A 50 anni  dal ciclone Flora
 

Quei cinque giorni che
sconvolsero Cuba

 

 

4 ottobre 2013 - Orfilio Peláez  www.granma

 

 

“Il sentimento di solidarietà dell’uomo è più poderoso degli uragani”.
- Fidel, ottobre del 1963.

 

 

Il 1 ottobre del 1963 alcuni mezzi di comunicazione informarono su una nota emessa dall’ allora Osservatorio Nazionale, sulla presenza nell’estremo sud delle Antille Minori del sesto ciclone tropicale della stagione, chiamato Flora.

 

Interessate all’importante notizia dell’arrivo a Cuba di  Valentina Tereshkova, la prima donna cosmonauta del mondo inviata nello spazio dall’allora Unione Sovietica, molte persone scorsero appena l’informazione.

 

Nessuno poteva immaginare che pochi giorni dopo il fenomeno meteorologico avrebbe sconvolto il paese, provocando la seconda catastrofe naturale documentata nella storia dell’arcipelago.

 

La prima fu provocata dall’uragano del 9 novembre del 1932  a Santa Cruz del Sur, a Camagüey, dopo aver colpito con le sue piogge torrenziali per cinque giorni consecutivi le allora province di Oriente e  Camagüey.

 

Come ha ben definito una testimonianza inedita dello scomparso di recente, noto regista di documentari  Eduardo de la Torre,  che all’epoca era cameraman della  Filmica della FAR  e che aveva girato impressionanti immagini del tragico fatto, Flora è stato il più pazzo tra i cicloni che sono passati sul territorio nazionale e il suo insolito comportamento lo ha dimostrato.

 

 

La storia di un dramma

 

 

Il 26 settembre di quel 1963 si formò nelle acque dell’Atlantico Orientale una depressione tropicale che 72 ore dopo raggiunse la categoria detta Tormenta Tropicale, nominata Flora.

 

Il suo processo d’identificazione continuò e prima della fine del 29 era già un uragano e si muoveva in direzione Ovest-nord-nordovest e poi a Nord-est per avvicinarsi in maniera graduale ai mari a sud della Penisola de Tiburón, in Haiti,  che superò nella notte del 3 ottobre, lasciando una scia di distruzione.

 

Il giorno seguente penetrò nel territorio nazionale, nelle prime ore del pomeriggio, dalla costa sud dell’attuale provincia di Guantánamo come uragano  con categoria 2 dell’attuale scala Saffir-Simpson, con venti massimi sostenuti stimati di 165 Km. l’ora.

 

Così cominciò la lenta e vagante traiettoria del Flora sul suolo cubano, con rotta Nordovest, ovest sudest e  nordest e di nuovo Ovest, sino a chiudere un cerchio al disopra della regione orientale e uscire il 6 ottobre verso il golfo di Guacanayabo.

Poi entrò a sud di  Camagüey, dove si diresse a Sudest e poi a Est nordest, per abbandonare in maniera definitiva il paese nella mattina dell’8 ottobre, da Gibara, in Holguín.

 

Come spiegarono a Granma il dottore in scienze   Ramón Pérez Suárez, dell’Istituto di Meteorologia, e il professor Luis Enrique Ramos Guadalupe, storiografo di questa disciplina, una complessa interazione di fattori favorì la colossale importanza della sua devastazione.

 

Tra questi, la poco abituale traiettoria descritta, caratterizzata dalla permanenza dell’uragano sulla regione orientale di Cuba, aspetto condizionato dalla posizione e la persistenza dei centri anticiclonici situati a nord e a ovest di Cuba; le caratteristiche topografiche della zona colpita, dove si combinano grandi vallate e montagne elevate, e la mancanza di un’infrastruttura idraulica che permettesse di ridurre l’effetto delle notevoli inondazioni, unita al fatto che il paese allora non contava su un sistema nazionale di  protezione ben strutturato ed efficace per preservare la vita umana e le risorse materiali, di fronte alla presenza di disastri naturali.

 

Così dal 4 all’8 ottobre del 1963, la regione orientale fu testimone di un vero diluvio di pioggia che in alcuni luoghi raggiunse i 1.600 millimetri.

 

Solo il giorno 5 ci fu un accumulo massimo di 735 millimetri, mentre ci sono testimoni che le acque del fiume Cauto si estesero per 20 chilometri al di fuori del suo letto, trascinando via tutto quello che incontrarono al loro passaggio.

