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C’è un Eroe libero a L’Avana |
22.07.2013 - Hernando Calvo Ospina www.granma.cu
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Anche se stavano insieme, ho abbracciato prima Olga.
“È sensazionale incontrarti in una situazione totalmente differente”, le ho detto emozionato. Altre volte avevamo condiviso tribune in Europa e a Cuba. Lei sempre denunciando la situazione dei Cinque antiterroristi cubani reclusi negli Stati Uniti.
Poi ho incontrato le braccia di quest’uomo alto e forte, con una piccola barba quasi bianca, che si chiama René González, il marito di Olga, il primo dei Cinque ad essere liberato. Dato che mi hanno invitato a mangiare qualcosa con alcuni familiari e pochi amici, ho più volte pensato a come salutarlo.
Eravamo seduti in un ampio balcone che riceva il vento che cercava di rinfrescare il tremendo caldo che in luglio assalta L’Avana.
Ero davanti a lui, con le ginocchia che quasi si toccavano. Mi ha offerto dell’acqua fresca e per farlo ha lasciato la mano di Olga, una delle poche volte che l’ha lasciata. Non si separano quasi mai. Sua mamma Irma mi ha proposto una bibita, sua sorella Sara del rum, ma era l’acqua che andava bene al momento.
Io non ero lì per fargli un’intervista e pensavo di non essere capace d’inventare una prima domanda originale. Per aprire il dialogo a quel punto mi sono rivolto a Olga per chiederle da tonto: “Come ti senti?” Ed ho ricevuto la risposta più logica dai suoi occhi brillanti, anche se con tracce di stanchezza: “Felice!”
René altri quattro cubani furono detenuti a Miami il 12 settembre del 1998, accusati di spionaggio. René fu condannato a 15 anni di prigione e lasciato in libertà vigilata nell’ottobre del 2011 dopo 12 anni di reclusione. Un’amica solidale gli ha prestato una casa in un elegante settore di Miami, ma rapidamente questa si è trasformata in un carcere dorato, come lui stesso la descrive. Praticamente viveva in clandestinità, dove fare attenzione a non essere identificato, perchè la sua vita era in pericolo, dato che doveva risiedere nella stessa città in cui regnano i gruppi di terroristi in cui lui si era infiltrato, denunciandoli, gruppi protetti dalla CIA e da altri organismo degli Stati Uniti.
L’anno scorso gli avevano permesso di visitare suo fratello malato. Erano 23 anni che non toccava il suolo cubano. Era stata anche l’occasione per rivedere Olga.
Lei per sicurezza era tornata a Cuba con le due figlie e Washington non le ha mai concesso un visto per visitare René.
Il 12 aprile di quest’anno gli hanno permesso di venire di nuovo a Cuba per partecipare al funerale del padre. Qui è stato chiesto nuovamente alla giudice statunitense di permettere a René di terminare di scontare l’anno e mezzo di libertà vigilata in Cuba. Poi è stato proposto a René di presentarsi alla Sezione d’Interesse degli USA, la SINA, per consegnare il suo passaporto e rinunciare alla sua nazionalità statunitense acquista per nascita. La giudice ha dovuto accettare la sua richiesta il 3 maggio, dato che non aveva più scuse.
L’Eroe della Repubblica di Cuba, com’è stato riconosciuto dal Parlamento cubano, con i suoi quattro compagni, non riesce a descrivere quello che è stare in Cuba. La figlia minore è cresciuta mentre lui era in carcere... “Ed ho avuto la fortuna, nella disgrazia della morte di mio padre, si stare con lei quando ha compiuto 15 anni”, ha detto.
Poi, mangiando un pezzetto di polenta commenta: “Sono stato in diversi luoghi inospitali dove c’è solo una radio, ma la gente ci conosce! Penso che questo non lo merito perchè so che ci sono molti altri cubani che hanno molti meriti per questo riconoscimento.
I Cinque Eroi
Mentre sto cercando di trovare la domanda originale, qualcuno mi chiede di raccontare a René “quello dell’aereo” e la mia inclusione da parte del Dipartimento di Stato degli USA nella lista dei presunti terroristi. Anche se sapeva qualcosa mostra la sua incredulità e si interessa ai motivi per cui il governo francese mi ha negato la nazionalità.
Dopo il mio racconto mi dice che teme per il futuro degli Stati Uniti, come in una riflessione, e afferma che al loro interno esistono molti tipi di violenza radicale, mentre il governo ricerca fantasmi di terroristi per il mondo.
Siamo d’accordo. René conosce la politica estera degli USA, quella europea e del mondo, e mi sorprende. Ascolta con attenzione un amico ambasciatore che fa un’analisi della situazione di conflitto in Africa, soprattutto in Mali ed in Libia.
Che diversi paesi europei abbiamo negato di sorvolare atterrare all’aereo del presidente Evo Morales lo lascia attonito.
È ora di cena. Ognuno si deve servire da solo e andare poi sulla terrazza a mangiare.
I coniugi si scusano perchè non possono restare a gustare i fagioli neri, ma devono andare all’ospedale a visitare una familiare.
La madre lo abbraccia con l’affetto immenso che va al di là di quello per un figlio amato.
Dal balcone di questo primo piano osserviamo la coppia. Lei si volta a dire ciao.
René, dopo aver aperto l’auto che guida lui stesso, ci guarda, alza il braccio con il pugno chiuso e si lascia sfuggire un sereno e sicuro sorriso e così gli rispondiamo.
Guardando l'auto che si perde al fondo della strada, penso a Gerardo Hernández e ai suoi due ergastoli più quindici anni.
Ricordando le mani intrecciate di René e di Olga, mi giunge l’immagine di Adriana Pérez, la moglie di Gerardo, alla quale è sempre stato negato il visto per andare a visitarlo.
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