Per
la
ventunesima volta consecutiva, l’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite ha condannato l’embargo che da più di mezzo
secolo colpisce la Rivoluzione cubana da parte degli Stati
Uniti. Hanno votato contro gli Stati Uniti stessi, Israele
e… Palau. Si sono astenute… le isole Marshall e la
Micronesia. Hanno votato a favore della mozione cubana, affermando così che Cuba ha ragione e gli Stati Uniti torto,
tutti gli altri, ovvero 188 paesi che rappresentano il 96%
della popolazione mondiale. Tra questi, tutti i 27 della UE
(compresa la dittatura comunista britannica), tutti gli
stati del Continente americano, tutti i paesi dell’OCSE
(salvo gli USA), tutti i paesi della NATO (salvo il paese di
Obama). Insomma ancora una volta alle Nazioni Unite è andato
in scena uno scandalo di proporzioni planetaria rendendo
plasticamente il pericolo di un enorme blob comunista che
travolge il pianeta e dove i valori della democrazia sono
difesi ormai solo dai capisaldi statunitensi e israeliani e
da un paio di isolette perdute nell’Oceano Pacifico. Se
fosse un film alla fine i buoni trionferebbero, no?
Tale notizia, rilevante, anche se è la ventunesima volta che
succede, è di fatto introvabile sui nostri giornali. Anzi,
sorprende che l’editorialista del Corriere della Sera Pigì
Battista, così spesso a favore di interventi militari e così
struggente nei suoi veementi editoriali contro le dittature
comuniste latinoamericane, non scrive un bell’editoriale per
chiedere di bombardare le trinariciute Nazioni Unite?
In effetti è strana l’informazione sull’America latina e su
Cuba sui nostri media.
Basta uno starnuto di Yoani Sánchez
all’Avana per provocare un uragano in Via Solferino a Milano
(con annessi editoriali dei Riotta o Pigì Battista di
turno). Al contrario i 50000 morti della narcoguerra di
Felipe Calderón in Messico, o i 2000 falsi positivi in
Colombia (persone inermi assassinate dall’esercito per farle
passare da guerriglieri e incassare gli incentivi produzione
pagati dal Pentagono) non meritano che un millesimo dei
fiumi di lacrime e d’inchiostro versati per Ingrid Betancourt. Un grande amore, quello per Yoani e per Ingrid,
che Mimmo Candito giurava (mepossinocecamme disse) sarebbe
stata portata in processione come una Madonna pellegrina
fino alla presidenza della Repubblica a Bogotà (poi non s’è
manco candidata).
Cuba in particolare è presente quasi quotidianamente nella
nostra informazione. Non per spiegare, non per capire,
sempre per condannare. Raramente con argomenti, che pure non
mancherebbero, quasi sempre inventando e mistificando. Torme
di castrologhi analizzano presunti esami clinici del
patriarca della Rivoluzione cubana Fidel Castro, o del
feroce saladino venezuelano Hugo Chávez, per leggere il
futuro dagli esami istologici (inventati da Miami) delle
loro frattaglie. In questi giorni le nostre redazioni sono
state piene di dettagli sugli imminenti funerali (ovviamente
segreti) di Fidel o sulla caduta inevitabile della
dittatrice argentina Cristina, rea di avere i ricchi contro.
Invece il più raffinato commento sul trionfo del dittatore
venezuelano Hugo Chávez nelle elezioni presidenziali è stato
“vabbé, ma tanto crepa presto”.
Sull’uragano Sandy, che prima di fare danni a New York ha
spazzato via i Caraibi in maniera inversamente proporzionale
al concetto di democrazia di Gianni Riotta (danni severi a
Cuba, gravi nella Repubblica dominicana, disastrosi ad
Haiti) c’è stato un iniziale silenzio assoluto. Quindi, una
volta passata la tempesta, invece di udire augelli far
festa, i media hanno fatto all’unisono un’ipocrita
autocritica: ma come mai non c’eravamo accorti prima dei
morti di Sandy fuori dagli Stati Uniti? Mistero… Qualcuno,
molto tendenzioso, ha ipotizzato che non avessero parlato di
Sandy a Cuba per evitare di dir bene della protezione civile
cubana. Chissà.
Di sicuro, se potessimo rappresentare graficamente in una
carta geografica l’interesse dei nostri media per l’America
latina usando come parametro il numero di articoli a questa
dedicati sui nostri media, e mettendoli in scala paese per
paese, il continente latinoamericano vedrebbe Cuba grande
quanto la Russia, il Brasile potenza mondiale come l’Austria
o la Svizzera, la Colombia o il Perù come San Marino.
L’Honduras poi, dove si concentrano da tre anni terribili
repressioni, e giornalisti e sindacalisti vengono
sistematicamente e impunemente ammazzati, sarebbe grande
(salvo che per l’Isola dei famosi) come un qualsiasi
condominio del Rione Monti o Prati da cercare al massimo con
la lente d’ingrandimento di Google Maps.
Allora, Pigì Battista, ce lo scrivi un bell’editoriale dal
Rione Monti sull’indispensabilità di salvare la democrazia e
la libertà bombardando le Nazioni Unite in mani comuniste?
PS In tempi di dibattiti sul Pantheon della sinistra, nei
quali Gramsci e Berlinguer sono sostituiti da Papa Giovanni
XXIII e dal Cardinal Martini, val la pena ricordare che
Néstor Kirchner, quando arrivò alla Casa Rosada nel 2003,
fece appendere enormi ritratti del suo personale Pantheon
della sinistra latinoamericana: Ernesto “Che” Guevara, Evita
Perón, Simón Bolívar e Salvador Allende. Io non dico il Che…
ma almeno Allende…
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