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Il traduttore si scusa per gli errori

 

Il Presidente venezuelano è in Italia

con un’intensa agenda di lavoro

 

 

17.06.2013 - Masiel Fernández Bolaños www.granma.cu

 

 

Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, è giunto in Italia, dove svolgerà un’intensa  agenda che includerà la  sua partecipazione alla Conferenza dell’ Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione (FAO).

 

Fonti della delegazione venezuelana hanno confermato a Prensa Latina che Maduro ha partecipato ieri domenica, nella sede della FAO,  ad una cerimonia per distinguere 18 paesi che hanno ridotto alla metà o di più il numero delle persone  denutrite calcolato nel 1990- 1992. Tra questi c’è anche il Venezuela.

 

Maduro ha poi realizzato una visita a Monte Sacro, là dove il Libertador Simón Bolívar giurò di non far riposare il suo braccio, nè dare riposo alla sua anima, un luogo di speciale significato per i venezuelani.

 

La mattina di oggi lunedì, sarà ricevuto dal Papa Francesco e nel pomeriggio parteciperà alla Riunone Generale della FAO.

 

Maduro sarà ricevuto dal  presidente italiano, Giorgio Napolitano, e parteciperà ad un incontro con i movimenti sociali.

di Luis Carapinha | da www.avante.pt

chavez foto braccio follaTraduzione di Marx21.it

Sono passati più di tre mesi dalla morte di Hugo Chavez. Per nessuno è un segreto che, dentro e fuori il Venezuela, la scomparsa prematura del leader della rivoluzione bolivariana rappresenta una perdita irreparabile e che, in questa situazione, il processo di emancipazione si trova ad affrontare un quadro complesso mai presentatosi in precedenza. Tuttavia, non si illuda chi pensi che la rivoluzione sia sconfitta o si appresti a capitolare. L'alleanza della grande borghesia venezuelana, comandata e assistita da Washington, ha puntato molto su un programma destabilizzatore, ma si è ritrovata sconfitta nello scontro frontale delle presidenziali del 14 aprile e nell'operazione sovversiva che in seguito ha scatenato nelle strade e nella campagna di disconoscimento e impugnazione delle elezioni.

Per lunghi mesi le forze della reazione si erano preparate a questo scenario elettorale e post-elettorale. Spudoratamente, gli stessi nemici dichiarati della Costituzione bolivariana e protagonisti del golpe fallito del 2002 si sono presentati alle prime elezioni senza Chavez sotto l'ombrello di una campagna chiamata “Simon Bolivar”. Il candidato Capriles si è trasformato in simpatizzante di tutte le cause popolari, erigendosi addirittura in sostenitore del “genuino” chavismo. Insieme alla serrata campagna politico-mediatica è stata pianificata e attuata la guerra economica. Una guerra di logoramento della base elettorale e sociale della rivoluzione, promuovendo sabotaggi della rete elettrica, la penuria di prodotti alimentari ed essenziali e il tentativo di instaurare un clima di caos. Mentre medita soluzioni golpiste, l'opposizione non smette di agitare la presunta uscita dal solco delle riforme all'interno del movimento bolivariano e nell'apparato statale.

Il Venezuela è immerso in un processo rivoluzionario con caratteristiche proprie, per molti aspetti inedite. Con un percorso sinuoso, a partire dalla rivoluzione di liberazione nazionale che si cerca di consolidare sulla strada della transizione socialista, coraggiosamente proclamata da Chavez nel 2006 e riaffermata dall'attuale presidente, Nicolas Maduro, il paese vive le contraddizioni di un processo di trasformazioni incompleto, in cui il nuovo è appena germogliato e il vecchio ancora persiste. Nel campo bolivariano esiste la consapevolezza che i rapporti di produzione dominanti continuano ad essere capitalisti, della dipendenza dallo sfruttamento e l'esportazione di petrolio e dalle importazioni (alimentari, articoli di consumo e attrezzature). La campagna sovversiva della destra, che fa leva su più di sette milioni di voti, ha contribuito all'acutizzazione della congiuntura economica in cui emergono gli squilibri produttivi e strutturali dell'economia venezuelana nel contesto in cui la rivoluzione bolivariana ha elevato sensibilmente, non solo il PIL, ma anche la capacità di acquisto e di consumo di vasti strati.

