CARACAS. «Fai il tuo dovere, versa quanto richiesto
dallo Stato, così il governo può avere le risorse
necessarie per promuovere il benessere della
collettività». In ogni angolo del Venezuela, vicino alle
innumerevoli pubblicità educative rivolte ai cittadini,
spicca la campagna contro l'evasione fiscale: va bene
che c'è il petrolio, di cui il governo si serve per
ampliare le misure sociali, ma non può durare così in
eterno, anche i cittadini devono contribuire. In un
paese che custodisce la prima riserva di greggio
accertata a livello mondiale e in cui un litro di
benzina costa molto meno di una bottiglia d'acqua, il
concetto di "restituzione" alla collettività in termini
tributari è però ancora difficile da far passare.
Così, quasi quotidianamente, sulla stampa si ha notizia
di esercizi commerciali obbligati a chiudere per un
periodo determinato, fabbriche insolventi multate,
grandi ristoranti sanzionati in base alla normativa
stabilita dal Codigo Organico Tributario (Cot). A fine
agosto, il Servicio Nacional Integrado de Administración
Aduanera y Tributaria (Seniat) annunciava di aver
recuperato, per l'anno in corso, 119.732.696.814,70
bolivares di tasse non petrolifere. Secondo il Seniat,
le entrate tributarie non legate al petrolio
costituiscono in media il 12% del Prodotto interno lordo
(Pil). Nel 1994, la percentuale era del 7,42%. Risultati
acclamati o contestati, a seconda del colore politico e
della posizione sociale: perché in un paese che si dice
«in transizione verso il socialismo», a dover pagare per
primi sono le grandi imprese e le grandi fortune. E non
lo fanno volentieri.
Il Venezuela ha una trentina di contenziosi aperti a
livello internazionale, pendenti per molti milioni di
dollari, dovuti all'espropriazione attiva di alcune
multinazionali. Alla fine del 2004, viene infatti
approvata la nuova legge sugli idrocarburi, che mira a
una parziale nazionalizzazione. Aumentano le tasse sul
petrolio estratto. Se prima il 53% dei profitti andava
alle imprese multinazionali e il 47% allo stato, da
allora va allo stato il 94% e solo il 6% viene intascato
dalle imprese miste: la legge obbliga le multinazionali
a formare società miste in cui Pétroleos de Venezuela (Pdvsa)
sia azionista di maggioranza. Dal 2005, le corporation
devono rinegoziare i contratti con Pdvsa oppure
andarsene. In quell'anno, il Seniat impone alle
compagnie straniere di versare un importo superiore per
compensare il corrispettivo non rimborsato tra il 2001 e
il 2004. Con quel guadagno, che prima finiva nelle
tasche delle grandi corporazioni petrolifere (e dei
corrotti) si è costruita l'ossatura del "socialismo
bolivariano". Nel 2012, il contributo fiscale di Pdvsa è
aumentato del 50% e apporterà allo stato 12,33 miliardi
di dollari USA in royalties 1,4 miliardi di dollari di
dividendi.
Un vecchio vizio coloniale
Lotta all'evasione significa anche lotta alla
corruzione, un vecchio vizio erede del dominio coloniale
(già il Libertador Simon Bolivar emanò diverse leggi al
riguardo) e di quello neocoloniale, che ha impresso il
suo marchio ai "puntofijsti" (l'alternanza di
centrodestra e centrosinistra, che ha gestito il potere
dopo la caduta del dittatore Marcos Pérez Jimenez, nel
'50. Ai soliti funzionari corrotti sembra dovuta anche
la firma del contratto tra Pdvsa e la multinazionale
CoconocoPhillips, che prevede un congruo risarcimento in
caso di rottura di accordo. Su quella base, la
corporation Usa chiede una compensazione di 66,8 milioni
di dollari per aver dovuto interrompere il progetto
Petrozuata, nella Faglia petrolifera dell'Orinoco, tra
il 2006 e il 2007.
