A.B. –
Possiamo dire che è una conquista
fondamentale, più irreversibile di qualsiasi
altra. Mi ha sempre impressionato il fatto
che la Casa de las Americas o l’ICAIC
fossero state istituzioni create molto
presto dalla Rivoluzione Cubana, persino
prima di altre che hanno a che vedere con la
vita economica, o persino con la
legislazione agraria.
A.P. – L’Istituto Nazionale della Riforma
Agraria, l’INRA, viene creato all’inizio
della rivoluzione, ma la prima legge
dell’Assemblea Nazionale, con la rivoluzione
già istituzionalizzata, è quella sul
patrimonio culturale.
A.B.
– I Caraibi sono una regione dove
l’impatto della cultura nordamericana è tato
tradizionalmente molto forte e immediato, e
c’è l’impressione che a Cuba sia sempre più
difficile sottrarsi al suo influsso. Fino a
che punto è vero e, se lo fosse, c’è modo di
arrestare
questo processo?
A.P. – A Rosario, quando parlavo de
Il
Socialismo e l’Uomo a Cuba del Che,
ricordavo che lui diceva che bisognava
combattere le tare del passato. Il problema
è che oggi le tare del passato fanno parte
della battaglia quotidiana e,
effettivamente, il messaggio consumista,
frivolo, il messaggio... diciamo pro-yankee,
con una certa idealizzazione di quel mondo
nordamericano, ha influito su alcuni settori
della nostra popolazione e io direi che
contamina
l’ambiente spirituale di Cuba. Ma io ho una
fede molto grande nel fatto che, anche nelle
peggiori condizioni, l’identità culturale
cubana avrà la capacità di resistere. Certo
non possiamo affidare questa resistenza ad
un processo meramente spontaneo. Bisogna
aiutare questi processi, bisogna aiutare a
creare nuovi paradigmi.
A.B. –
C’é chi dice che con
l’attualizzazione del modelo socialista Cuba
sta tornando al
capitalismo. E’ una cosa che mi chiedono
sempre. Che ne pensi?
A.P. - Io credo che, in primo luogo, bisogna
ricordare che i documenti portati al recente
congresso del partito sono stati discussi da
tutta la popolazione e arricchiti nella
discussione dalla gente. E in quel documento
si parla di forme di gestione non statali;
non si parla di privatizzazione o di
proprietà non statale. Si parla di forme di
gestione non statale. Stiamo affittando
terre a cooperative o a famiglie, a
contadini che hanno l’obbligo – oltretutto –
di mettere questa terra a produre, ma la
proprietà la conserva lo Stato cubano in
nome di tutto il popolo. Questo è
esattamente il contrario della
privatizzazione, e un principio basico è che
nessuna persona naturale né alcuna entità
che gestisca la produzione o i servizi in
forme non statali può concentrare la
proprietà. In ogni modo, l’impresa statale
socialista, ora con più attribuzioni, più
libertà di azione e maggiore efficienza,
senza le pastoie burocratiche che la
legavano, è essa che ci farà uscire dalla
crisi. Non si toccherà. Ad esempio, il
concetto di salute universale gratuita per
tutti i cubani, che ci ha portato gli indici
di mortalità infantile da Primo Mondo che
abbiamo oggi. Non si toccherà l’accesso
all’educazione universale e gratuita che
abbiamo oggi, cioè ogni cubano può, in base
al suo sforzo, al suo talento e alla sua
capacità, passare dalla scuola primaria
all’università senza pagare un centesimo.
Tutto questo non è negoziabile, non
privatizzeremo alcuna di queste cose e non
stiamo privatizzando niente. E’ importante
chiarire questo. Il concetto di
privatizzazione è assolutamente escluso come
politica.
A.B.
– La stampa di destra ha dato
un’enorme diffusione alla versione per cui
un milione
di persone, impiegati pubblici, saranno
licenziati e si è parlato di tagli selvaggi.
A.P. – Questo non è vero. Quello che, sì,
abbiamo fatto è stato identificare, con
molta serietà e molto rigore, quali persone
sono realmente necessarie nell’apparato
dell’amministrazione. E’ vero che è stato
annunciato che negli organismi eccedeva una
massa importante di persone, ma da lì a
mettere questa gente sulla strada è qualcosa
che non ha nulla a che vedere con le nostre
idee e con l’idea su cui Raùl insiste tanto,
che è anticapitalista per definizione: non
lasceremo nessuno abbandonato, non lasceremo
abbandonata una sola famiglia.
A.B. –
Che succede oggi con la gioventù
cubana? C’è stato un processo di
de-politicizzazione in vasti settori della
gioventù cubana? Non in tutti, perchè c’è n
settore fortemente politicizzato. Come la
vedi?