La risposta del Governo consiste nel disarmare la destabilizzazione e far fronte ai problemi più acuti che causano il malessere sociale. Allo stesso tempo si cerca di avanzare con misure strategiche per elevare la capacità produttiva e la partecipazione dei lavoratori, senza la cui organizzazione non esiste soggetto rivoluzionario.

La determinazione delle masse venezuelane è il fattore preponderante. Anche senza la presenza fisica di Chavez, l'iniziativa rimane dalla parte del campo bolivariano. L'unità concreta delle forze antimperialiste e rivoluzionarie è essenziale, nel momento in cui gli Stati Uniti non hanno ancora riconosciuto Maduro e intensificano le pressioni per rovesciare il rapporto di forze in America Latina che non è favorevole all'imperialismo.

- See more at: http://www.marx21.it/internazionale/america-latina-e-caraibi/22444-venezuela-la-rivoluzione-si-difende.html#sthash.JzFf56RC.j6ejHeLQ.dpuf

di Luis Carapinha | da www.avante.pt

chavez foto braccio follaTraduzione di Marx21.it

Sono passati più di tre mesi dalla morte di Hugo Chavez. Per nessuno è un segreto che, dentro e fuori il Venezuela, la scomparsa prematura del leader della rivoluzione bolivariana rappresenta una perdita irreparabile e che, in questa situazione, il processo di emancipazione si trova ad affrontare un quadro complesso mai presentatosi in precedenza. Tuttavia, non si illuda chi pensi che la rivoluzione sia sconfitta o si appresti a capitolare. L'alleanza della grande borghesia venezuelana, comandata e assistita da Washington, ha puntato molto su un programma destabilizzatore, ma si è ritrovata sconfitta nello scontro frontale delle presidenziali del 14 aprile e nell'operazione sovversiva che in seguito ha scatenato nelle strade e nella campagna di disconoscimento e impugnazione delle elezioni.

Per lunghi mesi le forze della reazione si erano preparate a questo scenario elettorale e post-elettorale. Spudoratamente, gli stessi nemici dichiarati della Costituzione bolivariana e protagonisti del golpe fallito del 2002 si sono presentati alle prime elezioni senza Chavez sotto l'ombrello di una campagna chiamata “Simon Bolivar”. Il candidato Capriles si è trasformato in simpatizzante di tutte le cause popolari, erigendosi addirittura in sostenitore del “genuino” chavismo. Insieme alla serrata campagna politico-mediatica è stata pianificata e attuata la guerra economica. Una guerra di logoramento della base elettorale e sociale della rivoluzione, promuovendo sabotaggi della rete elettrica, la penuria di prodotti alimentari ed essenziali e il tentativo di instaurare un clima di caos. Mentre medita soluzioni golpiste, l'opposizione non smette di agitare la presunta uscita dal solco delle riforme all'interno del movimento bolivariano e nell'apparato statale.

Il Venezuela è immerso in un processo rivoluzionario con caratteristiche proprie, per molti aspetti inedite. Con un percorso sinuoso, a partire dalla rivoluzione di liberazione nazionale che si cerca di consolidare sulla strada della transizione socialista, coraggiosamente proclamata da Chavez nel 2006 e riaffermata dall'attuale presidente, Nicolas Maduro, il paese vive le contraddizioni di un processo di trasformazioni incompleto, in cui il nuovo è appena germogliato e il vecchio ancora persiste. Nel campo bolivariano esiste la consapevolezza che i rapporti di produzione dominanti continuano ad essere capitalisti, della dipendenza dallo sfruttamento e l'esportazione di petrolio e dalle importazioni (alimentari, articoli di consumo e attrezzature). La campagna sovversiva della destra, che fa leva su più di sette milioni di voti, ha contribuito all'acutizzazione della congiuntura economica in cui emergono gli squilibri produttivi e strutturali dell'economia venezuelana nel contesto in cui la rivoluzione bolivariana ha elevato sensibilmente, non solo il PIL, ma anche la capacità di acquisto e di consumo di vasti strati.

