Fidel, sull’equilibrio del mondo ancora vacillante

A proposito della vicinanza della Terza Conferenza Internazionale per l’Equilibrio del Mondo, si riproducono frammenti del discorso del Comandante in Capo nella chiusura della prima edizione di questo importante evento, nel gennaio del 2003.

 

 

19 gennaio 2013 - www.granma.cu

 

 

Che significa Martí per i cubani?

 

“In un documento denominato ‘Il Presidio Politico in Cuba’, Martí quando aveva solo 18 anni, dopo aver sofferto una crudele reclusione a 16, con le catene di ferro agganciate alle caviglie affermò: “Dio esiste, senza dubbio, nell’idea del bene che veglia dalla nascita di ogni essere e lascia nell’anima che si incarna in lui una lacrima pura. Il bene è Dio. La lacrima è la fonte del sentimento eterno.”

 

Per noi cubani, Martí è l’idea del bene che lui descrisse.

 

(…) al di là di Cuba che cosa ha ricevuto da lui il mondo? Un esempio eccezionale di creatore e umanista, degno da ricordare per i secoli.

 

(…) nella già famosa lettera non conclusa al suo amico più intimo, Manuel Mercado, che Martí interrompe pera marciare senza che nessuno potesse impedirlo ad un imprevisto combattimento, rivelò per la storia il suo più intimo pensiero che non perchè è conosciuto e ripetuto tralascerò di citare ancora una volta: Già tutti i giorni sono in pericolo di dare la mia vita per il mio paese e per il mio dovere (...) d’impedire a tempo, con l’indipendenza di Cuba, che gli Stati Uniti si estendano per le Antille e ricadano maggiormente con questa forza sulle nostre terre d’America. Quello che ho fatto sino ad oggi e farò, è per questo.”

 

Alcune settimane, firmando a Santo Domingo il Manifesto di Montecristi assieme all’ esemplare patriota latinoamericano Máximo Gómez, d’origine dominicana e scelto da Martí come capo militare delle forze cubane, prossimo a partire per Cuba, tra le molte e brillanti idee rivoluzionarie, Martí scrisse cose tento ammirabili che pur con il rischio di annoiare, necessito ripetereL “La guerra d’indipendenza di Cuba [...] è un evento di grande portata umana e servizio opportuno, che l’eroismo giudizioso delle Antille presta alla fermezza e al giusto trattamento delle nazioni americane e all’equilibrio ancora vacillante del mondo”.

 

Quanto precocemente scrisse qust’ultima frase, che è divenuta il tema principale di questo incontro. Nulla oggi è più necessario e vitale che questo distante e apparentemente utopico equilibrio.

 

Centosei anni, quattro mesi e due giorni dopo la lettera di José Martí a Manuel Mercado, e centosei anni , cinque mesi e ventisei giorni dopo il Manifesto di Montecristi firmato da Martí e Gómez, il presidente degli Stati Uniti, in un discorso pronunciato il 20 settembre del 2001, nel Congresso di questa nazione, ha pronunciato le seguenti frasi:

 

“Andiamo ad utilizzare qualsiasi arma di guerra che sia necessaria”.

 

“Il paese non deve aspettare una sola battaglia, ma una campagna prolungata, una campagna senza parallelo nella nostra storia”.

 

“Qualsiasi nazione, in qualsiasi luogo, adesso deve prendere una decisione : o sta con noi o sta con il terrorismo”.

 

“ Ho chiesto alle Forze Armate di stare all’erta, e c’è una ragione per questo: si avvicina l’ora in cui entreremo in azione e voi ci farete sentire orgogliosi”.

 

(…) “Non sappiamo quale sarà la rotta di questo conflitto, ma sì sappiamo quale sarà il finale (...) e sappiamo che Dio non è neutrale”.

 

Nel discorso pronunciato il 1º giugno del 2002, in occasione del 200º anniversario dell’ Accademia Militare di West Point, il presidente degli Stati Uniti, tra le altre cose, ha dichiarato:

 

“Nel mondo nel quale siamo entrati l’unica via per la sicurezza è la via d’azione, E questa nazione agirà”.

 

“La nostra sicurezza necessita che si trasformi la forza militare che voi dirigerete in una forza militare che dev’essere pronta per attaccare immediatamente, in qualsiasi oscuro angolo del mondo (...) che si sia pronti per l’attacco preventivo quando sia necessario difendere la nostra libertà e difendere le nostre vite”.

 

“Invieremo diplomatici dove sia necessario, e li invieremo da voi, ai nostri soldati, dove voi sarete necessari”.

 

“Siamo di fronte ad un conflitto tra il bene e il male [...] Non creiamo un problema, ma riveliamo un problema. E dirigeremo il mondo nella lotta contro il problema”.

 

(…) Quelle parole non le pronunciava un pazzo da un oscuro angolo di un manicomio,

ma sono avallate da decine di migliaia di armi nucleari, milioni di bombe e proiettili distruttori, decine di migliaia di missili teleguidati e precisi, migliaia di bombardieri e aerei da combattimento, con piloti e senza piloti; decine di squadre e distaccamenti navali con portaerei e sottomarini a propulsione nucleare o convenzionali; basi militari con permesso o senza permesso in tutti gli angoli del mondo, satelliti militari che spiano ogni chilometro quadrato del pianeta, sistemi di comunicazione sicuri e istantanei, capacità di schiacciare quelli di qualsiasi altro paese e la possibilità d’intercettare simultaneamente migliaia di milioni di conversazioni; arsenali favolosi di armi chimiche e biologiche e bilanci di spese militari che si approssimano a 400 bilioni di dollari, con i quali si potrebbero affrontare e risolvere molti dei principali problemi del mondo. Le minacce menzionate sono state pronunciate da chi dispone e può ordinare l’uso di questi mezzi. Pretesto? Il brutale attacco terrorista dell’11 settembre, che è costato la vita a migliaia di nordamericani. Il mondo intero è stato solidale con il popolo nordamericano e indignato ha condannato l’attacco. Con l’appoggio unanime dell’opinione mondiale si poteva affrontare il flagello del terrorismo da tutti gli angoli e tutte le correnti politiche e religiose.

