Questo libro presenta una realtà sconosciuta che i mezzi informativi incaricati di selezionare e decifrare l’informazione tergiversano, occultano deliberatamente, e molte volte tacciono. Questi mezzi dominanti, multipli ma univoci, dissimulano rispetto a Cuba una realtà che Salim Lamrani si dedica a restituirci.
Certo, gli “specialisti” istituzionali su Cuba e gli inviati “speciali” a L’Avana menzionano l’esistenza di un “embargo” nei loro commenti sulle difficoltà che soffre il popolo cubano. Sempre allo stesso modo: nella forma più breve e superficiale possibile, alla fine di una frase, con una sola parola. Non possono negare l’esistenza di un embargo, ma nella loro analisi agiscono come se non esistesse. Così, per loro non sembra necessario ricordare le sue origini (né, in realtà, il nome dello Stato responsabile), le sue motivazioni cangianti, il suo carattere illegale, le sue modalità perverse, la sua durata insopportabile, i suoi effetti deplorevoli.
Per alcuni, l’embargo è un fattore accidentale, senza importanza, una circostanza sprovvista di senso e di conseguenze. Quando si degnano di parlare di lui lo trasformano in alibi e perfino in un “affarone” per Cuba. “Così si scrive la Storia!” direbbe Voltaire. Ma, che curiosa casualità risulti questa convergenza!
Non potrebbe spiegarsi, nel 2011 meno che mai che l’unica causa dell’attuale e grave stagnazione di Cuba si deve al bloqueo che hanno imposto i governi statunitensi dal 1960. Le riforme drastiche che si portano a termine in Cuba dimostrano il contrario. Alcuni pretendono che il governo cubano stia utilizzando da decadi e con fini propagandistici le sanzioni ingiuste che colpiscono il suo popolo, per minimizzare i suoi stessi errori e le carenze del suo sistema. Converrebbe, in questo caso, spiegare allora perché il governo degli Stati Uniti non le ha eliminate, come glielo chiede tutti gli anni l’Assemblea Generale dell’ONU in forma quasi unanime, e che nell’ottobre del 2010, 187 Stati (contro 2: Stati Uniti ed Israele, e 3 astensioni: Micronesia, Isole Marshall e Palau) glielo hanno chiesto un’altra volta votando la risoluzione “Necessità di togliere il bloqueo economico, commerciale e finanziario imposto a Cuba dagli Stati Uniti d’America.”
In effetti, l’embargo risulta costoso ed inutile ed i suoi esecutori dovrebbero rinunciare a lui rapidamente. Peggio, l’embargo proporziona un argomento comodo al governo cubano e sarebbe giudizioso che i suoi istigatori lo sopprimessero subito.
Orbene, lo mantengono – Democratici come Repubblicani, Obama come Bush – contro il desiderio delle nazioni, contro l’opinione maggioritaria dei cittadini del loro paese, contro gli interessi vitali della popolazione cubana vittima dello stato d’assedio. Come? Perché? Con che finalità?
Salim Lamrani non si accontenta di porre l’accento sui danni umani di questo embargo di un altro secolo (pensiamo al boicottaggio di Haiti) che dura da mezzo secolo. Esamina, punto per punto, le tappe della sua elaborazione ed il suo rafforzamento, l’ubica in una prospettiva storica e lo considera dal punto di vista del diritto internazionale. Non gli risulta difficile dimostrare la sua ingiustizia. Nonostante, lo fa senza enfasi, senza acrimonia, appoggiandosi, come d’abitudine, in numerose fonti attendibili, nella loro maggioranza, documenti ufficiali pubblicati negli Stati Uniti.
Così, l’autore accumula fatti precisi, datati, stabiliti, e riproduce tutto un ventaglio d’opinioni autorizzate.
Misurato nel tono, sobrio nella parola, è prolisso nella dimostrazione. Troppo serio? Naturalmente il tema trattato non incita allo scherzo, ma uno sorride qua e là leggendo le sciocchezze causate per l’applicazione stretta dell’embargo. Uno scopre dalla penna dei giudici statunitensi che importare delfini da Cuba o vendere piani a Cuba sono import-export che attentano contro gli interessi e la sicurezza interna degli Stati Uniti. Il fatto ridicolo non ammazza da tempo. Ma il bloqueo ammazza, solo per la proibizione di introdurre a Cuba medicine insostituibili.
Lo chiamino come vogliano – “bloqueo” o embargo –, le sanzioni economiche che colpiscono Cuba non hanno fondamento. I pretesti sotto i quali si giustificarono a Washington sono svaniti uno ad uno. Inoltre, chi può pretendere che Cuba abbia minacciato o minacci ancora gli Stati Uniti? Tutto il mondo sa quale dei due Stati è stato l’aggressore nel corso della Storia e quale quello che è stato aggredito, particolarmente dal 1959. Tutto il mondo sa che la Baia dei Porci, dove cercarono di sbarcare mercenari nel 1961, si trova a Cuba e non in California.
Tutto il mondo sa anche – o dovrebbe sapere – che quando precipitarono le Torri gemelle di New York, il governo cubano offrì immediatamente la sua collaborazione, e quando il ciclone Katrina devastò New Orleans, le autorità cubane offrirono spontaneamente il loro aiuto disinteressato. Nonostante la recrudescenza dell’embargo…
Gli incontestabili risultati cubani nei campi dell’educazione, della salute, della cultura e dello sport, si conquistarono nonostante l’embargo… Il costo di questo, oltre il costo generato dalle aggressioni e dalle minacce di un intervento armato, è stato valutato in ottobre del 2010 dal ministro cubano di Relazioni Estere, Bruno Rodriguez, in più di 750000 milioni di dollari (valore attuale di questa moneta) per i passati cinquanta anni. Somma che permetterebbe di saldare molti debiti pubblici, incominciando per quello di Cuba.
Nonostante l’incongruenza di questo “Stato d’assedio” permanente e dell’enormità delle sofferenze che causa, l’autore non alza il tono, non ironizza, perfino non attacca, si mostra gentile col Presidente Barack Obama, al quale riconosce le misure favorevoli per ammorbidire le condizioni dei viaggi a Cuba. Ma quanto Obama ne uscirebbe ingrandito dal suo soggiorno nella Casa Bianca se ordinasse il sollevamento totale dell’embargo! Il Premio Nobel che ha ricevuto prima del tempo, apparirebbe meritato.
Francia, mediante il suo rappresentante nell’ONU, vota regolarmente a beneficio della risoluzione che promuove il sollevamento di questo embargo. Ma il compromesso della Francia si ferma lì, mentre in altre parti, in Africa od in Asia, promuove con forza una politica dura di “protezione delle popolazioni civili” che elabora, sfortunatamente, in modo completamente inadeguato.
Salim Lamrani non ci dice quello che dobbiamo fare. Ma la sua esposizione rigorosa sarebbe inutile se gli amici della Giustizia e del Diritto non la usassero. Bisogna diffondere questo libro convincente, implacabile e forte. Bisogna indignarsi per il mantenimento di questo stato d’assedio, combatterlo e contribuire così al suo sollevamento incondizionato.