Un modo di lottare un pò strano ...

 

 

2.05.2013 - Iroel Sanchez http://lapupilainsomne.wordpress.com
 

 

 

Questo 1 ° maggio, insieme ad altri undici paesi, Cuba riferisce al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, come parte di un sistema chiamato Esame Periodico Universale.

C'è un rapporto del governo cubano che raccoglie con dati il compimento raggiunto - da Cuba - degli obiettivi del millennio proclamati dalle Nazioni Unite. Lì ci sono i risultati dell'Isola all'attuare l'accesso di massa e gratuito ai servizi che sono oggi ormai considerati in molti paesi europei un cattivo affare e come tali sono stati tagliati contro l'espressa volontà della maggioranza dei cittadini che, poiché non possono parlare con i loro governi, gli é rimasto solo trattare con la polizia antisommossa che gli inviano alle manifestazioni.

Ma ci sono quelli per cui questo processo di Esame Periodico è diventato un buon affare. Viaggiano per il mondo chiedendo ai governi di Europa e America Latina lo stesso che chiedono gli Stati Uniti: che cambino e induriscano la loro politica nei confronti di Cuba. Se vanno a Washington abbracciano i politici di Miami che favoriscono le restrizioni economiche imposte dagli Stati Uniti contro l'isola; e se in Messico o in Spagna i famigliari di giornalisti assassinati tentano di avvicinarli, evitano il contatto.

Se qualcuno riesce a raggiungere il loro controllato intorno per ricordargli che i diritti sociali, che persino Colin Powell ha riconosciuto si attuano a Cuba meglio che negli Stati Uniti, sono la base per l'esercizio dei diritti politici, lo accusano di essere un agente del governo cubano o essere ingannato dal mito Castro.

Lungi dal lottare nel sistema elettorale cubano, che come hanno testimoniato media occidentali tra cui la BBC, offre l'opportunità di partecipare dal basso e guadagnare spazio politico con l'ottenere una maggioranza semplice in istanze di base, cercano i voti nei parlamenti di altri paesi.

Persino il presidente Raul Castro ha criticato le carenze della stampa cubana; non conosco un rivoluzionario dell'isola che sia soddisfatto delle prestazioni attuali e non chieda  trasformarla. Tuttavia, i signori che in questi giorni occupano le prime pagine dei giornali controllati da quella parte dell' 1% che sono i proprietari e inserzionisti dei mezzi di comunicazione non hanno bisogno che la stampa cubana cambi, essi hanno la potente industria mediatica del capitale al loro servizio insieme al
budget miliardario che Washington destina per pagare la propaganda contro Cuba e creare giornali digitali personalizzati.

Ricordando un bolerón, i cosiddetti combattenti per i diritti umani a Cuba hanno un modo di lottare un pò strano: mentre il socialismo cubano, nonostante le sue imperfezioni, da decenni sta facendo  giochi di prestigio per garantire che, nonostante il blocco degli Stati Uniti, i bambini dell'isola siano tra i meno malati, i suoi anziani tra quelli che più vivono, le sue donne quelle che più dirigono, i prigionieri quelli che più studiano ed esista un sistema che fa sì che l'unico requisito per sviluppare il talento sia tenerlo, loro sono impegnati nel tentativo di rovesciarlo perché Washington così vuole.

 

 

Una forma de luchar un poco rara…

Iroel Sánchez http://lapupilainsomne.wordpress.com/


Este 1ro de Mayo, junto a otros once países, Cuba rinde cuentas ante el Consejo de Derechos Humanos de la ONU como parte de un sistema llamado Exámen Periódico Universal.
Hay un informe del gobierno cubano que recoge con datos el cumplimiento adelantado -por parte de Cuba- de las metas del milenio, proclamadas por la ONU. Allí están los resultados de la Isla al implementar el acceso masivo y gratuito a servicios que hoy son considerados en muchos países de Europa un mal negocio y como tal han sido recortados en contra de la voluntad expresa de la mayoría los ciudadanos que, como no pueden hablar con sus gobiernos, sólo les ha quedado tratar con los policías antidisturbios que les envian a las manifestaciones.
Pero hay para quienes este proceso de Exámen Periódico se ha convertido en un buen bussisnes. Viajan por el mundo exigiéndole a gobiernos de Europa y América Latina lo mismo que les pide Estados Unidos: Que cambien y endurezcan sus políticas hacia Cuba. Si van a Washington se abrazan a los políticos de Miami que favorecen las restricciones económicas impuestas por EE.UU. contra la Isla; y si en México o España tratan de abordarlos familiares de periodistas asesinados, rehúyen ese contacto.
Si alguien logra llegar hasta su controlado entorno para recordarle que los derechos sociales, que hasta Collin Powell reconoció se cumplen en Cuba mejor que en Estados Unidos, son la base para el ejercicio de los derechos políticos, lo acusan de ser agente del gobierno cubano o estar engañado por un mito castrista.
Lejos de luchar en el sistema electoral cubano, que como han testimoniado medios de comunicación occidentales como BBC, les ofrece la oportunidad de participar desde abajo y ganar espacio político sólo con obetener mayoría simple en instancias de base, buscan los votos en parlamentos de otros países.
Hasta el presidente Raúl Castro ha criticado las insuficiencias de la prensa cubana, no conozco a un revolucionario de la Isla que esté feliz con su desempeño actual y no pida transformarla. Sin embargo, los señores que por estos días ocupan las primeras planas de los diarios controlados por esa parte del 1% que son los propietarios y anunciantes de los medios no necesitan que la prensa cubana cambie; ellos tienen la poderosa industria mediática del capital a su servicio junto al presupuesto multimillonario que Washington destina a pagar la propaganda contra Cuba y crear periódicos digitales por encargo.
Recordando un bolerón, los llamados luchadores por los derechos humanos en Cuba tienen una forma de luchar un poco rara: Mientras el socialismo cubano, a pesar de sus imperfecciones, lleva decenios haciendo malabares para garantizar que, a pesar del bloqueo de Estados Unidos, los niños de la Isla estén entre los que menos enfermen, sus ancianos entre los que más vivan; sus mujeres sean de las que más dirigen, sus presos de los que más estudian y exista un sistema que hace que el único requisito para desarrollar el talento sea tenerlo, ellos se dedican a intentar derrocarlo porque en Washington así lo quieren.