La
casa editrice canadese Fernwood Publishing ha appena pubblicato
“Quello che c’è dall’altra parte del mare: la vera storia dei Cinque
cubani”, il libro più completo disponibile in inglese su un tema al
quale i nordamericani hanno avuto appena un accesso: il caso di
Gerardo, Ramón, Antonio, Fernando e René, i patrioti cubani reclusi
negli Stati Uniti per aver combattuto il terrorismo.
È una storia
sequestrata da quasi 15 anni.
Gli sforzi del suo
autore, Stephen Kimber, per pubblicarlo negli Stati Uniti sono stati
inutili. È stata molto difficile la vendita di questo libro alle
principali case editrici del nord america. Abbiamo ricevuto ogni genere
di spiegazioni ovviamente, ma la principale è che non esiste negli USA
un pubblico che accetterebbe la presentazione di un’immagine favorevole
di un gruppo di spie cubane. Io spero che questo libro dimostri che si
sbagliano.
Il libro è il
risultato di una sincera, minuziosa e profonda indagine che lo ha
portato a studiare le ventimila pagine dei documenti (Gli USA contro
Gerardo Hernàndez ) e le migliaia di pagine di documenti legali su
quello che è stato il caso più prolungato della storia nordamericana.
Inoltre Kimber ha
letto libri e giornali su Cuba e sul lungo scontro con gli Stati Uniti
ed ha anche intervistato numerose persone ai due lati dello stretto
della Florida, di una delle due parti o di nessuna.
Non è un testo
complicato sull’interminabile processo giudiziario, ma tocca senza
dubbio i suoi aspetti fondamentali. Non è nemmeno una biografia dei
Cinque, anche se le sue pagine li mostrano come sono: esseri umani
vicini al lettore. Il libro va al di là e aiuta a comprendere il
conflitto tra i due paesi.
Non è un lavoro
voluminoso nè difficile da leggere. Al contrario, con un linguaggio
chiaro e agile, permette al lettore di percorrere gli episodi di questo
conflitto e di terminare in poche ore una lettura che prende sin dalla
prima pagina. È opera di un maestro di giornalismo, un grande scrittore
e soprattutto un intellettuale onesto, impegnato solo con quello che h
potuto provare in modo indipendente.
Già nel primo
paragrafo dice: “Questo non è il libro che io pensavo di scrivere.
Questo libro voleva essere un romanzo, una storia d’amore che si
sviluppava in parte a Cuba, e ovviamente non era un romanzo sui Cinque,
a proposito dei quali avevo vaghe notizie”.
Kimber riferisce nel
prologo come è avvenuta la decisione di abbandonare il suo progetto
iniziale, per offrire un testo in cambio che ha niente di romanzato e
che è un esempio di rigoroso imparziale e obiettivo rispetto della
verità.
Nelle parole del suo
autore: “non è una semplice narrative lineare, ma è un cumulo a cascata
di incidenti e di scogli di complicità e conseguenze, una narrativa
parallela convergente e divergente, che mostra un reparto di carattere
eclettico ai due lati dello Stretto della Florida”.
“Chissà sia stata
l’ingannevole complessità di tutto quello che finalmente mi ha convinto
che questa storia andava raccontata, ed era necessario che qualcuno la
raccontasse, qualcuno che non sapeva già quali versioni di quelle storie
erano quelle vere”.
Radica in questo la
vera importanza di questo libro, frutto di un’investigazione realizzata
da qualcuno che iniziandola none era un difensore e simpatizzante della
causa dei Cinque. Kimber come migliaia di canadesi che visitano Cuba, ha
visto decine di volte i pannelli di propaganda scritti spesso con
ingenuità o scarsa capacità linguistica, e aveva ascoltato qualcuno
parlare con ammirazione dei Cinque Eroi, ma non sapeva quasi niente
all’inizio della sua indagine.
L’autore formula una
domanda che racchiude la chiave per comprendere il problema. Perchè il
FBI decise di arrestarli e processarli?