La risposta del Governo consiste nel disarmare la destabilizzazione e far fronte ai problemi più acuti che causano il malessere sociale. Allo stesso tempo si cerca di avanzare con misure strategiche per elevare la capacità produttiva e la partecipazione dei lavoratori, senza la cui organizzazione non esiste soggetto rivoluzionario.

La determinazione delle masse venezuelane è il fattore preponderante. Anche senza la presenza fisica di Chavez, l'iniziativa rimane dalla parte del campo bolivariano. L'unità concreta delle forze antimperialiste e rivoluzionarie è essenziale, nel momento in cui gli Stati Uniti non hanno ancora riconosciuto Maduro e intensificano le pressioni per rovesciare il rapporto di forze in America Latina che non è favorevole all'imperialismo.

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Sono passati più di tre mesi dalla morte di Hugo Chavez. Per nessuno è un segreto che, dentro e fuori il Venezuela, la scomparsa prematura del leader della rivoluzione bolivariana rappresenta una perdita irreparabile e che, in questa situazione, il processo di emancipazione si trova ad affrontare un quadro complesso mai presentatosi in precedenza. Tuttavia, non si illuda chi pensi che la rivoluzione sia sconfitta o si appresti a capitolare. L'alleanza della grande borghesia venezuelana, comandata e assistita da Washington, ha puntato molto su un programma destabilizzatore, ma si è ritrovata sconfitta nello scontro frontale delle presidenziali del 14 aprile e nell'operazione sovversiva che in seguito ha scatenato nelle strade e nella campagna di disconoscimento e impugnazione delle elezioni.

Per lunghi mesi le forze della reazione si erano preparate a questo scenario elettorale e post-elettorale. Spudoratamente, gli stessi nemici dichiarati della Costituzione bolivariana e protagonisti del golpe fallito del 2002 si sono presentati alle prime elezioni senza Chavez sotto l'ombrello di una campagna chiamata “Simon Bolivar”. Il candidato Capriles si è trasformato in simpatizzante di tutte le cause popolari, erigendosi addirittura in sostenitore del “genuino” chavismo. Insieme alla serrata campagna politico-mediatica è stata pianificata e attuata la guerra economica. Una guerra di logoramento della base elettorale e sociale della rivoluzione, promuovendo sabotaggi della rete elettrica, la penuria di prodotti alimentari ed essenziali e il tentativo di instaurare un clima di caos. Mentre medita soluzioni golpiste, l'opposizione non smette di agitare la presunta uscita dal solco delle riforme all'interno del movimento bolivariano e nell'apparato statale.

Il Venezuela è immerso in un processo rivoluzionario con caratteristiche proprie, per molti aspetti inedite. Con un percorso sinuoso, a partire dalla rivoluzione di liberazione nazionale che si cerca di consolidare sulla strada della transizione socialista, coraggiosamente proclamata da Chavez nel 2006 e riaffermata dall'attuale presidente, Nicolas Maduro, il paese vive le contraddizioni di un processo di trasformazioni incompleto, in cui il nuovo è appena germogliato e il vecchio ancora persiste. Nel campo bolivariano esiste la consapevolezza che i rapporti di produzione dominanti continuano ad essere capitalisti, della dipendenza dallo sfruttamento e l'esportazione di petrolio e dalle importazioni (alimentari, articoli di consumo e attrezzature). La campagna sovversiva della destra, che fa leva su più di sette milioni di voti, ha contribuito all'acutizzazione della congiuntura economica in cui emergono gli squilibri produttivi e strutturali dell'economia venezuelana nel contesto in cui la rivoluzione bolivariana ha elevato sensibilmente, non solo il PIL, ma anche la capacità di acquisto e di consumo di vasti strati.

