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Donne da
armare Mariana Grajales, creato nella Sierra Maestra 55 anni fa. |
4 settembre 2013 - Dilbert Reyes Rodríguez www.granma
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Pochi possono scoprire che i vincoli di sorellanza tra Tetè Puebla e la “Gallega” si sono forgiati tra i rigori della guerra, vedendo il loro forte abbraccio e la tenerezza dei loro volti e delle loro parole.
Se non fosse per l’uniforme vestita dalla prima o per le storie ribelli che racconta la seconda, non s’immagina facilmente nemmeno che quelle donne affettuose hanno impugnato una volta il fucile, hanno sparato contro il nemico, hanno usato una mitragliatrice, si sono mosse abilmente nei boschi e sono avanzate senza esitare all’ordine d’attacco.
La generale di Brigata Delsa Esther Puebla, Eroina della Repubblica di Cuba, ed Edemis Tamayo, "la Gallega", 55 anni fa erano due delle 13 donne che per la prima volta si posero un fucile in spalla e formarono una forza regolare.
Il 4 settembre del 1958, dopo una riunione di sette ore tra Fidel e il suo Stato Maggiore, si creò a La Plata il plotone femminile Mariana Grajales, un promettente esempio di fiducia nella donna cubana.
"Le cause che maturarono la nostra decisione d’insistere per incorporarci come combattenti, al di là d’essere cuoche, lavandaie, sarte, infermiere e o messaggere, fu fruito di un sentimento materno di furia e ribellione di fronte alle atrocità che commetteva la tiranna contro i contadini durante l’offensiva iniziata nel maggio del 1958 : bambini uccisi nei bombardamenti e con le mitragliatrici, figlie e mogli di contadini violate davanti ai loro occhi, famiglie intere massacrate, case e raccolti bruciati”, ricorda Teté Puebla.
Oltre ad aiutare nella retroguardia come guerrigliere, necessitavamo combattere e per questo insistemmo tanto con Celia come con Fidel, sino a che divenne concreta la possibilità, con Le Mariane”, aggiunge Edemis.
"La costituzione del plotone fu la cosa più difficile”, ricorda Tetè.
“Tra le truppe dominava il criterio machista, non di disprezzo o mancanza di stima, ma con pregiudizi sulla nostra resistenza fisica, la perizia militare e le qualità di combattenti, che fecero dubitare diversi capi che si opponevano alla creazione del plotone”.
“Ci fu anche chi domandò perchè, se c’erano ancora uomini disarmati, si dava un fucile a una donna, e il Comandante in Capo rispose - perchè sono soldati migliori di te!-
Lo stesso Fidel ci addestrò nel tiro, e ci nominò sua guardia personale per sottolineare davanti agli increduli la fiducia che aveva in noi. Varie volte lo affermò e poco tempo dopo ci battezzò nel fuoco del combattimento del Cerro Pelado e quando alcuni scommettevano che ci saremmo ritirate o avremmo peso le armi, noi demmo una lezione di valore.
In molte occasioni dovemmo dimostrare la nostra decisione di stare in prima fila di combattimento. Per le nostre qualità di tiratrici ci mandarono in quattro (le sorelle Isabel e Lilia Rielo; la Gallega ed io) comandate da Eddy Suñol, a fondare nel territorio di Holguín il IV Fronte Simón Bolívar, e quello che era stato uno dei più ferrei oppositori all’ integrazione del plotone, in poco tempo riconobbe come incalcolabile la nostra partecipazione alle azioni sferrate. Tra quegli esempi posiamo ricordare quello di La Presa, a Holguín, quando restammo isolate dal resto delle truppe e decidemmo di combattere comunque sino alla morte: i soldati nemici, notando che combattevano contro delle donne, restarono demoralizzati. Anche a Los Güiros, contro due camion di guardie, Suñol fu ferito nell’azione e noi prendemmo il comando, che terminò con una vittoria.
Ci furono diversi momenti, come quelli con il resto de Le Mariane protagoniste, quelle che restarono con la colonna di Fidel e sopportarono cruente battaglie e sacrifici come quelli che vissero a Guisa come gli uomini, con lo stesso coraggio e resistenza, e sopportarono dieci giorni di bombardamenti dell’aviazione, dell’artiglieria pesante, le incursioni permanenti del nemico, ma non retrocedettero mai di un solo centimetro dalle loro posizioni sino a conquistare la vittoria”, narra Tetè.
Il pregiudizio machista e di censura degli uomini fu senza dubbio un limite ma loro crebbero dopo la decisone del Comandante, che da prima aveva pensato a Mariana, ad Ana Betancourt, a Celia, e che voleva che il pensiero della Rivoluzione fosse così: di uguali opportunità per donne e uomini.
“Quello fu il legato più grande delle Mariane, aggiunge Edemis, essere state nella Sierra, la dimostrazione di un sogno che poi è divenuto realtà. Con la Rivoluzione quel piccolo plotone si moltiplicò in milioni di donne che cominciarono a fare di tutto e si fecero notare. Se siamo state capaci d’impugnare un fucile e combattere, che cosa può esistere che la donna di quest’Isola non può fare? Cuba oggi è il riflesso di quel pensiero fondatore e in una certa forma, conclude orgogliosa Edemis, Le Mariane ci sentiamo responsabili. |