“Nostro dovere è promuovere la maggior democrazia

nella nostra società, cominciando a dare l’esempio

dentro le fila del Partito”
 

Discorso del Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba e Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri, nella chiusura della Prima Conferenza Nazionale del Partito, nel Palazzo delle Convenzioni, il 29 gennaio del 2012, “54º Anno della Rivoluzione”.

 

 

29 gennaio 2012 - www.granma.cu

 

 

Compagne e compagni:

 

La Prima Conferenza Nazionale del Partito che oggi conclude le sue sessioni, è stata dedicata, in corrispondenza con la convezione fatta nel 6º Congresso, ad una valutazione, con obiettività e senso critico del lavoro del Partito e per determinare con volontà rinnovatrice le trasformazioni necessarie per situarlo all’altezza che richiedono le circostanze attuali.

 

Non dimentichiamo che solo il Partito, come istituzione che raggruppa l’avanguardia rivoluzionaria, garanzia certa dell’unità dei cubani in tutti i tempi, solo il Partito, ripeto, può essere degno erede della fiducia depositata dal popolo nell’unico Comandante in Capo della Rivoluzione cubana, il compagno Fidel Castro Ruz! 

 

Non esporrò i dati dei partecipanti al processo di discussione del progetto del Documento Base né le molte modifiche risultate dello stesso, considerando la relazione informe del Secondo Segretario del Comitato Centrale, compagno José Ramón Machado Ventura, nell’inaugurazione di questo evento, che come tutti sanno, non è cominciato ieri, ma quasi immediatamente dopo la chiusura del Congresso del Partito.

 

Dopo l’elaborazione della prima stesura del Documento e la successiva analisi in molteplici riunioni del Burò Politico e della Segreteria, prima della discussione nelle organizzazioni di base del Partito e dell’Unione dei Giovani Comunisti (UJC), nei mesi di ottobre e novembre dell’anno scorso, i suoi risultati sono stati analizzati nel Terzo Plenum del Comitato Centrale, il 21 dicembre del 2011.

 

Anche nelle prime settimane di questo mese, a livello provinciale sono stati realizzati lo studio e la discussione da parte dei delegati alla conferenza e di altri quadri, e in totale sono state elaborate nuove versioni del Documento.

 

A differenza del progetto delle Tesi della Politica Economica e Sociale del Partito e la Rivoluzione, il cui dibattuto ha incluso in vari modi tutta la popolazione, il Documento Base della Conferenza, data la sua portata meno estesa e la sua messa a fuoco indirizzata più al funzionamento interno del partito, è stato analizzato da tutta la militanza, anche se il nostro popolo ha conosciuto integralmente il suo contenuto attraverso i media della stampa. Nel processo preparatorio della Conferenza è stato è stato dibattuto il ruolo dei militanti con l’interesse di perfezionare le relazioni del partito con la UJC, la Centrale dei Lavoratori di Cuba e le altre organizzazioni di massa, per far sì che le stesse incrementino, nelle attuali condizioni, il loro protagonismo e l’influenza nella società.

 

Come si sperava, dalla pubblicazione del Documento, non sono mancate le critiche e le esortazioni di coloro che, confondendo le proprie più intime aspirazioni con la realtà, si erano illusi che la Conferenza significava l’inizio della disgregazione del sistema politico e sociale, conquistati dalla Rivoluzione da più di mezzo secolo, con l’appoggio della maggioranza dei cubani.

 

In questo senso non è casuale che il primo obiettivo dica: “Il Partito Comunista di Cuba, forza dirigente superiore della società e dello Stato, è frutto legittimo della Rivoluzione e nello stesso tempo la sua avanguardia organizzata, che garantisce, con il popolo, la sua continuità storica. Questo concetto, al quale non rinunceremo mai, è in piena corrispondenza con l’Articolo 5 della Costituzione della Repubblica, approvata con un Referendum dal 97,7% degli elettori, con voto libero, diretto e segreto.

 

I nostri avversari, e anche alcuni che simpatizzano con noi, come ignorando la storia di permanente aggressione, blocco economico, ingerenza e assedio mediatico, espresso nella continua campagna della stampa detta libera, subordinata in maggioranza agli interessi imperiali dominanti, tutto quello che la Rivoluzione ha dovuto affrontare, esigono da noi, come si trattasse di un paese in condizioni normali e non un luogo assediato, il ritorno del modello multipartitico che esisteva in Cuba sotto il dominio neocoloniale degli Stati Uniti.