 

Le crescite raggiunsero livelli senza precedenti e molti paesi scomparvero sotto l’azione violenta dei torrenti in piena. Ci sono le immagini scattate da fotografi e da cameraman che mostrano l’agonia di molte persone che stavano sui tetti delle loro case,  o afferrate al tronco di un albero,  aspettando che gli elicotteri delle FAR le riscattassero.

 

I morti certi furono  1.157 e il totale delle case completamente distrutte fu di undicimila. 

 

Ci furono più di 130.000 evacuati, mentre il bestiame, il raccolto del caffè e tutte le coltivazioni soffersero perdite gravissime.  Distrutte  le strutture telefonica e stradale, come i ponti e le linee della ferrovia. 

 

 

L’impronta di Fidel

 

 

È impossibile ricordare i fatti drammatici del Flora senza menzionare la presenza del Comandante in Capo, Fidel Castro, nello scenario della tragedia, a capo, con altri dirigenti della Rivoluzione, delle azioni per affrontare i disastri provocati dal ciclone e dirigendo personalmente molte operazioni di riscatto, in una delle quali  corse il rischio d’essere coinvolto in un incidente, quando il mezzo anfibio su cui viaggiava fu trascinato via dalle acque.

 

Il 21 ottobre del 1963 Fidel intervenne in catena nazionale di radio e televisione, per fare una valutazione del disastro provocato dal celebre ciclone Flora ( questo nome fu ritirato definitivamente della lista dei nomi usati  nella conca atlantica tropicale), e indicare i passi da intraprendere per evitare la ripetizione di disastri simili nel futuro.

Da quello storico intervento pubblico sorse l’iniziativa d’ investire nella regione orientale non meno di 200 milioni di pesos, destinati a costruire nuove dighe e canali che, oltre ad offrire a tutte le famiglie la tranquillità che non sarebbero più state vittime di una situazione come quella, avrebbero aiutato a risolvere i problemi del rifornimento di acqua alla popolazione e per l’agricoltura in molti paesi della zona.

 

Questo segnò poi la nascita dei quella che si conobbe come “volontà idraulica”.

 

L’amara esperienza lasciata dal ciclone Flora, condusse inoltre alla successiva creazione con carattere ufficiale del Sistema di Difesa Civile nel luglio del 1966 e alla costituzione dell’Istituto di Meteorologia, la cui inaugurazione avvenne la sera del 12 ottobre del 1965.

 

Il Flora ha marcato allora un prima e un dopo, nella preparazione del paese di fronte ai disastri dal punto di vista preventivo e organizzativo, come scientifico, e in questo l’impronta del Leader storico della Rivoluzione  è stata una chiave.

 

 

Accadde 138 anni fa
Il primo avviso di ciclone tropicale redatto a L’Avana

Orfilio Peláez 

 

 

Tra i  significativi avvenimenti scientifici che avvennero a l’Avana nel XIX secolo, risalta la redazione, l’11 settembre del 1875 del primo avviso di ciclone tropicale documentata nella storia della meteorologia.

 

L’autore fu il padre catalano Benito Viñes Martorell,  che era stato inviato a Cuba cinque anni prima dalla Compagnia di Gesú per dirigere l’Osservatorio Meteorologico del Collegio di Bélen,  sito allora in Compostela, tra Luz e Acosta, nell’attuale  Avana Vecchia.  

 

Come spiega il professor  Luis Enrique Ramos Guadalupe, storiografo di questa disciplina nell’Isola, Viñes ebbe la brillante idea d’inviare ai giornali la nota in cui avvisava  della prossimità dell’uragano che nelle ore successive doveva passare nelle vicinanze  e offerse l’opportuna informazione anche ai naviganti che stavano per salpare verso l’Oceano Atlantico e il Golfo del Messico.

 

L’ avviso fu pubblicato il giorno dopo in “La Voz de Cuba”,  ed oltre d avvertire gli avaneri del pericolo immediato- L’Avana fu colpita dall’uragano il 14 settembre -  nel suo testo il sacerdote gesuita prevedeva per la prima volta la probabile traiettoria di un organismo ciclonico.

 

Noto per i suoi apporti nel campo della Meteorologia Tropicale, e  membro di Merito della Reale Accademia di Scienze Mediche, Fisiche e Naturali de L’ Avana, Benito Viñes morì in questa città  il 23 luglio del 1893.