Cuba agli albori di un’importante

 

riforma sulla doppia moneta

 

 

2.11.2013 - Marc Vandepitte Scrittore olandese. Autore di due studi sulle riforme economiche a Cuba negli anni ’90; da: rebelion.org; 30.10.2013 http://ciptagarelli.jimdo.com

 

 

Dal decennio 1990 Cuba è, di fatto, l’unico paese del mondo che utilizza due monete (interne). L’introduzione della seconda divisa ha avuto origine in un contesto economico dei più drammatici, conseguenza diretta della caduta dell’Unione Sovietica e del rafforzamento dell’embargo fissato dagli Stati Uniti.

 

In quel momento l’introduzione della seconda divisa si rese necessaria per garantire il potere d’acquisto ed evitare un bagno di sangue sociale. In più, era anche utile – da una parte – poter proteggere il tasso di cambio della moneta nazionale mentre – dall’altra- si controllavano meglio le valute straniere che circolavano nel paese, essenzialmente con il turismo e l’invio di fondi dei cubani residente all’estero.

 

La prima moneta, il peso, viene utilizzata per il pagamento della maggior parte dei salari ed è la moneta dei beni prodotti localmente. L’altra moneta, chiamata peso convertibile o CUC, è il mezzo di pagamento dei turisti e si utilizza per le transazioni internazionali, ma anche nei supermercati che hanno articoli importati o anche nei migliori ristoranti.

 

Cuba è sempre stata una società molto egualitaria e l’introduzione di questa seconda moneta aveva aperto una breccia sociale. In questo senso l’esistenza di questo doppio sistema provocava molto risentimento. Una seconda moneta è anche poco vantaggiosa dal punto di vista economico. Complica la contabilità, rende più difficile il calcolo corretto della redditività reale delle imprese e danneggia il commercio internazionale.

 

Durante il VI° congresso del Partito Comunista Cubano nel 2011 furono votate tutta una serie di direttrici per attualizzare e affinare il modello economico. Una di queste direttrici era proprio la soppressione del  sistema della doppia moneta. Insieme ad essa  c’erano varie condizioni. In primo luogo, la produttività dei lavoratori doveva aumentare abbastanza e  dovevano essere stati realizzati alcuni meccanismi efficaci (leggasi: tasse) con lo scopo di ridistribuire la ricchezza. La soppressione è, quindi, un processo ben preparato e che va per tappe, e non qualcosa caduto dal cielo. 

 

Intanto, sembra che le condizioni siano state realizzate.

 

In una prima fase avrà luogo tale soppressione nelle aziende. In funzione della valutazione che si farà di questa prima fase, in seguito si procederà all’ampiamento della misura a tutta l’economia. Ancora non è stata fissata una linea temporale, ma la fase dovrebbe durare circa sei mesi. Sembra che quello che verrà eliminato  sarà il CUC e che, quindi, si lavorerà solo con il peso.

 

Durante gli ultimi mesi si sono già fatte alcune esperienze in questo senso. Così, già vengono riscosse alcune tasse in pesos sul salario pagato in CUC. Nei negozi Caracol, in cui precedentemente era obbligatorio pagare in CUC, dall’anno scorso si può già pagare con la carta di credito in pesos. Oltretutto, in alcune imprese  sono già vari anni che il tasso di cambio ufficiale è stato abbandonato e si è adottato un tasso di cambio intermedio, con il che ci si avvicina a quello della moneta unica.

 

La progressiva soppressione della doppia moneta probabilmente sarà accompagnata da una svalutazione del CUC (sopravvalutato) e, senza dubbio, da una rivalutazione del peso.

 

Oggi: 25 pesos = 1 CUC = 1 dollaro. Immaginiamo, ad esempio, una rivalutazione del 20% del peso e una svalutazione del CUC della stessa misura. Avremmo allora la seguente situazione: 17 pesos = 1 CUC = o,8 dollari (17 pesos = 1 dollaro). Facendo lo stesso esercizio un’altra volta, avremmo:  11 pesos = 1 CUC = 0,7 dollari (15 pesos = 1 dollaro).

 

E così via. Alla fine la differenza tra le due monete diventa così piccola da poter sopprimerne una.

 

Nel 2005 aveva già avuto luogo una rivalutazione del peso, però non definitiva. Perché una tale rivalutazione lo sia, è necessario che la base economica del paese diventi più solida e che aumenti la domanda esterna di beni e servizi cubani. Il turismo, lo sfruttamento del nichel, le decine di migliaia di medici che offrono i loro servizi per tutto il pianeta sono altrettante carte di successo in questo quadro. Insieme a questo, anche le buone relazioni economiche con Venezuela, Brasile, Cina e altri paesi in via di sviluppo hanno contribuito al rafforzamento dell’economia dell’isola in questi ultimi anni.

 

La soppressione della seconda moneta avrà anche importanti ripercussioni sulla società cubana. Riduce la differenza che c’è tra cubani che hanno accesso al dollaro (o ad altre monete straniere) e quelli che non lo hanno. Qui si tratta di una ripartizione cruciale di ricchezza a favore degli strati meno abbienti della popolazione. Questo ridurrà il problema della “caccia ai dollari”, spesso legato alla corruzione. Giocherà oltretutto un ruolo nel rafforzamento di settori come l’insegnamento o i servizi sanitari, attualmente trascurati a beneficio del settore turistico o di viaggi all’estero.

 

In ogni caso una cosa è certa: si tratta di un’operazione delicata e rischiosa sia sul piano sociale che su quello economico. Ma la rivoluzione cubana non è un principiante e ha dimostrato la sua capacità di adattamento più di una volta, nel passato.

 

In effetti il paese ha sofferto (e ha resistito) al più grande blocco economico della storia mondiale.  In due occasioni in 30 anni (la prima volta nel 1959 ed una seconda nel 1989), Cuba dovette trovare nuovi soci commerciali. Così, all’inizio del decennio del 1990 i cubani persero l’80% dei loro soci economici mentre assistevano alla caduta del loro PIL al 35%. E tutto quanto in pochi mesi.

 

Per farcene un’idea, si trattava di una crisi ancora più grave di quella che conoscono ora i paesi del Sud dell’Europa, con la difficoltà in più di dover uscire dalla crisi senza alcun aiuto esterno … e mentre il blocco economico statunitense continuava ad asfissiarli.

 

Quindi Cuba ha già dimostrato nel passato di non essere l’ultima della classe in materia di gestione economica. Senza dubbio questa riforma economica si inscrive direttamente in questa linea.