 

Rinunciare al principio di un solo partito, equivarrebbe semplicemente a legalizzare il partito o i partiti dell’imperialismo nel suolo patrio e sacrificare l’arma strategica dell’unità dei cubani, che ha reso una realtà i sogni d’indipendenza e giustizia sociale per i quali hanno lottato tante generazioni di patrioti, da Hatuey a Céspedes, Martí e Fidel.

 

Con il fine d’organizzare la lotta per l’indipendenza di Cuba e Portorico, Martí concepì la creazione di un solo partito politico, il Partito Rivoluzionario Cubano, come disse lui stesso: “Per fomentare la Rivoluzione in modo che vi possano entrare tutti i cubani di buona volontà, tutti coloro che amano Cuba, o la rispettano”.

 

Quando già la vittoria sulla Spagna era imminente, dopo 30 anni di guerra, ci fu l’intervento nordamericano e una delle prime misure fu dissolvere quel partito, come il glorioso Esercito di Liberazione, per lasciare spazio a quello che venne poi, il multi- partitismo della repubblica borghese e la creazione di un nuovo esercito con la sua repressiva guardia rurale inclusa, garanzia del dominio assoluto su tutte le ricchezze della nazione, di cui si appropriarono nei quattro anni della prima occupazione militare.

 

Quella fu la triste fine dei due pilastri della rivoluzione indipendentista: il Partito e l’Esercito di Liberazione, risorti 60 anni dopo, con la guida di Fidel, ispirato dall’insegnamento di Martí. Non permetteremo mai che quella storia si ripeta.

 

Non farò in questo intervento un riassunto dell’evoluzione storica del termine Democrazia, come si concepiva dell’antica Grecia, come ‘potere del popolo’, anche se la maggioranza schiava non contava niente. Non voglio nemmeno filosofare sulla vigenza e utilità della detta democrazia rappresentativa, che in definitiva è anche troppo nota ed è divenuta invariabilmente la concentrazione del potere politico nella classe che detiene l’egemonia economica e finanziaria di ogni nazione, dove le maggioranze non contano e quando manifestano, come accade attualmente in molti paesi, sono brutalmente represse e ridotte al silenzio con la complicità della grande stampa al loro servizio, anch’essa multi-nazionalizzata. Il miglior argomento è quello che ci offre la democrazia nordamericana, che pretende d’imporsi come modello a tutto il mondo, nella quale si alternano il potere dei partiti Democratico e Repubblicano difendendo, senza maggiori differenze, gli interessi dello stesso grande capitale, al quale i due sono subordinati.

 

Per citare alcuni esempi, ci sono la Base Navale di Guantanamo, territorio occupato dagli Stati Uniti illegalmente, contro la volontà del popolo cubano che è rimasta così da più di 100 anni indipendentemente dal partito al potere in questo paese, che tanto proclama la difesa dei diritti umani e che, nonostante le promesse dell’attuale presidente, mantiene lì da un decennio un prigione dove attualmente circa 170 cittadini stranieri sono sottoposti a torture e vessazioni, in un limbo legale.

 

Il secondo esempio, l’invasione di Playa Girón, concepita e pianificata da un presidente repubblicano, Eisenhower, e realizzata dal presidente Kennedy, solo tre mesi dopo la sua elezione, e che era del Partito Democratico e per ultimo, il blocco economico, che dura da mezzo secolo, e non importa se è repubblicano o democratico chi occupa la Casa Bianca.

 

Senza il minimo disprezzo verso altri paesi che hanno il sistema multipartitista, con tutto il rispetto della libera determinazione e della non ingerenza nei temi interni di altri Stati, consacrati nella Carta delle Nazioni Unite, in Cuba, partendo dalle esperienze fatte nella lunga storia delle lotte per l’indipendenza e la sovranità nazionali, difendiamo il sistema del partito unico, di fronte al gioco della demagogia e al mercantilismo della apolitica.

