Ci
sono volti che si ripetono e che accompagnano con più
assiduità il Comandante Ernesto Che guevara nelle sue visite
nella provincia.
Ci sono i volti degli uomini della sua scorta: Alberto,
Hermes, Argudin e Harry; di José Hermidas e Edison Velásquez,
allora delegati del Ministero dell’Industria, di Lolita
Rosell, combattente nella clandestinità, di Ernestina,
l’infermiera della Colonna No. 8 Ciro Ridondo, di Aleida
March.
C’è una serie di fotografie, scattate dall’allora cronista
del giornale Revolución, il compagno Mario Ferrer, nel
dicembre del 1959, ad un solo giorno dalla vittoria
rivoluzionaria.
Ci sono fotografie nelle quali appare il popolo mescolato,
con entusiasmo al verde olivo delle uniformi dei
guerriglieri e al blu, rosso e bianco, i colori della
Patria. Percorrono le strade di Santa Clara tra il giubilo,
i claxon e le consegne della Rivoluzione. Da un marciapiedi
una donna sembra segnalare dal centro della foto, gridando:
“Viva il Che! Comandante! Comandante!”
Il Che sorride scortato da due donne. Una è Ernestina, di
professione infermiera e con una vocazione da liberatrice,
colomba di vento fresco, fonte che consola e da animo al
ferito e a colui che ha dato la vita in cambio di un sorriso
alla Patria.
Alla sua destra Aleida March, la ragazza che entrò nella
guerriglia nel mese di novembre del 1958, la combattiva,
inseparabile aiutante del Comandante Che Guevara, attenta,
sveglia ed efficiente.
Collaboratrice nei compiti quotidiani, amica, moglie. Faceva
desiderare di partire in volo per atterrare nella sua anima
piena di tenerezza.
Le due donne sono ali per il guerriero, quel guerriero
vittorioso che, come diceva José Martí, sale al cielo per
riporre la sua spada nel sole. Non esiste uomo che ascenda
senza appoggio della donna, perchè la donna è un’ala.
Aleida si vede in una e un’altra fotografia; in occasioni
appare assieme al Che e in altre, la maggioranza, al
margine, sfocata, confusa tra la moltitudine, sempre tra la
moltitudine, sempre attenta.
“Il mio intervento non ha nessuna importanza, ce ne sono
altri che contano molto più di me. Io ero solo una
combattente qualsiasi”, confessò Aleida a un amico
messicano.
Alberto Castellanos, combattente della Colonna 8 e poi
autista di Che Guevara, racconta di quei giorni sull’Escambray.
“Quando stavamo già sull’Escambray, Aleida March, con altri
compagni andò sino all’accampamento El Pedrero. Io non c’ero
quel giorno, ma quando tornai vidi quella bella ragazza,
vistosa e rivoluzionaria, e chiesi subito chi era. Mi
dissero che era una combattente rivoluzionaria che stava
lottando nella clandestinità in provincia di Las Villas, ma
l’avevano avvisata d’andarsene perchè era nel mirino della
polizia, che aveva perquisito casa sua. La stavano cercando
e quindi la direzione del Movimento aveva ordinato che
rimanesse sull’Escambray.
Aleida March Torres aveva studiato nella Scuola Normale dei
Maestri ed era la minore di cinque fratelli. Visse sempre in
calle Céspedes No. 15 a pochi metri dal Parco Leoncio Vidal,
a Santa Clara. Entrò nel Movimento 26 di luglio e la sua
azione più coraggiosa avvenne nel 1958, dopo i fatti dello
sciopero d’aprile.
Con vari compagni del Movimento 26 di luglio e di Azione
Civica di Cienfuegos lavorò intensamente al riscatto, la
protezione e il trasferimento in montagna dei principali
organizzatori dello sciopero d’aprile, comandati da Victór
Bordon, a Quemado de Güines, Santo Domingo e altre zone
della regione.
Prima di novembre Aleida fece parte d’una commissione di
membri della rete urbana del 26 di luglio, capeggiata da
Ruiz de Zárate, per consegnare a Che Guevara 50 mila pesos,
nel suo accampamento sull’Escambray.
Castellanos afferma: “Aleida e il Che si innamorarono e lo
dico perchè quando la vidi pronunciai un piropo, un
complimento, e il Che mi guardò in maniera speciale e mi
disse, “Vattene Alberto che qui non hai niente da fare!”
A parte i meriti rivoluzionari, e lo voglio dire, Aleida era
molto carina e intelligente e questo deve avere
impressionato il Che, che a sua volta, assieme alla sua
grande personalità, aveva una bella apparenza e questo
sicuramente sarà piaciuto ad Aleida.
Si dice che un ribelle le portò dei fiori di campo come
aveva chiesto il Che e che si sedettero sul bordo di un
essiccatoio del caffè a conversare, c’era una bella luna e
cantavano i grilli e le cicale; si dice anche che egli
scrisse nella sua agenda che quella notte avrebbe fatto la
corte ad Aleida e che glielo fece leggere, ma io di questo
non so niente, non ho sentito niente.
Lui era un uomo molto parco, riservato, parlava poco di
queste cose e quindi furono fatti tra loro due, che nessuno
conosce.
Dopo Santa Clara e più in là in lontananza si trovano le
colline dell’Escambray: El Pedrero, Caballetes de Casa,
Gavilanes, Jibacoa.
Nell’Escambray i grilli e le cicale cantano insieme, vicino
agli essiccatoi del caffè e tutti i giorni un uomo e una
donna s’innamorano.
Harry Villegas Tamayo, generale di brigata, uno dei pochi
sopravvissuti alla guerriglia in Bolivia, ricorda quei
giorni: “Io ho partecipato con lui all’invasione. Giungemmo
nell’Escambray e poi prendemmo Santa Clara. In quei giorni
conobbe e si innamorò di Aleida March. Non fu un amore
superficiale come alcuni pensano, non accadde che si videro
e si innamorarono immediatamente; non fu amore platonico o a
prima vista, ma nacque durante lo sviluppo della lotta. La
mia città, dagli ultimi giorni del 1958 divenne presenza
quotidiana nella vita del Che. Santa Clara si fece donna e
per lui si chiamò Aleida: città donna per quel Comandante
che un giorno venendo da Las Villas mi disse: “Alberto,
credi che mi potrei sposare a casa tua”? Io gli risposi
subito di sì.
Alberto Castellanos racconta in un’intervista concessa a
Froilán González e Adys Cupull che fu Camilo che organizzò
tutto e disse agli invitati che dovevano portare
personalmente le cose da mangiare e da bere.
Alcuni, conoscendo il Che, ci credettero, ma Lidis, mia
moglie ed io ci salvammo perchè restammo con tutto quello
che avanzò quando gli ospiti se ne andarono. Ognuno degli
sposi doveva avere almeno due testimoni e io stavo bevendo
del rum quando mi dissero: “Vieni Alberto, ti stanno
chiamando”! Era per firmare come testimone del Che.
Ho avuto l’onore d’essere uno dei suoi testimoni con il
ministro delle forze armate Raúl Castro e il Comandante in
Capo, Fidel Castro.
Per Aleida non so chi firmò. Il matrimonio fu molto
semplice: c’erano Fidel, Camilo, Celia, Samuel Rodiles, Raúl,
Vilma, Alberto Fernández Monte de la Oca, sua moglie Lidis
ed io con pochi altri. |