A.P. – Sai che Raùl tratta questo tema con
grande crudezza.
L’idea è che la generazione che assaltò il
Moncada, che lottò nella selva, va sparendo
per ragioni biologiche, più prima che poi.
Egli ha parlato di questo nell’Assemblea
nazionale, dove è stato eletto Miguel Dìaz
Canel quale vicepresidente del Consiglio di
Stato e dei Ministri. Raùl ha condotto un
processo di promozione dei giovani a
incarichi essenziali. Oggi molti dei nostri
ministri sono molto giovani. Oggi nel nostro
Consiglio di Stato c’è anche Bruno
Rodrìguez, il nostro cancelliere, che è
anch’egli molto giovane, con una lunga
esperienza come quadro della gioventù. E nel
Comitato Centrale e nella stessa Assemblea
Nazionale c’è un sacco di gente giovane con
meriti straordinari. Io credo che ci sia
un’avanguardia di gente giovane che è molto
politicizzata e che è molto impegnata a
portare avanti il processo rivoluzionario.
Vedo che ci sono molti giovani che vogliono
discutere, vogliono partecipare; credo che
questi spazi si stiano consolidando, e credo
che questa sia una delle più grandi sfide
che oggi Cuba rivoluzionaria deve
affrontare. Ora ci sarà il congresso
dell’Unione dei Giornalisti di Cuba, perchè
la nostra stampa non sta giocando il ruolo
che le compete. Da molto tempo, in una
risoluzione dell’Ufficio Politico, si è
parlato della necessità di una stampa
critica che aiuti a combattere i problemi,
la burocrazia, gli errori. Si sono già fatti
alcuni passi: sai che ora il Granma ha una
sezione – tutti i venerdì – di lettere dei
lettori dove vengono fatte importanti
denunce, e si si sta facendo un certo
giornalismo di ricerca per affrontare il
tema della corruzione e quello della
condotta e della mentalità burocratica,
refrattaria a qualsiasi progetto di
cambiamento. Raùl sta guidando una battaglia
durissima contro la burocrazia.
A.B. –
Questa gioventù sta chiedendo di
poter viaggiare, di conoscere altri paesi .
A.P. – Dall’inizio della Rivoluzione abbiamo
dato a Cuba tutto il cinema capitalista, il
grande cinema europeo, italiano, francese,
il cinema nordamericano, quello di più alta
qualità e quello di minore qualità.
A differenza dell’esperienza sovietica, ad
esempio, noi abbiamo sempre lavorato
sull’idea che proibendo di conoscere ciò che
viene da fuori non si arriva da nessuna
parte. E’ un grave errore, che fa
semplicemente sì che la gente finisca per
idealizzare quel mondo che le è proibito.
A.B. –
Che cos’ha significato per voi
l’arrivo di Obama alla Casa Bianca? Cos’è
successo
in concreto in relazione al blocco, ai
“Cinque”?
A.P. –
Il blocco continua. E quello che non viene
detto al mondo è che la burocrazia di Obama
è stata più efficiente di quella di Bush nel
perseguire banche e società che violino il
blocco stabilito dalle leggi Helms-Burton e
Torricelli. Ci sono imprese a cui hanno dato
multe di milioni. E l’Amministrazione Obama
è stata terribilmente efficiente in questo
senso. Cioè
nel molestare Cuba, soprattutto in campo
finanziario. Che cos’ha portato di nuovo
Obama? Ti direi alcuni visti per artisti e
accademici. Ma gli artisti che vanno negli
Stati Uniti lo fanno solo in viaggi
promozionali; cioè nessuna agenzia cubana che
rappresenti questi artisti beneficia di
questi giri.
Naturalmente all’artista interessa perchè è
un mercato importante dal punto di vista
artistico, ma loro non possono neppure
ricevere dividendi, come lo fa qualsiasi
altro artista che fa un tour negli USA. Gli
danno una specie di dieta alimentare. Non
possono ricevere dividendi, non possono
ricevere denaro per diritti di autore sulle
loro opere che altri artisti possono
interpretare.
A.B. –
Ma se danno un concerto e si
vendono i biglietti...
A.P. – Non possono ricevere un centesimo
dell’incasso. E’ proibito dalla legge sul
blocco.
A.B. –
E questo continua....
A.P. – Continua, strettamente e crudelmente
....
Obama ha permesso a gruppi di studenti
nordamericani, di accademici, di viaggiare
con certi permessi. Questo è stato il
“grande cambiamento” di cui si parla, che
non è un gran cambiamento, direi. Dall’altra
parte la Legge di Regolamento Cubano è
intatta. Anche la lobby della “gusanera”
(verminaio; così sono definiti gli
oppositori cubani a Miami, n.d.t.) più
radicale è inquieta perche dice che Cuba,
con la sua riforma migratoria, può essere
che stia preparando una nuova Mariel per
riempire Miami di comunisti.
