Il
rivoluzionario Hugo Chávez è morto a 59
anni, dopo aver vinto alcune battaglie
decennali contro il cancro
dell’imperialismo, e aver perso una guerra
di un paio d’anni contro il cancro
dell’organismo.
Estimatori e detrattori si contendono il
giudizio politico sulla sua opera, ma
bastano alcuni fatti per mostrare da che
parte stia la ragione. Primo fra tutti il
colpo di stato dell’aprile 2002,
spalleggiato dagli Stati Uniti e dalla
Chiesa cattolica, e organizzato con modalità
analoghe a quello cileno contro Allende del
1973, con uno sciopero generale a oltranza e
l’immediato riconoscimento degli Stati Uniti
ai golpisti. Ma finito in maniera ben
diversa, con una sollevazione popolare a
favore del presidente, che lo liberò dopo un
paio di giorni di detenzione.
La causa immediata del tentativo di golpe
era stata la sostituzione in blocco, un paio
di mesi prima, dei vertici della compagnia
dei Petroli del Venezuela, che pretendevano
di usare gli utili per finanziare lo
sviluppo industriale, con dirigenti
filogovernativi, favorevoli invece a un uso
sociale dei proventi. Ovvero, la lotta di
classe allo stato puro: capitalisti contro
lavoratori, e naturalmente filoamericani
contro filovenezuelani.
Ma la tendenza sociale del governo di Chávez
si era già mostrata in molte altre misure,
prima di toccare i fili ad alta tensione del
petrolio. A partire dall’altro grande nodo
della lotta di classe: proprietari terrieri
contro contadini. Perché alla fine del
secondo millennio il Venezuela vedeva ancora
l’80% delle terre nelle mani del 10% della
popolazione, e la riforma agraria mise fine
a questa situazione medievale, costituendo
l’altra faccia della medaglia della
nazionalizzazione del petrolio.
Non meno importanti furono la riforma
costituzionale democratica, che Chávez
realizzò nel primo anno del suo primo
mandato presidenziale, nel 1999. Il
finanziamento della ricerca e della scuola,
con aumenti del 40% degli stipendi agli
insegnanti, che portò in pochi anni alla
scomparsa dell’analfabetismo. L’assistenza
sanitaria nazionale gratuita, per l’intera
popolazione. I prezzi politici dei generi
alimentari di prima necessità, che hanno
contribuito a combattere la malnutrizione. E
la nuova politica economica, con la denuncia
unilaterale dei patti filoccidentali con il
Fondo Monetario Internazionale e la Banca
Mondiale.
E’ ovvio che di fronte a misure così
radicali, gli Stati Uniti e l’Europa
storcano appunto il naso, e passino a oliare
i cannoni: se non quelli letterali, delle
cannoniere, almeno quelli metaforici, dei
diritti civili e di altre priorità
occidentali. Ma Chávez era presidente del
Venezuela, e si preoccupava degli interessi
e delle priorità dei venezuelani. E a vedere
dalle reazioni alla sua morte, sembra che i
suoi concittadini e i suoi elettori
l’abbiano capito, lo salutino come un
campione dell’indipendenza nazionale, e lo
ritengano un degno erede del Libertador
Simón Bolívar a cui egli stesso si ispirava. |