Il traduttore si scusa per gli errori |
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A 50 anni
dalla prima serie nazionale di baseball inaugurata da Fidel |
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16 gennaio 2012 - Sigfredo Barros www.granma.cu
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Non aveva nemmeno il nome con cui la conosciamo oggi, la Serie Nazionale. La stampa dell’epoca la chiamava Torneo Nazionale di Baseball dilettanti o semplicemente Torneo dell’INDER. Con quattro squadre uscite delle eliminatorie regionali, nelle sei province in cui si divedeva il paese.
L’impegno, anche se la maggioranza dei partecipanti non lo aveva realizzato del tutto, era gigantesco: si trattava di sostituire la Lega Cubana di Baseball professionale, un’entità che aveva visto la luce nel dicembre del 1878 e si era mantenuta per 83 anni, sino al gennaio del 1961.
Una Lega nella quale avevano giocato dei grandi del baseball, come Martín Dihigo, José de la Caridad Méndez e Cristóbal Torrente, tutti membri del Salone della Fama di Cooperstown e stelle che brillarono di luce propria in molte latitudini.
Basta citare Conrado Marrero che scrisse pagine gloriose attraverso questi ottanta anni di vita di baseball professionale.
Senza dubbio una Rivoluzione era giunta al potere con la forza sufficiente per cambiare tutto lo sport in generale, e il baseball in particolare non costituiva un’eccezione.
Un decreto legge aveva cancellato con un colpo ogni attività sportiva professionale.
Il 14 gennaio del 1962 lo Stadio Latinoamericano era pieno zeppo, con 25251 dilettanti che volevano vedere i giocatori virtualmente sconosciuti, anche se desiderosi d’offrire un buono spettacolo.
Fu un giorno storico. Con il Comandante in Capo presente e un dato curioso.
Dopo l’ascolto delle note dell’Inno Nazionale e dell’Internazionale, i quattro capitani avanzarono verso Fidel: Tony Castaño (Azucareros) con una mazza, Fermín Guerra (Occidentales) con una mascotte, Pedro “Natilla” Jiménez (Orientales) con una palla e José María Fernández (Habana) con un guanto, per far sì che il Capo della Rivoluzione scegliesse la forma d’inizio del torneo, come scrisse il quotidiano Revolución il giorno dopo.
Fidel scelse la mazza e dopo due lanci tirò un palla sbieca tra la prima base e la seconda, al destro degli Azucareros, Jorge Santín, per inaugurare la prima delle nostre Serie Nazionali.
Pochi minuti dopo, il già scomparso collega Eddy Martin lo intervistò e Fidel, visibilmente entusiasmato, affermò che: “Il baseball è passato anche lui nelle mani del popolo, prima di tutto, e sono del popolo molti ragazzi umili che hanno avuto l’opportunità di giocare alla pelota ( baseball in cubano). La pelota è diventata più nazionale, più importante con questo nuovo sistema sportivo e per la prima volta gli abitanti dell’Isola: Santiago, Pinar del Río, Santa Clara, Camagüey, Matanzas e molti altri, hanno avito l’opportunità di vedere gare d’alto livello, mentre prima vedevano solo giochi d’esibizione”. Poi Fidel anticipò, come un profeta: “Noi avremo grandi giocatori e vinceremo gli americani nel baseball”.
Non si dovette aspettare tanto tempo. Sette anni dopo, alcuni di quei giocatori che debuttarono quella domenica 14 gennaio - Andrés Telemaco, Ramón Echevarría, Owen Blandino, quest’ultimo campione di lancio con la mazza- ritornarono vittoriosi dalla Repubblica Dominicana, sede della Coppa del Mondo del 1969, dopo aver ottenuto una spettacolare vittoria contro la squadra degli Stati Uniti.
Cuba era sostenuta da tutti i presenti domenicani nello stadio Quisqueya, che non smisero un attimo di gridare “Cuba, Cuba, Cuba!” e “Yankee go home!”
Ora si sono compiuti 50 anni esatti da quel giorno, mezzo secolo nel quale il baseball cubano è stato premiato nelle tribune, al più alto gradino, d’innumerevoli gare internazionali. Oggi si gioca in otto stadi e in qualsiasi luogo in cui si possa lanciare una palla e questo è il miglior omaggio a quei pionieri, i massimi responsabili, coloro che permisero che a Cuba si giocasse un nuovo baseball!
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