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e maltrattamenti ai prigionieri
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23 maggio 2012 - W.Mendiluza www.granma.cu
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Negli ultimi 53 anni Cuba è stato un paese libero dalla tortura e dai maltrattamenti ai prigionieri, cosa che ratifica la forza morale della Rivoluzione, ha segnalato a L’Avana l’avvocato Antonio Llibre.
Lo specialista in diritto internazionale dell’Unione Nazionale dei Giuristi di Cuba -un’organizzazione non governativa con oltre 30 anni di vita - ha considerato che questo scenario contrasta con quello esistente nella regione nello stesso periodo, e con quanto avveniva sull’Isola prima del 1 gennaio del 1959.
Molti paesi dell’America Latina soffrirono negli anni 60, 70 ed 80 del secolo scorso pesanti regimi che, con l’appoggio dell’Agenzia Centrale di Intelligence degli Stati Uniti, applicavano l’assassinio, la tortura e la sparizione di persone come metodo per mettere a tacere i movimenti di sinistra e le proteste sociali.
Prima del trionfo della Rivoluzione, Cuba aveva vissuto questa situazione, della quale fui vittima durante la mia partecipazione alla lotta clandestina contro la dittatura di Fulgencio Batista, ha commentato Llibre in un’intervista concessa a Prensa Latina.
L’esperto conferma che fu torturato e picchiato in due occasioni a causa del suo attivismo politico negli anni ‘50.
I colpi ricevuti mi fecero perdere conoscenza, e la seconda volta mi salvai miracolosamente, “perché per uno degli sbirri somigliavo troppo al suo unico figlio”, ha commentato.
Per Llibre, l’1 gennaio del 1959 cominciò sull’Isola una nuova tappa, marcata dal rispetto verso i prigionieri e l’eliminazione della tortura come metodo per intimidire o per ottenere informazioni dagli avversari.
Fin dai tempi della clandestinità e della lotta ribelle nelle montagne della Sierra Maestra, la Rivoluzione cubana diede chiari segnali di ciò che è stato per oltre mezzo secolo un modello di comportamento etico, il rispetto per i prigionieri, ha aggiunto.
Secondo il giurista di quasi 80 anni, durante la sua presenza nelle montagne orientali del paese -come integrante dell’Esercito Ribelle che sconfisse le truppe di Batista- presenziò in varie occasioni alla consegna di ufficiali e soldati catturati.
Approfittavamo di ogni tregua per consegnare alla Croce Rossa sani e salvi i prigionieri, mentre i feriti venivano consegnati dopo aver ricevuto tutte le attenzioni mediche che potevamo offrire, comportamento sempre predicato dal leader Fidel Catro, ha dichiarato.
“Non abbiamo mai torturato, ne maltrattato i detenuti, nonostante si trattasse di una guerra e i nostri compagni cadevano nei combattimenti, Fidel Castro ci abituò ad agire in questo modo”, ha insistito lo storico e specialista in diritto internazionale.
Llibre ha assicurato che questo modo di agire è continuato sull’Isola, dove la protezione giuridica dei diritti umani, ed in particolare l’inviolabilità dei prigionieri nella loro integrità personale, è plasmata nella Costituzione della Repubblica ed in altre norme sostantive e procedurali.
Gli articoli 9, 10, 26, 58 e 59 della Carta Magna riflettono le garanzie della dignità piena dell’essere umano ed il rispetto dei propri diritti, mentre il comma 30.11 del Codice Penale stabilisce che “il sanzionato non può essere oggetto di castighi corporali, ne è ammissibile impiegare contro di lui misure che ne comportino l’umiliazione”.
Anche il regolamento interno delle singole istituzioni, come il Regolamento Penitenziario Cubano, escludono il ricorso a qualsiasi maltrattamento, quando riporta che l’esecuzione delle sanzioni e delle misure si svolge all’interno dell’osservanza della legalità socialista, escludendo qualsiasi misura che possa causare sofferenza fisica o psicologica.
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