 

Se abbiamo scelto sovranamente, con la partecipazione e il supporto del popolo, l’opzione martiana del partito unico, quello che ci corrisponde è promuovere la maggior democrazia nella nostra società, cominciando a dare l’esempio dentro le fila del Partito, e questo presuppone fomentare un clima di massima fiducia e la creazione delle condizioni necessarie a tutti i livelli, per il più ampio e sincero scambio di opinioni nel seno dell’ organizzazione e nei suoi vincoli con i lavoratori e la popolazione, per far si che le discrepanze siano assunte con naturalezza e rispetto, includendo i media di comunicazione di massa, citati varie volte negli Obiettivi approvati in questa Conferenza, che si dovranno coinvolgere con responsabilità e la più stretta veracità in questo impegno, non in modo borghese sensazionalista e pieno menzogne, ma con provata obiettività e senza inutili segreti.

 

Per questo è necessario incentivare una maggior professionalità tra i lavoratori della stampa, compito in cui, ne siamo sicuri, conteremo con l’appoggio della Unione dei Giornalisti di Cuba (UPEC), i media di comunicazione e degli organismi e istituzioni che devono offrire informazioni fedeli e opportune per, tra tutti, con pazienza e unità di criterio, perfezionare ed elevare in continuazione l’efficacia dei messaggi e l’orientamento ai compatrioti.

 

Nello stesso tempo la formazione d’una società più democratica contribuirà a superare atteggiamenti simulatori e opportunistici, sorti al riparo di una falsa unanimità e il formalismo nel trattare differenti situazioni della vita nazionale.

 

Ci dobbiamo abituare tutti a dire le verità di fronte, guardandoci negli occhi, discutere e obiettare, criticare anche quello che dicono i capi, quando pensiamo d’avere la ragione, com’è logico, nel luogo adeguato, nel momento opportuno e in forma corretta, ossia nelle riunioni e non nei corridoi. Dobbiamo essere disposti a considerare i problemi, difendendo le nostre idee ed affrontando con fermezza quello che è malfatto.

 

Abbiamo già detto in altre occasioni, e si legge anche nella Relazione Centrale del 6º Congresso, che la sola cosa che potrebbe condurre ad una sconfitta la Rivoluzione, e il Socialismo in Cuba, potrebbe essere la nostra incapacità di sradicare gli errori commessi nei più di 50 anni passati dal 1º gennaio del 1959, e i nuovi in cui potremmo incorrere nel futuro. Non esiste e non esisterà una rivoluzione senza errori, perchè sono opera elle azioni degli uomini e dei popoli, che non sono perfetti e che affrontano inoltre per la prima volta nuove ed enormi sfide. Per questo credo che non ci dobbiamo vergognare degli errori; grave e vergognoso sarebbe non avere il valore d’approfondirli e analizzarli per estrarre un insegnamento da ognuno e correggerli a tempo.

 

Per la sua permanente vigenza, è opportuno ricordare le parole del compagno Fidel, del 28 settembre del 1986, nella chiusura del 3º Congresso dei CDR, quando segnalò: "La lotta contro le tendenze negative e la lotta contro gli errori commessi continuerà ininterrottamente, perchè abbiamo il sacro dovere di perfezionare tutto quello che facciamo, di perfezionare la Rivoluzione; abbiamo il sacro dovere di non essere mai soddisfatti, nemmeno quando crediamo che stiamo facendo bene le cose, e molto di meno sentirci soddisfatti quando sappiamo che non stiamo facendo le cose bene come dovrebbe essere”.

 

La generazione che ha la Rivoluzione ha avuto il privilegio storico, visto poche volte, di poter fare le rettifiche degli errori commessi da lei stessa, mostra eloquente che non ci fu una ripercussione strategica, al contrario, non saremmo qui oggi. Non pensiamo, anche se non siamo più tanto giovani, di scartare quest’ultima opportunità.

 

Riferendomi a questo tema, sento il dovere d’avvertire ancora una volta, che non ci dobbiamo illudere che le decisioni adottate in questa Conferenza Nazionale, e nemmeno gli accordi di portata strategica adottati dal 6º Congresso, costituiscono la soluzione magica di tutti i nostri problemi.

 

Per impedire che le istruzioni del Partito cadano nel nulla nuovamente, il Burò Politico ha deciso, com’è stato indicato nel suo momento a proposito della marcia dell’attualizzazione del modello economico e del compimento dei piani annuali e del bilancio, che i Plenum del Comitato Centrale analizzino due volte l’anno l’applicazione degli Obiettivi di Lavoro del Partito approvati in questa Conferenza; procederanno ugualmente i Comitati provinciali e municipali del Partito, nella forma e frequenza stabilita dal Comitato Centrale.

