Molto positivo il programma gratuito

degli impianti cocleari

 

 

 

 

4.11.2013 - Alfredo Boada Mola www.granma.cu

 

 

 

Cuba svolge da circa 15 anni  un programma nazionale gratuito degli impianti cocleari nel quale sono assistiti  270 bambini, sopratutto con handicap e sordo-ciechi.

 

La dottoressa Beatriz Bermejo, membro del Gruppo Nazionale degli Impianti Cocleari,  ha informato Prensa Latina che nel 1998 cominciarono gli impianti cocleari nell’Isola, in un lavoro svolto con varie istituzioni, come il Centro Nazionale di Neuroscienze, il Centro Internazionale di Salute La Pradera e l’Ospedale Hermanos Ameijeiras, a L’Avana.

 

“A Cuba, secondo uno studio realizzato tra il 2001 e il 2003, il tasso della presenza nazionale di sordi è del 2.1 per mille abitanti”,  ha detto la specialista.

 

Dal 2005, quando si realizzarono 21 impianti cocleari, il lavoro è stato perfezionato con un gruppo multidisciplinare di specialisti, composto da chirurghi otorino, neuro fisiologi, neuro-pediatri, logofoniatri, psicologi, logopedisti e terapeuti del linguaggio. 

 

Beatriz  Bermejo, a capo del dipartimento di Logopedia e Foniatria del Centro Internazionale di Salute La Pradera, a ovest de L’Avana,  ha indicato che il programma cubano di controllo dell’udito dispone di diversi centri regionali ed ha una copertura estesa in tutto il territorio nazionale, coprendo tutte le età sino a 18 anni.

 

“La missione è incontrare tutti i bambini con fattori di rischio di sordità da quando nascono. Con una buona investigazione e la scoperta sempre più precoce della perdita dell’udito, l’ideale è prima dei sei mesi,  si ottengono migliori risultati nel trattamento perchè più i bambini sono piccoli, quando ricevono l’impianto, migliori saranno i risultati nello sviluppo del linguaggio e dell’abilità cognitiva in generale.

 

Il programma comprende la selezione, la chirurgia, la programmazione dell’apparato, la riabilitazione uditiva, che è necessaria per migliorare la dizione, l’estetica e il timbro della voce del paziente.

 

“Si tratta di un lavoro di gruppo, nel quale sono state assistite anche persone di altri paesi,  Guinea e Venezuela, e si potrebbe realizzare una vasta copertura in America Latina”, ha terminato la dottoressa.