Sul piede di guerra sono scesi anche i vertici della
fabbrica di birra Polar, la grande impresa di Lorenzo
Mendoza, in prima fila nel colpo di stato del 2002:
chiedono al Tribunale Supremo di Giustizia
l'annullamento della Riforma alla Ley de Timbre Fiscal,
che impone versamenti tributari alla grande impresa,
considerati onerosi. Per le grandi imprese, sono
aumentati gli obblighi sociali, ovvero le garanzie per i
lavoratori.
Dal 1° settembre, il salario minimo è di 2.047, 52
bolivares (circa 465 dollari). Su questa cifra è stata
parametrata la pensione di base, concessa anche a quegli
anziani che non potevano dimostrare il pagamento dei
contributi negli anni passati. In cambio, la Repubblica
bolivariana del Venezuela (uno stato federale)
percepisce le imposte a tre livelli di governo:
nazionale, statale e municipale. Il sistema fiscale si
esprime in Unità tributarie (Ut), valori di riferimento
fissati in moneta dalla legge, che definiscono il tasso
imponibile. Dal gennaio 2011, il valore dell'Ut equivale
a 65,00 bolivar (Veb). Il Seniat ha giurisdizione per
quel che riguarda la tassa sulla rendita, sulla
successione, sul valore aggiunto (in media al 12%,
mentre il 10% in più può essere applicato su alcuni
prodotti di lusso comprese macchine e gioielli).
Per le società, il tasso è progressivo fino al 34% del
reddito netto che eccede il reddito netto imponibile.
Fino a 2mila Ut si applica l'aliquota del 15%, per la
frazione di reddito che supera 2mila Ut e fino a 3mila
Ut l'aliquota è del 22%, mentre per la frazione di
reddito superiore a 3mila Ut viene applicata l'aliquota
del 34%. Le imprese creditizie costituite all'estero e
non domiciliate nel paese scontano un'imposta
proporzionale del 4,95%, mentre i redditi annuali delle
imprese di assicurazione e riassicurazione pagano
un'imposta del 10%.
Imposte proporzionali e progressive
Le attività che riguardano gli idrocarburi
(raffinamento, trasporto, acquisizione per
l'esportazione), pagano un'imposta proporzionale del
50%. I contribuenti che non esercitano l'attività
estrattiva, di idrocarburi e attività connesse vengono
tassati sul 60% dei proventi derivanti da eventuali
partecipazioni o licenze su tali attività.
Anche l'imposta sul reddito delle persone fisiche
residenti è espressa in unità tributaria ed è
progressiva. Fino a 1.000 unità, si paga il 6%, da 1.001
a 1.500 unità, il 9%, da 1.501 2.000 unità, il 12%; da
2.001 a 2.500 unità, il 16%; da 2.501 à 3.000 unità, il
20%; da 3.001 a 4.000 unità, il 24%; da 4.001 a 6.000
unità, il 29%. Oltre le 6.000 unità, il 34%. Le entrate
tassabili sono diminuite dalle deduzioni personali
previste, quali spese di istruzione, sanitarie, e le
spese per gli interessi del mutuo per l'acquisto della
prima casa con il limite di 1.000 Ut annue.
Secondo le leggi venezuelane, le società straniere che
investono per produrre reddito e sviluppo hanno forti
deduzioni per le spese sostenute. Tant'è che, dopo la
firma di diversi trattati commerciali, il numero dei
piccoli imprenditori europei - soprattutto italiani -
che fanno affari con Caracas è in crescita. Secondo
un'inchiesta realizzata dall'agenzia Kpmg - un Network
globale di società di servizi professionali, attivo in
152 paesi nel mondo e specializzato in «tributi e
tassazioni internazionali» - il Venezuela ha però il
sistema fiscale meno appetibile per i grandi
imprenditori. Il primo posto preferito dalle grandi
imprese risulta invece il Cile. Al secondo, figura il
Messico, seguito da Colombia, Perù, Argentina, Brasile.