelane, il nuovo equilibrio di potere a livello regionale che con tanto sacrificio si è potuto costruire nell'ultima decade.
Un accompagnamento elettorale che non viola la sovranità
Il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) venezuelano ha invitato 214 personalità del mondo intero per accompagnare le elezioni del 7 ottobre. 110 dell'America Latina, 65 dell'Europa, 29 del Nord America, 5 dell'Asia e 4 dell'Africa, senza contare i rappresentanti dell'Unione Africana che ha confermato la sua presenza.
Tra gli invitati, 18 organismi elettorali e quattro esperti. Secondo il CNE, tra gli inviti, 81 corrispondono a parlamentari e politici; 22 al mondo accademico; 34 giornalisti; e gli altri a ONG, intellettuali, artisti e gruppi sociali e sindacati.
Fino a metà settembre, 157 degli ospiti hanno confermato la loro presenza. Nella terza settimana dello stesso mese l'ex - Vice Presidente argentino Carlos Alvarez è arrivato in Venezuela per installare la delegazione d'accompagnamento elettorale dell'UNASUR, responsabile di questo settore d'attività nell'organismo d'integrazione.
"Accompagnamento non significa osservazione elettorale", spiega Germán Mundaraín, ambasciatore del Venezuela presso le Nazioni Unite a Ginevra. "Il voto è il principale esercizio cittadino nella nostra democrazia e nessuno può controllare la nostra sovranità nazionale".
L'accompagnante, spiega, è "un testimone importante che il processo trascorre con normalità e professionismo". E deve anche "informare i suoi concittadini di quello che ha visto in questa piccola nazione del Sud America". Senza sottovalutare il ruolo di "indicare al CNE le correzioni da incorporare a livello elettorale per migliorarlo in futuro."
Dalla Svizzera arriveranno per assistere alle elezioni sei personalità politiche e un comunicatore sociale. Tra i primi, il senatore nazionale Luc Recordon e i deputati Ada Marra, Mathias Antonio Hodgers e Reynard. Come l'ex deputato nazionale Franco Cavalli e l'ex ambasciatore elvetico in Venezuela, Walter Suter .
"Una delegazione molto significativa in termini di quantità e qualità dei partecipanti", spiega Mundaraín. Che vede in questa presenza, "un riconoscimento del Potere Elettorale venezuelano alla neutralità e lunga storia di partecipazione democratica elettorale elvetica, così come la collaborazione che da anni la Svizzera ha dato a questo potere dello Stato".
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