 

L’esperienza ci ha insegnato che quello che non si controlla con efficacia non si compie o si esegue superficialmente. È d’obbligo lavorare e perseverare con Ordine, Disciplina ed Esigenza per rendere realtà le Tesi di Politica Economica e Sociale come gli Obiettivi approvati in questo evento e gettare alle spalle la vecchia mentalità, forgiare con intenzioni trasformatrici e molta sensibilità politica la visione verso il presente e il futuro della Patria, senza abbandonare nemmeno per un istante il legato martiano e la dottrina del marxismo-leninismo, che costituiscono le fondamenta ideologiche principali del nostro processo rivoluzionario.

 

Per avere successo in questo impegno è indispensabile, come si legge nell’Obiettivo N.º 37: “Rinforzare l’unita nazionale attorno al Partito e alla Rivoluzione, stringere il vincolo permanente con le masse e consolidare la convinzione di preservare la nazione cubana e le conquiste economico sociali, sulla base che Patria, Rivoluzione e Socialismo sono vincolati indissolubilmente.

 

Così, il midollo del tema non sta nell’aver formulato adeguatamente questo obiettivo o altri, ma nel determinare le vie e le forme con cui lo portiamo nella pratica, con la massima fermezza, in modo di poter valutare integralmente quanto e come avanziamo, vedendo a tempo le tendenze negative, ed essendo capaci di mobilitare la militanza e il popolo per conseguire l’obiettivo in questione.

 

Questo è applicabile negli enunciati relazionati alla Politica dei Quadri, area che, come indica anche la Relazione Centrale del 6º Congresso, ha sofferto gli effetti dell’improvvisazione e della mancanza di previsione e sistematicità, portando come sequela che ancora non contiamo su una riserva di sostituti sperimentati e maturi, con una preparazione sufficiente per assumere le complesse funzioni di direzione nel Partito, nello Stato e nel Governo, compito che per ovvie ragioni, come tutti comprenderanno, riveste un’importanza strategica per la Rivoluzione e alla quale lavoriamo, senza precipitazione, ma senza interruzioni, nel compimento degli accordi del Congresso.

 

Approfitto dell’occasione per ratificare che, nella misura in cui nella definizione di tutte le correzioni che sarà necessario introdurre alla Costituzione della Repubblica e nella cornice legislativa complementare, tra gli altri temi, implementeremo la decisione di limitare ad un massimo di due periodi consecutivi di cinque anni il disimpegno degli incarichi politici e statali principali. Per questo considero che una volta definite e accordate le politiche nelle istanze pertinenti, potremo iniziare una lenta applicazione senza aspettare la riforma costituzionale, risorsa a cui non si ricorre spesso, ossia fare modifiche alla Costituzione, anche se lo fa lo stesso Parlamento senza necessita di referendum.

 

Ugualmente si dovranno modificare in questo senso gli Statuti e altri documenti rettori del Partito.

 

Parlando di questi temi non si può tralasciare di citare l’importanza d’assicurarsi che l’autorità morale del Partito, dei suoi militanti e sopratutto dei dirigenti, a tutti i livelli, si fonda nell’esempio personale, partendo da dimostrate qualità etiche, politiche, ideologiche e dal permanente contatto con le masse.

 

La Rivoluzione degli umili, per gli umili e con gli umili che è costata tanto sangue al nostro valoroso popolo smetterebbe d’esistere senza un solo sparo del nemico, se la sua direzione cadesse un giorno nelle mani d’individui corrotti o vigliacchi.

 

Questi concetti non sono certo nuovi, ma vale la pena di tenerli sempre presenti per il danno reale e potenziale che, nel presente e per il futuro della nazione, significa il fenomeno della corruzione.

 

Nelle ultime settimane i deputati dell’Assemblea nazionale e numerosi quadri e funzionari di tutto il paese hanno ricevuto abbondanti informazioni su alcuni processi investigativi svolti dagli organismi specializzati del Ministero degli Interni, in stretta armonia con la Procura e la Corte dei Conti della Repubblica. A tempo debito, dopo le decisioni dei tribunali corrispondenti, tutta la popolazione conoscerà ampiamente questi fatti.

