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vittime del terrorismo |
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Nè dimenticati, nè morti
Dopo una difficile ricerca, i resti di Jesús Cejas Arias, uno dei due diplomatici cubani fatti sparire nel 1976 in Argentina, vittime dell’Operazione Condor, potranno finalmente riposare nella sua Patria: ieri, martedi 25, sono stati consegnati dalle autorità di questo paese all’ambasciata di Cuba a Buenos Aires. |
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26.06.2013 - Ronald Suárez Rivas www.granma.cu
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Pinar del Río: Dopo quasi 37 anni d’incertezza, per la famiglia Cejas Arias è terminata l’attesa. Dopo un’intensa ricerca il gruppo argentino di Antropologia Forense è riuscito a trovare i resti di Jesús il maggiore dei figli maschi, fatto sparire nel 1976 in questo paese sudamericano, nell’ambito del sinistra Operazione Condor.
Come per Crescencio Galañena Hernández, l’altro cubano che lo accompagnava il giorno in cui furono sequestrati e i cui resti sono stati rimpatriati l’anno scorso, il corpo di Jesús Cejas Arias è stato scoperto in un contenitore metallico riempito di cemento. Questa era precisamente una delle ipotesi valutata per anni sul destino dei due giovani, che facevano parte della missione diplomatica cubana in Argentina.
“In tutto questo tempo abbiamo ascoltato varie versioni che parlavano della possibilità che fossero stati sepolti nelle fondamenta di un edificio o lanciati nel Rio La Plata attaccati a una pietra o gettati in mare da un aereo, come facevano le forze della repressione delle dittature che hanno dominato il nostro continente a base di terrore, negli anni ’70 e ’80”, ha ricordato Miguel Cejas Alfonso, il padre, un contadino della zona di Río Feo, a otto chilometri da Pinar del Río.
"Dato che i suoi resti non apparivano, in principio pensavo che era ancora vivo, ma poi considerando la situazione politica che esisteva in quel paese con l’Operazione Condor, mi ero convinto che lo avevano assassinato”, ha ricordato ancora.
Anche la notizia del ritrovamento è stata un duro colpo per la famiglia, che ha vissuto nuovamente i tristi giorni del 1976, quando seppero che Jesús era scomparso.
“Per quanto uno cerchi di farsi l’idea, non si è mai preparati per una cosa come questa”, ha commentato Teresita, una delle sorelle.
Il 9 agosto di quell’anno per strada, vicino all’ambasciata cubana a Buenos Aires da dove erano usciti, Jesús e Crescencio furono sequestrati e non si seppe mai più niente di loro.
Successive investigazioni rivelarono che erano stati condotti alla Automotores Orletti, un tenebroso garage, trasformato in centro di repressione e morte, dove radicava una filiale argentina dell’Operazione Condor.
Si affermò che un sicario della CIA andò nel luogo con il preciso ordine di interrogarli e che li assassinarono dopo averli sottoposti a selvagge torture.
Miguel Cejas Alfonso non dimentica quella mattina in cui suo fratello giunse a casa con la notizia che veniva trasmessa per radio.
“Ci colpì molto tutto quello... mia moglie dovette ricevere un trattamento per i nervi per vari mesi”.
Poco dopo, con un’azione d’ignobile cinismo, la dittatura fece correre ila voce che i due giovani avevano disertato per non dover dare spiegazioni sulla loro scomparsa.
“Io stesso lo ascoltai da un’emittente straniera, ma sono stato sempre sicuro che era una falsità. Jesús non avrebbe mai disertato. Io lo dico e lì ci sono le prove”, commenta Miguel.
A 84 anni confessa che dopo tanto tempo d’incertezza, l’apparizione dei resti di suo figlio ha riaperto una ferita che non era mai guarita.
“È stato un colpo molto forte”, dice.
“Senza dubbio ci consola il fatto che alla fine terremo il suo corpo con noi, in un posto in cui potremo portargli fiori”.
Questo luogo sarà il Pantheon dei Martiri Morti in difesa della Patria, nel cimitero municipale di Pinar del Río.
"Sono sicuro che se avesse avuto la possibilità di scegliere, avrebbe scelto di stare lì con i compagni che hanno dato la vita per il loro paese”, considera Miguel e afferma che nonostante la tristezza che lo ha accompagnato per più di 30 anni, se potesse tornare indietro non avrebbe comunque proibito a suo figlio di seguire il cammino della Rivoluzione, per poterlo tenere con sè.
“Non lo avrei mai fatto. Jesús ha sempre lottato per quello che credeva, che considerava giusto e come padre ne sono orgoglioso”.
Jesús Cejas Arias
Jesús Cejas Arias nacque il 15 ottobre del 1953, in una famiglia contadina formata dai genitori e nove fratelli.
Teresita, la sua gemella, racconta che era sempre allegro e inquieto, aveva un carattere forte e non gli piacevano le ingiustizie.
“È stato sempre un leader in qualsiasi posto e a scuola era diventato il presidente dei pionieri”.
Nel 1969 era entrato nelle fila dell’Unione dei Giovani Comunisti e in quello stesso anno andò a fare il servizio militare e continuò a migliorarsi.
Nel 1975 giunse in Argentina come parte della missione diplomatica cubana in questo paese.
Al momento della morte, non aveva ancora compiuto 23 anni.
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