Questo
sì che sarebbe un film: la storia di un uomo
del popolo che sfida ogni avversità per
diventare l’Elvis politico dell’America
Latina. Più grande di Elvis, a dire il vero:
un presidente che ha vinto 13 elezioni
democratiche su 14. Ce lo possiamo anche
scordare di vedere un giorno un film così
vincere un Oscar – tanto meno vederlo
prodotto ad Hollywood. A meno che,
ovviamente, Oliver Stone convince HBO a
produrre uno special via cavo/DVD.
Com’è illuminante vedere le reazioni dei
vari leader mondiali alla notizia della
morte del Comandante Venezuelano Hugo Chavez.
il Presidente dell’Uruguay Jose Mujica - un
uomo che rinuncia al 90% del proprio salario
perchè insiste nel dire che gli basta molto
di meno per le proprie necessità - ha voluto
ricordare ancora una volta come considerava
Chavez “il leader più generoso che io abbia
mai incontrato”, mentre lodava “la fortezza
della democrazia” di cui Chavez era stato il
grande costruttore.
Confrontiamo queste parole con quelle del
Presidente Americano Barack Obama, che
suonano come un laconico “copia-incolla”
scritto da qualche interno della Casa Bianca
– che riaffermano il sostegno al “popolo
Venezuelano”. Parliamo del popolo che ha
eletto e rieletto ininterrottamente Chavez
dalla fine degli anni ‘90? O parliamo di
quella parte di popolo che smercia Martini a
Miami, e che lo ha odiato e disprezzato per
anni, definendolo un maledetto comunista?
El Comandante può anche aver lasciato il
palazzo – con il corpo sconfitto dal cancro
– ma la demonizzazione post-mortem
continuerà ancora e ancora. La prima
ragione: il Venezuela possiede le più vaste
riserve di petrolio del mondo. Washington,
insieme a quella traballante cittadella
kafkiana chiamata Unione Europea, continuano
a cantare All You Need is Love a quei
petro-monarchi feudali del Golfo Persico (ma
non al popolo), in cambio del loro petrolio.
Al contrario, El Comandante del Venezuela
escogitò l’idea sovversiva di usare la
ricchezza del petrolio per alleviare almeno
in parte i problemi della gente. Il
turbo-capitalismo occidentale, come è noto,
non prevede la redistribuzione della
ricchezza e l’arricchimento dei valori
comunitari.
TI ODIO, CABRON
Secondo il MInistero degli Esteri, sarà il
Vice Presidente Nicolas Maduro – e non il
leader dell’Assemblea Nazionale Diosdado
Cabello, molto vicino ai vertici militari –
a detenere temporaneamente il potere prima
delle nuove elezioni, che si svolgeranno fra
trenta giorni. È molto probabile che Maduro
le vincerà: l’opposizione politica in
Venezuela è un’inezia, per lo più
frammentata. Questo darà il via a uno
Chavismo senza Chavez – per la grande rabbia
dell’immensa industria pan-Americana e
pan-Europea che da sempre odia Chavez.
Non è un caso che El Comandante è diventato
incredibilmente popolare tra il “popolo” e
non solo nell’America Latina, ma in tutto il
sud del globo terrestre. Questo “popolo” - e
non nel senso inteso da Barack Obama – ha
visto chiaramente il legame diretto tra il
neoliberalismo e l’espansione della povertà
(ora milioni di Europei stanno iniziando ad
accorgersene…). Soprattutto nel Sud America,
è stata la reazione del popolo contro il
neoliberalismo che ha portato – attraverso
elezioni democratiche – ad una nuova era di
governi di sinistra nell’ultimo decennio,
dal Venezuela alla Bolivia, all’Ecuador e
all’Uruguay.
L’amministrazione di Bush – per dirne una –
aborriva questa situazione. Non poterono
fare niente per il Presidente Lula in
Brasile – un bravo amministratore che aveva
adottato un abbigliamento da neoliberale
(molto ammirato a Wall Street), ma che nel
cuore rimaneva un progressista. Washington –
nell’incapacità di disfarsi dell’eredità
degli anni ’60-70’, gli anni dei colpi di
stato a ripetizione – iniziò a convincersi
che Chavez era l’anello debole. E si arrivò
quindi al colpo di stato del 2002, condotto
da una fazione militare, che consegnava il
potere nelle mani un ricco imprenditore.
L’azione, sostenuta dagli USA, non durò più
di 48 ore: Chavez riprese in mano il potere,
sostenuto dal “popolo” (l’unica cosa che
conta) e dalla maggior parte delle forze
militari del paese.
