Il Servizio d’Immigrazione e Dogana (ICE, la sigla
in inglese) degli USA, rinchiude in isolamento circa 300 persone che entrano nel
paese senza documenti.
Molte tra queste persone sono state anche per 75 giorni in strette celle di
castigo, con pochissime possibilità di fare telefonate, si legge in un articolo
del quotidiano The New York Times, che ricorda anche che l’applicazione di
questa pratica è illegale, perchè gli immigranti sono detenuti per accuse civili
e non criminali, per cui devono rimanere in custodia sino a quando andranno in
tribunale per la mancanza di documenti.
Inoltre il NYT segnala che la popolazione dei penitenziari ha avuto un
incremento del 85% dal 2005, perchè queste persone rimangono recluse sino a che
loro stesse decidono di firmare per l’auto deportazione o il ICE determina la
loro situazione.
Secondo gli esperti, l’isolamento è tre volte più costoso dell’uso dei bracciali
elettronici per mantenere i detenuti localizzati e inoltre provoca danni
psicologici ai reclusi, come paranoia e perdita del memoria, porta quasi sempre
alla depressione, al suicido e all’automutilazione.
Gli Stati Uniti affrontano forti critiche per il crescente uso dell’isolamento
nelle loro prigioni. L’ufficio Federale delle Prigioni ha deciso di rivedere le
sue politiche per la prima volta nella storia, dopo la notizia che almeno 80.000
reclusi passano 23 ore al giorno per decenni in piccole celle senza finestre.
Chris Burke, portavoce dell’entità, ha confermato in un comunicato che un
uditore dell’Istituto Nazionale di Correzione esaminerà nelle prossime settimane
con quali argomenti si applica l’isolamento nelle prigioni del paese ed anche le
conseguenze per la sicurezza pubblica e fiscale.
L’investigazione si realizza dopo che il congressista democratico Dick Durbin,
presidente del Vice comitato dei Diritti Umani del Senato, ha ammesso che gli
Stati Uniti registrano la maggior quantità di reclusi in isolamento a livello
mondiale.
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