 

Non molto tempo fa, intervenendo nella chiusura delle sessioni del Parlamento, nel dicembre scorso, ho fatto riferimento alla convinzione che la corruzione è, nella tappa attuale, uno dei principali nemici della Rivoluzione, molto più pericoloso del milionario programma sovversivo e d’ingerenza del governo degli Stati Uniti e dei suoi alleati, dentro e fuori dal paese. Inoltre ho detto che d’ora in avanti non permetteremo che le azioni contro il delitto siano effimere, come sicuramente è avvenuto in altre occasioni.

 

Fortunatamente, senza la minima intenzione di togliere gravità a questo male abbastanza generalizzato nel pianeta, considero che il nostro paese può vincere la battaglia contro la corruzione, prima frenarla e poi liquidarla, senza riguardi d alcun tipo. Abbiamo già avvertito che nella cornice della legge saremo implacabili con il fenomeno della corruzione.

 

Con frequenza, diversi tra gli implicati nei casi scoperti, erano militanti del Partito dimostrando vergognosamente la loro doppia amorale e l’uso di questa condizione per ottenere posizioni nelle strutture di direzione, violando in maniera flagrante i doveri di un militante comunista stabiliti negli Statuti.

 

Per questo, senza aspettare le revisione che si effettua nella cornice dell’attualizzazione dei documenti rettori del Partito, il Terzo Plenum del Comitato Centrale, svolto nel dicembre scorso, ha precisato che la sanzione da applicare a coloro che hanno partecipato a fatti di corruzione non può essere altra che l’espulsione dalle fila del Partito, senza eliminare le responsabilità amministrative o penali che corrispondono, dato che sinora, come pratica, questa misura - quella dell’espulsione - era eccezionale e si riservava ai casi di tradimento della Patria o per delitti gravi.

 

Non abbiamo dubbi che l’enorme maggioranza dei cittadini e dei quadri di direzione sono persone oneste, ma sappiamo che questo non è sufficiente e non basta essere onorati e sembrarlo: si deve lottare e scontrarsi, passare dalle parole ai fatti.

 

È vero che il Partito da anni stava sferrando la lotta contro questo flagello; senza dubbio però, questa andava per un lato e il Governo per un altro. Per assicurare un risultato positivo il Partito deve assumere definitivamente la conduzione del processo, anche se questo non significa che sostituirà minimamente le funzioni che riguardano ad ogni istituzione.

 

Il Partito, prima di tutto, esigerà da tutti responsabilità nel compimento degli obblighi, senza intervenire nell’amministrazione, ma richiamando l’attenzione, avvisando e lottando da lì, dal nucleo, dal municipio, stimolando, pensando e tornando a pensare su come mobilitare l’insieme delle forze in questo impegno. Ogni volta che si fa questo, proviamo che la correlazione delle forze in tutti i sensi ci favorisce nell’impegno d’eliminare la corruzione. L’importanza va data all’organizzazione e alla costanza di questa lotta.

 

Inoltre questa non è una funzione esclusiva dei militanti, ma anche un dovere di ogni cittadina e cittadino militante onesto, che si preoccupa del suo paese.

 

Vale la pena, in questo ambito, riprendere nell’attualità, concetti definiti dal 1973, quasi 40 anni fa, come parte del processo preparatorio del Primo Congresso.

 

Il Partito deve avere la capacità di dirigere lo Stato e il Governo, controllare il loro funzionamento e il compimento degli orientamenti tracciati, stimolare, dare impulsi, coadiuvare il miglior lavoro degli organi di Governo, ma, in nessun caso sostituirli. Li dirige mediante il controllo e questo termine si deve intendere nell’accezione di constatare, esaminare e controllare, mai nel senso d’intervenire o comandare.

 

Anche se non c’è nel testo, c’è nel pensiero di tutti, di tutta la massa dei militanti che nel Partito si deve smettere definitivamente “ il gusto del comando”, perchè la sua forza è morale e non giuridica e per questo si deve avere morale per dirigere il Partito e portare alle masse dei militanti questo spirito, che è “La Forza Morale”.

 

Il Partito dirige controllando che le sue direttive, con quelle dello Stato e del Governo, siano eseguite in modo appropriato da color a cui corrisponde.

