Juan Bosch, il primo presidente eletto democraticamente in Repubblica Dominicana dopo la caduta del dittatore Rafael Leónidas Trujillo, il 30 maggio del 1961, sofferse un colpo di Stato 50 anni fa.
Quell’azione pose fine al governo, di soli sette mesi, di uno dei fondatori del Partito Rivoluzionario Dominicano (nel 1939), che da quando giunse al potere lavorò per apportare benefici ai settori più miseri del popolo.
Inoltre aveva messo in pratica la Costituzione del 1963, un documento considerato insuperabile dagli studiosi prima e dopo la sua stesura.
Quella Costituzione raccoglieva la libera organizzazione sindacale, il rispetto del diritto al lavoro e soprattutto la partecipazione degli operai ai benefici delle imprese dove lavoravano.
Bosch, nello stesso tempo, respinse le pressioni esercitate dagli Stati Uniti e dai reazionari dominicani che volevano limitasse il libero esercizio del pensiero e dichiarasse il comunismo “una dottrina malsana e illegale”.
Il suo modo di governare, ha considerato il recentemente deceduto storiografo Franklin Franco, si scontrò con i poderosi gruppo economici, ecclesiastici, stranieri e militari rimanenti del “trujillismo”.
Il colpo di Stato, che non sorprese il fondatore del Partito della Liberazione Dominicana - PLD - anni dopo, nel 1973, guidato dal colonnello Elías Wessin y Wessin.
Secondo Bosch, ebbe successo per la corruzione esistente tra i militari e per il suo rifiuto di comprare degli aerei britannici a un prezzo di cinque milioni di dollari, nel cui affare il generale Miguel Atila Luna, capo dell’Aviazione Militare, avrebbe guadagnato un milione 200.000 dollari.
“Questo colpo militare rappresenta una macchia e una vergogna nella storia dominicana” disse il giorno prima, l’ex presidente del paese e leader del PLD, Leonel Fernández.
“I risentimenti dei gruppi di potere economico e sociale hanno condotto all’intolleranza e all’intransigenza per il governo di Bosch”, sostenne.
Come conseguenza immediata del colpo, riferiscono gli storiografi, emerse una grande instabilità politica che si concluse con la Rivoluzione dell’aprile del 1965, schiacciata a sua volta con l’invasione di 4200 militari degli Stati Uniti.