La risposta del Governo consiste nel disarmare la destabilizzazione e far fronte ai problemi più acuti che causano il malessere sociale. Allo stesso tempo si cerca di avanzare con misure strategiche per elevare la capacità produttiva e la partecipazione dei lavoratori, senza la cui organizzazione non esiste soggetto rivoluzionario.

La determinazione delle masse venezuelane è il fattore preponderante. Anche senza la presenza fisica di Chavez, l'iniziativa rimane dalla parte del campo bolivariano. L'unità concreta delle forze antimperialiste e rivoluzionarie è essenziale, nel momento in cui gli Stati Uniti non hanno ancora riconosciuto Maduro e intensificano le pressioni per rovesciare il rapporto di forze in America Latina che non è favorevole all'imperialismo.

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Sono passati più di tre mesi dalla morte di Hugo Chavez. Per nessuno è un segreto che, dentro e fuori il Venezuela, la scomparsa prematura del leader della rivoluzione bolivariana rappresenta una perdita irreparabile e che, in questa situazione, il processo di emancipazione si trova ad affrontare un quadro complesso mai presentatosi in precedenza. Tuttavia, non si illuda chi pensi che la rivoluzione sia sconfitta o si appresti a capitolare. L'alleanza della grande borghesia venezuelana, comandata e assistita da Washington, ha puntato molto su un programma destabilizzatore, ma si è ritrovata sconfitta nello scontro frontale delle presidenziali del 14 aprile e nell'operazione sovversiva che in seguito ha scatenato nelle strade e nella campagna di disconoscimento e impugnazione delle elezioni.

Per lunghi mesi le forze della reazione si erano preparate a questo scenario elettorale e post-elettorale. Spudoratamente, gli stessi nemici dichiarati della Costituzione bolivariana e protagonisti del golpe fallito del 2002 si sono presentati alle prime elezioni senza Chavez sotto l'ombrello di una campagna chiamata “Simon Bolivar”. Il candidato Capriles si è trasformato in simpatizzante di tutte le cause popolari, erigendosi addirittura in sostenitore del “genuino” chavismo. Insieme alla serrata campagna politico-mediatica è stata pianificata e attuata la guerra economica. Una guerra di logoramento della base elettorale e sociale della rivoluzione, promuovendo sabotaggi della rete elettrica, la penuria di prodotti alimentari ed essenziali e il tentativo di instaurare un clima di caos. Mentre medita soluzioni golpiste, l'opposizione non smette di agitare la presunta uscita dal solco delle riforme all'interno del movimento bolivariano e nell'apparato statale.

Il Venezuela è immerso in un processo rivoluzionario con caratteristiche proprie, per molti aspetti inedite. Con un percorso sinuoso, a partire dalla rivoluzione di liberazione nazionale che si cerca di consolidare sulla strada della transizione socialista, coraggiosamente proclamata da Chavez nel 2006 e riaffermata dall'attuale presidente, Nicolas Maduro, il paese vive le contraddizioni di un processo di trasformazioni incompleto, in cui il nuovo è appena germogliato e il vecchio ancora persiste. Nel campo bolivariano esiste la consapevolezza che i rapporti di produzione dominanti continuano ad essere capitalisti, della dipendenza dallo sfruttamento e l'esportazione di petrolio e dalle importazioni (alimentari, articoli di consumo e attrezzature). La campagna sovversiva della destra, che fa leva su più di sette milioni di voti, ha contribuito all'acutizzazione della congiuntura economica in cui emergono gli squilibri produttivi e strutturali dell'economia venezuelana nel contesto in cui la rivoluzione bolivariana ha elevato sensibilmente, non solo il PIL, ma anche la capacità di acquisto e di consumo di vasti strati.

La risposta del Governo consiste nel disarmare la destabilizzazione e far fronte ai problemi più acuti che causano il malessere sociale. Allo stesso tempo si cerca di avanzare con misure strategiche per elevare la capacità produttiva e la partecipazione dei lavoratori, senza la cui organizzazione non esiste soggetto rivoluzionario.