 

L’organizzazione del Partito controlla per mezzo delle sue strutture e di tutti i suoi militanti, dall’alto al basso e viceversa, e questo non nega il ruolo di controllo che il Governo realizza sulle attività amministrative a suo carico.

 

Il controllo è simultaneo, ma non prevede interferenze. In un’impresa di produzione o dei servizi, questo lo esercita l’amministrazione dell’entità e per gli organismi statali o di Governo, come compete, la Corte dei Conti, la Procura, le banche, gli Uffici d’ amministrazione tributaria, ecc. Le organizzazioni del Partito, alla base, svolgono il controllo con le azioni dei loro militanti, siano semplici lavoratori o dirigenti, obbligando con l’esempio che emana dalla loro autorità che l’amministrazione si attenga strettamente al compimento delle norme giuridiche vigenti, senza tralasciare di trasmettere agli organismi politici superiori le informazioni pertinenti. Il Partito controlla che i piani economici e il bilancio si elaborino in maniera corretta e dopo l’approvazione dal Governo e del Parlamento si compiano con rigore.

 

Questi concetti sono ben chiari da tempo, dal Primo Congresso, ma noi poi ci siamo dimenticati di quelle risoluzioni, di quegli accordi, di quel magnifico Congresso e li abbiamo messi in un cassetto e per questo quasi mezzo secolo dopo, dobbiamo levare la polvere a quelle carte su quel che facevamo 40 anni fa, perchè ci siamo dedicati ad altre cose, per una ragione o per l’altra.

 

Per questo difenderemo tanto l’istituzionalità e che ognuno faccia quello che gli corrisponde, senza interferire sugli altri ma anzi appoggiandoci. Questi concetti inoltre sono stati attualizzati per cui è imprescindibile dalla base, ossia dallo stesso nucleo del Partito e dal Comitato di Base della Gioventù, educare i militanti con questi principi e su come si realizzano questi compiti: ognuno nella cornice in cui svolge le sue attività; come si fa questo che abbiamo orientato nei differenti Congressi o nella Conferenza, come in questo caso, ossia educare i militanti negli stessi, per incorporarli nelle attività quotidiane. Non si deve diventare filosofi, non c’è bisogni d’essere filosofi!

 

Questo è quel che dobbiamo insegnare, semplice e poco a poco, educare nelle riunioni corrispondenti, in brevi corsi, o in quel che è, che si sappia qual è la funzione, qual è il proprio ruolo; ma per disimpegnarsi in questo ruolo si deve avere morale in ogni senso. E dicevo che questo è, nella mia modesta opinione, un tema abbastanza discusso in alcune delle commissioni, ieri: l’aspetto essenziale del detto lavoro politico-ideologico e non le parole d’ordine vuote e le frasi prefabbricate.

 

Prima di concludere queste parole considero necessario denunciare, ancora una volta, le brutali campagne anticubane istigate dal governo degli Stati Uniti e da alcuni altri tradizionalmente impegnati con la sovversione contro il nostro paese, con la partecipazione della grande stampa occidentale e la collaborazione dei loro salariati nell’Isola, con il proposito di screditare la Rivoluzione, giustificare l’ostilità e il blocco contro la popolazione cubana e creare una quinta colonna, che faciliti le aspirazioni di privarci dell’indipendenza e della sovranità nazionali.

 

Come diceva l’editoriale del quotidiano Granma di lunedì 23 gennaio, i fatti parlano più delle parole. Le campagne anticubane non danneggeranno nè la Rivoluzione, nè il popolo che continuerà a perfezionare il suo socialismo. Si dimostrerà nuovamente che le menzogne, per quante volte le ripetano, non necessariamente si trasformano in verità, “perchè un principio giusto, dal fondo d’una caverna, è più forte di un esercito”.

 

Compagne e compagni:

 

In meno di un anno abbiamo effettuato due eventi del Partito, questa Prima Conferenza Nazionale e soprattutto il 6º Congresso, con accordi trascendentali per il presente e il futuro della Rivoluzione e del Socialismo in Cuba. La rotta è stata tracciata e avanzeremo quindi con la stesa decisione, la fermezza ideologica, il valore e la serenità dimostrate in più di 13 anni d’ingiusta reclusione dai nostri Cinque Eroi, per la cui libertà non smetteremo mai di lottare, e ai quali mandiamo il saluto fraterno dei comunisti e di tutto il popolo cubano.

 

Molte grazie.