Perchè se erano anni
che li tenevano sotto controllo e conoscevano tutto quello che avevano
fatto e facevano?
Agendo in quel modo e
allontanandosi dalla pratica normale, il FBI aveva perso una sorgente
informativa importante ed anche sicura. Inoltre non li poteva accusare
di nulla di grave e per questo le sue accuse importanti formulate contro
di loro non implicavano crimini di sostanza, erano “di cospirazione”,
per i quali non si devono presentare prove concrete che inoltre non
sono mai esistite.
L’unica spiegazione è
quella politica.
Nell’estate del 1998
erano stati avviati i primi passi di quella che poteva diventare una
collaborazione tra i due paesi per porre fine alle azioni di terrorismo
contro Cuba, originate a Miami.
Una missione di alti
ufficiali del FBI inviata per decisone del presidente Clinton, aveva
ricevuto in Cuba una sostanziosa informazione su quelle attività ed
aveva promesso di agire. Quando la notizia di quei contatti giunse a
Miami, il signor Pesquera,
capo locale del FBI che manteneva stretti vincoli con i terroristi, li
arrestò e lo fece usando metodi che rivelavano le sue motivazioni e il
carattere politico dell’operazione.
“Se le accuse di
spionaggio contro i cubani sembravano poco convincenti, e lo erano
anche allora, perchè il FBI decise di dare tanta importanza a questa
parte del caso?
“Abbiamo fatto questo
in forma pubblica, aveva spiegato Héctor Pesquera in spagnolo, in un
messaggio che fu trasmesso con frequenza dalle emittenti radiofoniche
in spagnolo nei giorni successivi, per riunire informazioni del
pubblico.
Intenzionale o no la
notizia degli arresti e le accuse contro i cubani, servirono per
incrementare i livelli d’isterismo nella sempre al limite comunità degli
esiliati di Miami.
La giornalista della
WQBA-1140 AM – e non va dimenticato il portavoce della FNCA – Ninoska
Pérez Castellón diede al pubblico in trasmissione il numero del
centralino del FBI e invitò gli ascoltatori a chiamare il Burò e il suo
programma per “informare sulle persone sospette”.
I gruppi degli
esiliati, come la Fondazione Nazionale Cubano-Americana, felici delle
notizie degli arresti, sostenevano “adesso vediamo che hanno
minacciato gli interessi e la sicurezza degli Stati Uniti”, diedero
ancora più forza a una cupola di misure sempre più forti contro Cuba.
Il giorno dopo la
conferenza stampa di Pesquera, il presidente della FNCA, Alberto
Hernández e il suo vicepresidente Jorge Más Santos inviarono una lettera
al senatore Bob Graham, un membro del Comitato d’Intelligenza del Senato
che li appoggiava, per sollecitare che organizzasse un incontro
pubblico a Miami sullo spionaggio cubano.
Mentre tutto questo
succedeva a Miami, davanti al naso del signor Pesquera, senza che
nessuno li infastidisse, si addestravano quei terroristi che avrebbero
eseguito il brutale attacco dell’ 11 settembre del 2001.
L’ambiente di odio
creato dai mezzi di comunicazione locali di Miami, definito dal gruppo
dei giudici della Corte d’Appello come “una tormenta perfetta di
pregiudizi e ostilità”, portò alla decisione unanime di questi
magistrati dell’annullamento del processo.
Ma fu più tardi, nel
2006 che si seppe che coloro che avevano scatenato quella tormenta
ricevevano generosi e occulti pagamenti da parte del Governo Federale.
Il libro di Kimber
appare quando il caso è giunto ad un momento cruciale, in attesa che il
Tribunale di Miami si pronunci sugli appelli collaterali (Habeas
Corpus) il cui fondamento principale è precisamente la cospirazione
governativa del finanziamento e dell’organizzazione della campagna
mediatica che in Miami avvelenò tutto il processo e che fu iniziata
precisamente dallo stesso FBI.
Speriamo che la
giudice legga questo libro prima d’emettere la sua sentenza!
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