Da
diverso tempo mi era stato chiesto di scrivere su Baseball.it di
Cuba, del baseball e dello straordinario popolo dell'isola. E oggi
eccomi qua a raccontarvi, per la prima volta, di tutto questo. Non
senza un pizzico di comprensibile emozione.
Cuba per me è come una seconda Patria. Un posto fantastico, dove ci
sono tutti gli ingredienti per poter sognare e vivere come meglio
sarebbe difficile trovare in altre parti del mondo, c'è il clima
giusto, perfetto tutto l'anno, il mare che non ha eguali, la gente è
straordinaria. E poi c'è il baseball, quello vero, quello che negli
USA si giocava fino agli anni '70, fatto di sudore e meritocrazia,
dove si lavora per migliorarsi giorno dopo giorno e dove ogni
partita è vista come una gioia e voglia di divertirsi. Dove il
doping non migliora le prestazioni di nessuno e dove per battere un
record non hai bisogno di aiuti esterni. Tutto è frutto del proprio
sudore, dei propri sacrifici. Cuba è una scuola di vita dove lo
sport è rispettato e valorizzato, dove gli sponsor ancora non hanno
preso il sopravvento (ma durerà ancora per poco) cambiando lo stato
delle cose.
Il baseball è Cuba e Cuba è il Baseball. Non c'è cubano che non
abbia mai preso una
mazza o un guanto o che non abbia giocato una partita di baseball.
Lì cammini per strada e senti profumo di baseball, vedi i bambini
che giocano con manici di scopa, palle di pezza e guanti aggiustati.
Basta avere qualcosa che possa assomigliare a un attrezzo per
giocare a baseball. Questo mi riporta indietro negli anni e cioè a
quando ero bambino. A Nettuno, dove sono nato e cresciuto, era
esattamente cosi, giocavamo per strada noi bambini sfidandoci di
quartiere in quartiere. Nettuno potrebbe considerarsi in effetti la
piccola Cuba, per passione, clima, mare, il lungomare (come il
celebre Malecon de L'Avana) e il baseball. Per esempio a L'Avana c'è
una piazza (El Parque Central) dove si radunano tutti i giorni
dell'anno i tifosi di tutte le squadre di Cuba e parlano di
baseball, di fianco al monumento di Josè Martì. La maggior parte
sono tifosi degli Industriales, la squadra della Capitale e la più
titolata del campionato cubano. I loro antagonisti sono gli
Orientales di Santiago di Cuba e quando le 2 squadre si incontrano
il paese quasi si ferma. Per forza di cose ci si deve schierare, è
chiamato "il classico di Cuba". Anche Santiago è una squadra che ha
vinto molto, ma meno vincente di quelli della capitale... A L'Avana
ci sono molti emigranti e tutte le squadre sono ben rappresentate:
vanno avanti a parlare di giocate, strategie e giocatori per
l'intera giornata che è un piacere starli a sentire. Da noi invece
c'è il Bar Nettuno dove si fanno processi e si preparano trasferte,
dove tutti sanno, conoscono e hanno giocato a baseball, perchè non
c'è un nettunese (come un cubano) che non abbia mai provato a
giocare a baseball...
I giocatori cubani non hanno caratteristiche particolari. Loro
rappresentano il baseball, li c'è tutto, il fuoricampista, i
difensori, i corridori, battitori di media e grandi ladri di basi.
Lascio da parte i lanciatori perchè ne parlerò in modo approfondito
più avanti. A Cuba gli allenatori cercano di sfruttare al massimo le
caratteristiche degli atleti che hanno a disposizione (e ne hanno
tanti). Faccio l'esempio di Omar Linares perchè ho avuto la fortuna
di conoscerlo, di allenarmi insieme, giocarci contro e vedergli fare
cose per me impossibili. Sono contento di essere amico di Omar, il
più grande atleta che ho visto su un diamante. Lui dentro il campo
poteva occupare tutti i ruoli, un vero superman. Poteva lanciare, il
suo braccio era sopra le 90 miglia, correva da casa a prima in meno
di 4 secondi, essendo alto 1.85 qualcosa di eccezionale, poteva
giocare interbase, seconda, esterno, ma preferirono farlo giocare in
terza per rendere di più in battuta. Non ci sono altre parole per
definire Omar Linares, soprannominato da ragazzo" El Nino de Oro "e
ancora oggi chiamato "El Nino". Adesso è allenatore, si diverte
dando tutta la sua esperienza come allenatore dei battitori: l'ho
visto lo scorso anno, ho parlato con lui di tante cose e siamo un pò
tornati inevitabilmente ai vecchi tempi. Cuba ha prodotto tanti
campioni in tutta la sua storia, ne potrei citare talmente tanti che
poi farei un torto a tanti amici se me ne dimenticassi uno soltanto.