A.B. –
Spiega cos’è la Legge di
Regolamento Cubano perchè molti non la
conoscono.
A.P. – E’ una legge incredibile secondo la
quale, per il solo fatto di mettere piede
negli Stati Uniti, i cubani ricevono un
permesso di soggiorno, prima per un anno e
poi la residenza definitiva. E’ un caso
unico: gli Stati Uniti hanno due politiche
migratorie. Una per il resto del mondo e
l’altra solo per i cubani.
Immagina: possono uccidere i messicani o i
centroamericani appena attraversano la
frontiera, ma se sei cubano hai questa
possibilità, il che permette al governo
nordamericano di approfittare del lato
propagandistico del fatto. Ma oggi hanno un
argomento in meno. Anche prima i cubani
potevano viaggiare; prima c’era una cosa
chiamata “permesso di uscita”, che è una
misura che viene da molti anni indietro,
dall’epoca in cui cominciarono ad andarsene
dal paese negli anni ‘59/60 i batistiani,
gente accusata di crimini, torturatori,
malversatori dei fondi pubblici. In seguito
la gente se ne andava da Cuba ma doveva
rispettare determinati requisiti: una
lettera di invito dall’estero, il famoso
permesso di uscita. Questi requisiti sono
stati tolti. Oggi per partire dall’isola al
cubano bastano il suo passaporto e il visto
corrispondente. E non c’è stato un esodo da
quando è in atto questa riforma, proprio per
niente.
Fidel disse una volta che “il socialismo
dev’essere un’opera di uomini e donne
libere”; cioè non può essere costruito
sentendo che ti tengono incatenato.
A.B. –
E per quel che riguarda i Cinque?
René è tornato a Cuba...
A.P. René è tornato, ho avuto il piacere di
stare con lui e vedere le reazioni della
gente. Alicia Alonso ha organizzato uno
spettacolo di balletto per i Cinque al
Teatro Mella e René c’è andato. E mi ha
impressionato, alla fine dello spettacolo,
la massa di gente che attorniava René, per
farsi fotografare con lui, per abbracciarlo.
Ma Obama non ha fatto
quello che avrebbe dovuto fare.
A.B. –
Si, perchè lui può concedere
l’indulto ai Cinque.
A.P. – Non lo ha fatto, anche se poteva
farlo. Sì, ricordati di cosa ha detto Fidel:
“Clinton poté restituire Eliàn perché le
inchieste dicevano che più del 60% degli
statunitensi riteneva che il bambino dovesse
essere restituito a suo padre a Cuba”. E
Fidel ha anche detto che
“quando otterremo che l’opinione pubblica
negli Stati Uniti sia favorevole
all’indulto, gli daranno l’indulto”. Perchè
i presidenti statunitensi funzionano così:
non riferendosi a principi etici ma secondo
quello che dicono le inchieste. Siamo
davanti ad un uomo – Obama – che se tu lo
paragoni a Bush è un uomo intelligente, che
si esprime bene. Bush è un mostro di
ignoranza e di cattiveria. Obama,
sicuramente, è una persona con più capacità.
Ma questa è una trama di potere. Se sei a
capo dell’impero lo sei solo per applicare
la politica imperiale alla lettera.
A.B. –
Obama ha confermato la
qualificazione di Cuba come paese che aiuta
il terrorismo.
A.P. – E’ una vergogna! Cuba è la grande
vittima del terrorismo generato dagli Stati
Uniti: guerra biologica, attentati negli
hotels, bombe sabotaggi. Cuba ha patito
tutto. E loro hanno un terrorista provato e
confesso come Posada Carriles a Miami
libero, e Orlando Bosch, che pur essendo un
grande criminale, è morto nel suo letto.
A.B. –
Un grande criminale. Da poco è
stata inaugurata la biblioteca Bush
nell’Università
Metodista del Sud (a Dallas, Texas), e vi
hanno partecipato tutti gli ex presidenti
degli Stati Uniti viventi: Bush padre, Bush
figlio, Carter, Clinton e, naturalmente,
Obama. Qualcuno ha chiesto a Chomsky cosa
gli pareva di quello spettacolo e lui ha
detto: “Bé, lì ci sono un mucchio di
criminali di guerra”. Tutti insieme,
sorridenti; sembrano brave persone ma sono
criminali di guerra.
A.P. – Sì, sono grandi criminali di guerra..
(*) Politologo argentino; da:
pagina12.com.ar; 8.8.2013