Quindi non c’e’ niente di strano
nell’annuncio da parte di Maduro, a poche
ore prima della morte del Comandante, che
due impiegati dell’Ambasciata statunitense
sarebbero stati espulsi in 24 ore; l’attachè
delle forze aeree David Delmonaco, e
l’assistente Devlin Costal. Delmonaco era
stato accusato di fomentare (ma và?) un
colpo di stato insieme ad alcune fazioni
dell’esercito venezuelano. Quei gringos…non
perdono mai il vizio.
Ovviamente è prevedibile che tra gli
Chavisti circoli il sospetto che El
Comandante possa essere stato avvelenato –
come avvenne quando morì Yasser Arafat nel
2004. Potrebbe benissimo essere stato del
Polonio-210 radioattivo, come nel caso di
Arafat. La CIA – ormai di casa a Hollywood –
ne sa qualcosa, probabilmente…
TUTTO UN BRIVIDO (All shook up)
Il verdetto è ancora aperto: che tipo di
rivoluzionario era Chavez? Lodava tutti, da
Mao fino al Che, nel pantheon dei grandi
rivoluzionari storici. Indubbiamente era un
abile leader popolare, con una particolare
capacità di osservazione geopolitica che ben
identificava la storia di sottomissione
dell’America Latina nei secoli. Da qui il
suo costante riferimento alla tradizione
rivoluzionaria ispanica, da Bolivar a Marti.
Il mantra di Chavez era che l’unica
soluzione per l’America Latina era una
maggiore integrazione tra i suoi paesi; da
qui le varie iniziative come ALBA (Alleanza
Bolivariana), Petrocaribe , il Banco del Sur
(La Banca del Sud), l’ UNASUR (Unione dei
paesi Sud Americani).
Per quel che riguarda il suo “socialismo del
21° secolo”, al di là di ogni cliché
ideologico, ha fatto molto di più Chavez per
esplorare la vera natura dei valori comuni –
come antidoto alla putrefazione indotta dal
turbo-capitalismo distruttivo – di qualsiasi
studio, analisi o saggio accademico
neo-Marxista.
Nessuna sorpresa quindi che quelli della
Goldman Sachs e affini lo odiassero a morte,
come fosse la Peste Nera. Il Venezuela ha
acquistato dei caccia Sukhoi, è entrato in
rapporti strategici con i membri del BRICS
Russia e Cina – per non citare le altre
controparti del Sud del mondo; mantiene e
finanzia più di 30.000 medici cubani che
fanno prevenzione nelle piccole comunità del
paese (da qui il boom delle iscrizioni a
Medicina in Venezuela).
Le cifre parlano da sole, più di mille
parole: il deficit pubblico in Venezuela è
il 7,4% del PIL. Il debito pubblico è il
51,3% del PIL, molto meno della media in
Europa. Il settore pubblico – sfidando le
apocalittiche accuse di “comunismo”-
rappresenta solo il 18.4% dell’economia,
meno che nella “statalista” Francia e meno
anche che nell’area scandinava. In termini
di geopolitica del petrolio, le quote sono
fissate dall’OPEC; quindi, il fatto che il
Venezuela stia esportando di meno verso gli
USA significa che sta diversificando i suoi
clienti (e quindi esportando sempre di più
verso il suo partner strategico – la Cina).
E ora, il fiore all’occhiello: la povertà,
che prima rappresentava il 70% dei cittadini
venezuelani nel 1996, nel 2010 era il 21%.
Per un’analisi approfondita dell’economia
del Venezuela dell’era di Chavez, si veda il
link http://venezuelanalysis.com/analysis/7513
Anni fa, ci volle un grande scrittore come
Garcia Marquez per rivelare il segreto di El
Comandante, quello di essere un Grande
Comunicatore; lui era uno di loro (uno del
“popolo”, e non nel senso che intende Barack
Obama), dall’aspetto fisico agli
atteggiamenti, dalla gestualità al
linguaggio confidenziale (come Lula per i
Brasiliani).
Quindi, mentre Oliver Stone continua a
scandagliare il mercato cinematografico, noi
aspettiamo che arrivi un Garcia Marquez per
vedere Chavez elevato agli onori di un’opera
letteraria. Una cosa è certa: in termini di
narrativa del Sud del mondo, la storia
riporterà che El Comandante può anche aver
lasciato il palazzo, ma il palazzo, dopo di
lui, non sarebbe più stato quello di prima.
Pepe Escobar è autore di Globalistan: How
the Globalized World is Dissolving into
Liquid War (Nimble Books, 2007) e di Red
Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the
surge. Il suo ultimo libro: Obama does
Globalistan (Nimble Books, 2009).
Lo si può raggiungere a questo indirizzo:
pepeasia@yahoo.com.
Fonte:
www.atimes.com
Link: http://www.atimes.com/atimes/World/WOR-02-060313.html
6.03.2013
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a
cura di SKONCERTATA63
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