 

La battaglia, come ha espresso Cuba, doveva essere fondamentalmente politica ed etica, nell’interesse e con l’appoggio di tutti i popoli del mondo.

 

Nessuno poteva concepire l’idea d’affrontare assurdi, screditati e impopolari concetti terroristici che danneggiano le persone innocenti, applicati da individui, gruppi, organizzazioni ed anche da alcuni Stati o governi, utilizzando per combatterli un brutale terrorismo di Stato universale e proclamando come diritto d’una super potenza il possibile sterminio di intere nazioni con l’uso, persino, delle armi nucleari e di altre di distruzione di massa.

 

(… ) Nessuno può sapere o indovinare quello che potrebbe avvenire in qualsiasi guerra o situazione similare. La sola cosa che è possibile affermare è che la minaccia di una guerra in Iraq ha gravitato considerevolmente sull’economia mondiale, oggi danneggiata da una grave e profonda crisi che, unita al colpo fascista contro il governo bolivariano del Venezuela, uno dei maggiori esportatori di petrolio, ha elevato i prezzi di questo vitale prodotto a livelli insopportabili per l’immensa maggioranza del resto dei paesi, soprattutto i più poveri, anche prima che sia risuonato un solo sparo in Iraq.

 

(… ) Se noi tralasciamo le terribili conseguenze d’una guerra in quella regione, che l’unica superpotenza potrebbe imporre a suo arbitrio, l’equilibrio nel terreno economico che il mondo soffre oggi è ugualmente una grande tragedia.

 

Crescono e si approfondiscono le differenze relazionate con i paesi ricchi e poveri, tra di loro e dentro di loro, ossia cresce l’abisso della distribuzione della ricchezza, la peggior plaga della nostra era, con la sua sequela di povertà, fame, ignoranza, malattie, dolore e sofferenze insopportabili per gli esseri umani.

 

Perchè non osiamo dire che non c’è democrazia, libera opzione, nè libertà reale nel mezzo di spaventose disuguaglianze, ignoranza, analfabetismo totale o funzionale, assenza di conoscenze e una mancanza terribile di cultura politica, economica, scientifica e artistica, alle quali possono accedere solo esigue minoranze, anche nei paesi sviluppati, con il mondo inondato da milioni di milioni di dollari di pubblicità commerciale e consumista che avvelena le masse con ansie di sogni e desideri inaccessibili, che conduce allo spreco, all’alienazione e alla distruzione implacabile delle condizioni naturali della vita umana? In un solo secolo e mezzo termineremo le risorse energetiche e le loro riserve note e probabili che la natura ha tardato 300 milioni di anni a creare, senza che si intraveda appena una sostituzione possibile.

 

Cosa conoscono le masse dei complessi problemi economici del mondo di oggi? Chi ha insegnato loro che cos’è il Fondo Monetario Internazionale, il Banco Mondiale, la OMC e altre istituzioni similari? Chi ha spiegato le crisi economiche, le loro cause e le conseguenze? Chi ha detto loro che già il capitalismo, la libera impresa e la libera concorrenza appena esistono e che 500 grandi imprese multinazionali controllano l’80% della produzione e del commercio mondiali? Che le ha istruite che le monete del terzo mondo sono pezzi di carta che si svalutano in continuazione e che le loro riserve in denaro reale o quasi reale scappano inesorabilmente verso paesi più ricchi, come la legge fisica di Newton, e le terribili conseguenze materiali e sociali di questa realtà?

 

Perchè dobbiamo milioni di milioni di dollari impagabili e non riscuotibili, mentre decine di milioni di persone includendo bambini da zero a cinque anni, muoiono di fame e malattie curabili ogni anno? Quanti sono i coscienti che le nostre culture nazionali sono sempre più distrutte?

 

(…) Perchè non si alza un monumento vivo alla bella e profonda verità contenuta nell’aforisma martiano ‘Essere colto è l’unico modo di essere libero"?

 

(…) Se in qualcosa abbiamo saputo onorare l’Eroe, la cui feconda nascita commemoriamo oggi, è aver dimostrato che in un paese piccolo e povero, pur commettendo molti inevitabili errori d’apprendistato, si può fare molto con poco.

 

Il maggior monumento dei cubani alla sua memoria è aver saputo costruire e difendere questa trincea per far sì che nessuno potesse cadere con più forza sui popoli d’America e del mondo.

 

(...) nello stesso popolo nordamericano, che non abbiamo mai visto come nemico, nè abbiamo accusato delle minacce e delle aggressioni che per più di 40 anni abbiamo sofferto, possiamo percepire, partendo dalle sue radici etiche, un amico, un alleato potenziale della cause giuste dell’umanità.

 

Lo abbiamo visto con la guerra del Vietnam. Lo abbiamo visto in qualcosa che ci toccava molto da vicino, come il sequestro del bambino Elián González. Lo abbiamo visto nell’appoggio alla lotta di Martin Luther King. Lo abbiamo visto a Seattle e in Quebec, assieme ai canadesi, ai latinoamericani e gli europei contro la globalizzazione neoliberista. Cominciamo a vederlo già nella sua opposizione ad una guerra non necessaria, senza contare almeno con l’approvazione del Consiglio di Sicurezza. Lo vedremo domani assieme agli altri popoli del mondo, difendendo l’unico cammino che può preservare la specie umana dalle stesse pazzie degli esseri umani”