Ma Omar Linares è stato qualcosa di stratosferico e la generazione
che lo ha visto giocare si deve, secondo me, ritenere fortunata a
poter raccontare le sue gesta.
Di lanciatori Cuba ne ha prodotti tantissimi e tutti di grandissimo
valore. Ne ho conosciuti ed affrontati molti, infatti ancora oggi
(purtroppo per noi battitori) la generazione che va dagli anni ‘80
alla seconda metà degli anni ‘90 viene considerata la più ampia
sfornata di lanciatori mai espressa dal campionato cubano. Per darvi
una dimensione delle loro qualità, per far capire quanto fossero
forti, faccio un piccolo esempio: potete chiedere anche ai miei
compagni dell'epoca, i vari Ceccaroli, Bianchi, Carelli, Fochi,
Trinci, Gambuti, Mazzieri, Cabalisti (tutti grandi campioni che
saluto con affetto) e tutti i componenti di quel fantastico gruppo
che era il Club Italia che poi ha fatto le fortune della Nazionale
Italiana. I lanciatori da noi affrontati si chiamavano Braudilio
Vinnent (uno dei migliori della storia cubana), Julio Romero, Pablo
Miguel Abreu, Lazaro Valle, Rene Arocha, Euclide Rojas, Jorgue Luis
Valdes, Omar Ajete, Rafael Castillo, Rolando Arrojo, Omar Luis,
Orlando "El Duque" Hernandez, Jose Contreras, Rogelio Garcia ed
altri che magari che in questo momento mi sfuggono. Per esempio,
pensate che "El Duque", in seguito approdato in Major League dove ha
vinto 4 anelli (3 con gli Yankees e uno con i Chicago White Sox), a
Cuba non era considerato tra i migliori e con la "Seleccion", ovvero
la Nazionale cubana quasi mai lanciava le partite di cartello.
Questo per darvi l'esatta dimensione della loro forza. Atleti
straordinari, di ognuno di loro potrei raccontare almeno un
aneddoto.
Del baseball cubano ammiro la determinazione, il modo di affrontare
le partite, la preparazione alla gara, tutti la vivono in maniera
intensa, dal manager al magazziniere e un giocatore seduto in
panchina quando entra è sempre pronto, fanno tutto al doppio della
velocità degli altri.
Se mi chiedete cosa ha reso vincente negli anni i cubani direi la
loro dedizione al gioco, la preparazione, ma soprattutto la loro
situazione politica: bisognerebbe parlarne molto, comunque la
differenza l'hanno fatta la voglia di emergere e di riscatto.
Vorrei anche dirvi del'insegnamento del baseball cubano e cosa
dovremmo imparare assolutamente da loro. Sicuramente la disciplina,
il conoscere il baseball in ogni minimo dettaglio, mai farsi trovare
impreparati in ogni azione di gioco, essere furbi, scaltri e se un
avversario in quel giorno è più forte di te cercare in qualche modo
di metterlo in difficoltà per cambiare l'inerzia della partita. Ma
soprattutto mai accettare il risultato facile, semplice, qualunque
esso sia, positivo o negativo, e cioè dare sempre qualcosa di
proprio in ogni partita.
Mi sarebbe piaciuto giocare, ma è un sogno e quindi esagero, in un
diamante composto da Orestes Kindelan in prima base, Antonio Pacheco
in seconda, Omar Linares in terza, Ruggero Bagialemani interbase...
Scusate se mi sono permesso ma è un gioco, quello che ho usurpato è
il posto di German Mesa, detto il Mago, il più forte interbase che
io abbia mai visto... sono contento e orgoglioso di essermi potuto
allenare e imparare molto da loro. Un giorno mi piacerebbe vedere
giocare in Italia "El Duque" Hernandez, per me è come un fratello.
Finisco qua. Di considerazioni ce ne sono tantissime altre e
parlarne in poche righe sarebbe riduttivo. Alle prossime puntate.