La determinazione delle masse venezuelane è il fattore preponderante. Anche senza la presenza fisica di Chavez, l'iniziativa rimane dalla parte del campo bolivariano. L'unità concreta delle forze antimperialiste e rivoluzionarie è essenziale, nel momento in cui gli Stati Uniti non hanno ancora riconosciuto Maduro e intensificano le pressioni per rovesciare il rapporto di forze in America Latina che non è favorevole all'imperialismo.

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Sono passati più di tre mesi dalla morte di Hugo Chavez. Per nessuno è un segreto che, dentro e fuori il Venezuela, la scomparsa prematura del leader della rivoluzione bolivariana rappresenta una perdita irreparabile e che, in questa situazione, il processo di emancipazione si trova ad affrontare un quadro complesso mai presentatosi in precedenza. Tuttavia, non si illuda chi pensi che la rivoluzione sia sconfitta o si appresti a capitolare. L'alleanza della grande borghesia venezuelana, comandata e assistita da Washington, ha puntato molto su un programma destabilizzatore, ma si è ritrovata sconfitta nello scontro frontale delle presidenziali del 14 aprile e nell'operazione sovversiva che in seguito ha scatenato nelle strade e nella campagna di disconoscimento e impugnazione delle elezioni.

Per lunghi mesi le forze della reazione si erano preparate a questo scenario elettorale e post-elettorale. Spudoratamente, gli stessi nemici dichiarati della Costituzione bolivariana e protagonisti del golpe fallito del 2002 si sono presentati alle prime elezioni senza Chavez sotto l'ombrello di una campagna chiamata “Simon Bolivar”. Il candidato Capriles si è trasformato in simpatizzante di tutte le cause popolari, erigendosi addirittura in sostenitore del “genuino” chavismo. Insieme alla serrata campagna politico-mediatica è stata pianificata e attuata la guerra economica. Una guerra di logoramento della base elettorale e sociale della rivoluzione, promuovendo sabotaggi della rete elettrica, la penuria di prodotti alimentari ed essenziali e il tentativo di instaurare un clima di caos. Mentre medita soluzioni golpiste, l'opposizione non smette di agitare la presunta uscita dal solco delle riforme all'interno del movimento bolivariano e nell'apparato statale.

Il Venezuela è immerso in un processo rivoluzionario con caratteristiche proprie, per molti aspetti inedite. Con un percorso sinuoso, a partire dalla rivoluzione di liberazione nazionale che si cerca di consolidare sulla strada della transizione socialista, coraggiosamente proclamata da Chavez nel 2006 e riaffermata dall'attuale presidente, Nicolas Maduro, il paese vive le contraddizioni di un processo di trasformazioni incompleto, in cui il nuovo è appena germogliato e il vecchio ancora persiste. Nel campo bolivariano esiste la consapevolezza che i rapporti di produzione dominanti continuano ad essere capitalisti, della dipendenza dallo sfruttamento e l'esportazione di petrolio e dalle importazioni (alimentari, articoli di consumo e attrezzature). La campagna sovversiva della destra, che fa leva su più di sette milioni di voti, ha contribuito all'acutizzazione della congiuntura economica in cui emergono gli squilibri produttivi e strutturali dell'economia venezuelana nel contesto in cui la rivoluzione bolivariana ha elevato sensibilmente, non solo il PIL, ma anche la capacità di acquisto e di consumo di vasti strati.

La risposta del Governo consiste nel disarmare la destabilizzazione e far fronte ai problemi più acuti che causano il malessere sociale. Allo stesso tempo si cerca di avanzare con misure strategiche per elevare la capacità produttiva e la partecipazione dei lavoratori, senza la cui organizzazione non esiste soggetto rivoluzionario.

La determinazione delle masse venezuelane è il fattore preponderante. Anche senza la presenza fisica di Chavez, l'iniziativa rimane dalla parte del campo bolivariano. L'unità concreta delle forze antimperialiste e rivoluzionarie è essenziale, nel momento in cui gli Stati Uniti non hanno ancora riconosciuto Maduro e intensificano le pressioni per rovesciare il rapporto di forze in America Latina che non è favorevole all'imperialismo.

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