Lo sport cubano non scappa alle conseguenze negative del bloqueo che impongono gli Stati Uniti all’isola da 51 anni. L’ONU domani tornerà a respingerlo un’altra volta con una schiacciante maggioranza. Ma questo non eviterà che si ripetano perdite milionarie; importazioni più care di palloni, scarpe o giavellotti per gli atleti; ritenzioni indebite di denaro per premi vinti in competenze internazionali o che il macchinario di propaganda del governo di Obama continui a stimolare la fuga di talenti. Una politica che non si applica a nessuna nazione della terra. A dispetto del costo che paga Cuba per questa aggressione economica, a volte, queste misure fanno acqua. Nell’ultima settimana, il sito www.baseballdecuba.com ha pubblicato che uno dei migliori atleti del baseball, il “pitcher” Ismael Jimenez, aveva abbandonato il paese verso la Repubblica Dominicana. Non era vero.
“È una bugia di qualcuno che lo fa con un doppio fine, con l’idea di destabilizzare, di rovinare la vita di chi si è sacrificato sempre, che è rivoluzionario fin da bambino, come me che lo tengo nel sangue”, ha detto lo sportivo al quotidiano Escambray, di Sancti Spiritus, quando gli hanno bussato alla porta di casa. Stava lì e non all’estero. Da gennaio prossimo, in Cuba entrerà in vigore una nuova politica verso gli atleti che cercherà di stroncare le diserzioni di altri tempi.
L’Istituto Nazionale dello Sport, Educazione Fisica e la Ricreazione (Inder) ha diffuso in settembre una relazione che segnala, tra gli altri danni fatti all’isola, come gli Stati Uniti hanno sequestrato 2.300.000 dollari che le selezioni cubane di baseball hanno vinto per partecipare alle edizioni mondiali di questo sport nel 2009 e nel 2013. Fidel Castro aveva risposto in marzo del 2006 col gesto contrario: ha annunciato la donazione delle entrate ottenute nella prima lega mondiale del 2005 alle vittime dell’uragano Katrina che ha devastato New Orleans. All’anno seguente delegava il comando interino del governo a suo fratello Raul.
Secondo l’Inder, Cuba ha dovuto importare materiale sportivo per 1.070.000 dollari dovuto al bloqueo. Ha anche speso 72.000 dollari in affitto di navi da trasporto. Avrebbe potuto evitare una parte di queste somme se avesse accesso al mercato statunitense. L’acquisizione di materiali in paesi più lontani del suo vicino del nord ostile, elevano i costi al di sopra del 50%. Palloni, scarpe sportive, cronometri, giavellotti od ostacoli per atletica, deve comprarli in Europa od in Asia.
L’ambasciatore cubano in Argentina, Jorge Lamadrid Mascarò, ha dettagliato in una recente conferenza stampa sul bloqueo: “Durante l’amministrazione del presidente Barack Obama si è intensificato di più il cerchio economico e finanziario, ed oggi l’Ufficio Federale di Controllo di Beni ha più agenti perseguendo le transazioni cubane che le azioni dei terroristi nel mondo”. Se prendessimo come esempio il baseball od il nuoto, le mazze regolamentari delle marche Louisville, Wilson e Xbat o il trampolino per fare i tuffi in una piscina olimpica metterebbero a rischio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti se cadono nelle mani della Rivoluzione.
La lista di intoppi che pregiudicano allo sport dell’isola è lunga. Agli anteriori si sommano la proibizione degli USA affinché le sue delegazioni di atleti non possano competere a Cuba o che questo rifiuto si estende ai dirigenti od allenatori. Così è accaduto in novembre del 2012 a L’Avana, quando le autorità yankee hanno negato il permesso per concorrere alla riunione del Comitato Esecutivo della Federazione Internazionale di Pallacanestro amatoriale.
I fatti, tuttavia, sembrano avanzare in senso inverso: venti anni fa, l’architetto argentino Rodolfo Livingston pubblicava il libro Cuba esiste, è socialista e non è in coma. Questo titolo potrebbe applicarsi ad un trionfo diplomatico nell’ONU che si sconta –nel 2012 il risultato è stato di 188 a 3 (USA, Israele e Palau)–ed domani martedì si svolgerà ancora, quando un’altra volta si voterà contro il bloqueo degli Stati Uniti contro l’isola. Un’isola che è un continente a giudicare dai suoi risultati storici nei Giochi Olimpici, Panamericani e Centroamericani in materia sportiva.
A Londra 2012, sotto le attuali condizioni del bloqueo che il governo di Raul Castro denuncia (più di un miliardo di dollari in perdite), Cuba è arrivata sedicesima con quattordici medaglie: cinque d’oro, tre d’argento e sei di bronzo, benché lontano dal medagliere ottenuto in giochi anteriori (a Barcellona 92 ha avuto il suo record di 31 medaglie). Deve considerarsi anche un altro dato. Se Cuba è da cinque decadi una potenza sportiva regionale, in buona misura si deve a che aveva vinto soltanto dodici medaglie prima della Rivoluzione e durante la validità del bloqueo sono 196. Una differenza che prova il valore supremo che oggi è dato allo sport nella Maggiore delle Antille.